Oggi, 6 maggio 2021, il settore del gioco pubblico tocca i 300 giorni di chiusura. Un primato in negativo che non si riscontra in nessun altro dei principali paesi europei e che sta impattando pesantemente sull’attività di imprenditori e lavoratori del settore. Da inizio marzo 2020 ad oggi – tranne la breve parentesi estiva – sale giochi, sale scommesse e sale bingo sono state chiuse per circa 10 mesi su 14 totali, tra primo e secondo lockdown, quest’ultimo ancora in corso ininterrottamente da fine ottobre. Un numero di giorni interminabili che, se dovessero essere confermate le anticipazioni rilasciate ad Agimeg dal sottosegretario al Mef con delega ai giochi, Claudio Durigon, ha davanti a sé altri 27 giorni di purgatorio, visto che si prevede come data di possibile riapertura il prossimo 2 giugno.
Tutto è iniziato il 23 febbraio dello scorso anno, quando fu emanato il Decreto Legge n. 6/2020 con il quale si prevedeva la chiusura, nelle zone rosse, di “tutte le attività commerciali, esclusi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità”, tra le quali anche le sale giochi, sale scommesse e sale bingo. Da lì sarebbe cominciata l’epopea dei DPCM che, a causa dell’emergenza sanitaria, avrebbero colpito duramente molte attività commerciali, tra cui anche quelle legate all’offerta di gioco pubblico, chiuse completamente in tutto il Paese dall’8 marzo 2020.
A distanza di 300 giorni, si contano le macerie di quello che fu il terzo comparto industriale del Paese, in grado di garantire entrate erariali per oltre 11 miliardi di euro l’anno e dare occupazione a 150 mila persone. I numeri prima della pandemia parlavano di un settore che valeva l’1% di Pil, 14 miliardi di valore aggiunto creato, 2 miliardi di valore di consumo indotto, 5 miliardi di effetti economici indiretti, oltre 300 concessionari, 70/80.000 punti sui territori di cui 10.000 specializzati, 3.200 imprese di gestione. Secondo l’Istat il settore dell’intrattenimento è stato tra i più colpiti dalla pandemia e oggi oltre il 60% delle imprese è a serio rischio chiusura, mentre l’erario ha già perso 5 miliardi di euro. Il comparto del gioco pubblico rischia di perdere definitivamente 60mila dipendenti dei 12 mila locali rimasti chiusi.
Per sensibilizzare la politica sulla necessità delle riaperture, in questi mesi si sono moltiplicate le manifestazioni di protesta che hanno visto lavoratori e lavoratrici del settore del gioco scendere in piazza. ‘Madre’ di tutte le iniziative fu la prima grande manifestazione organizzata a Piazza del Popolo, a Roma, il 9 giugno 2020, che vide la partecipazione di 5mila lavoratori del comparto, uniti per chiedere le riaperture. Un grido ascoltato dalla politica, che da lì a poco avrebbe nuovamente aperto le attività, salvo poi chiuderle nuovamente a fine ottobre, facendo precipitare il settore del gioco – così come molti altri – nell’incertezza più assoluta.
A seguito di questo secondo lockdown, lo scorso 12 gennaio un consistente gruppo di imprenditrici e lavoratrici del settore, coordinate da Antonia Campanella (presidente dell’associazione E.M.I. Rebus e coordinatrice del ‘Comitato donne in gioco‘), ha dato inizio ad una serie di manifestazioni che hanno mostrato l’aspetto più pulito, e allo stesso tempo più determinato, di chi lavora in una sala scommesse o in una sala bingo, ma che rischia di perdere il posto per sempre. Contestualmente, da metà gennaio è stato istituito per più di due mesi un presidio permanente delle lavoratrici del gioco davanti piazza Montecitorio. Le stesse lavoratrici che il prossimo 11 maggio saranno di nuovo in piazza, dalle ore 15 alle 19, per sollecitare ancora una volta il Governo al fine di ottenere una riapertura a pieno regime del comparto del gioco pubblico.
Ma in questa prima parte del 2021 sono state anche molte altre le iniziative di piazze volte a chiedere le riaperture. Su tutte si ricorda la doppia manifestazione dello scorso 18 febbraio, andata in scena in contemporanea a Roma e Milano, in cui migliaia di lavoratori hanno chiesto a gran voce la riapertura del comparto, all’epoca chiuso da 220 giorni, ma anche la grande manifestazione di Salerno dello scorso 25 marzo, alla quale hanno partecipato migliaia di lavoratori, tra cui quelli del gioco legale, appartenenti alle categorie più colpite dal lockdown.
Ma a fronte di un comparto legale ‘congelato’ dalla politica per evitare contagi – di cui peraltro non vi è mai stata evidenza – la criminalità organizzata fa affari d’oro, gestendo bische clandestine e videopoker che, secondo i dati più recenti, porteranno quest’anno il business delle mafie nel gioco d’azzardo illegale a 22 miliardi di euro. Nel periodo del lockdown sono cresciuti in modo esponenziale i sequestri operati dalle forze dell’ordine nella lotta al gioco illegale: da inizio marzo 2020 ad inizio aprile 2021 si sono registrate 145 inchieste. Praticamente ogni 2/3 giorni viene scoperta una sala clandestina. Denunciate oltre 1.000 persone. I 200 arresti nel 2020 rappresentano un +257% rispetto alle persone (56) finite in manette l’anno prima. In forte crescita anche le denunce passate dalle 62 del 2019 alle 160 dello scorso anno (+158%). Ed il 2021 potrebbe addirittura vedere questi dati in crescita. In questa prima parte dell’anno, infatti, sono già state arrestate 14 persone ed altre 37 denunciate per attività di gioco illegale collegata alle criminalità.
Numeri enormi, che danno l’idea di come l’aver penalizzato le attività di gioco legale abbia regalato spazi e risorse alle attività illegali gestite dalla criminalità organizzata, con pericolosi e gravosi costi sociali e di sicurezza. cr/AGIMEG