Catania, inchiesta “Scirocco”: i dettagli del riciclaggio nel settore delle scommesse online e nella gestione e noleggio slot. Il VIDEO dell’operazione

Emergono ulteriori dettagli dall’inchiesta ‘Scirocco’ di Carabinieri e Guardia di finanza di Catania, coordinati dalla Dda etnea, che hanno eseguito un’ordinanza cautelare per 23 indagati: 10 in carcere, cinque agli arresti domiciliari e otto misure interdittive, alle quali vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, estorsione in concorso, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, falsità commessa dal privato in atto pubblico, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di scritture contabili, con l’aggravante di avere agito al fine di agevolare il clan mafioso “Mazzei” e con il metodo mafioso. Le indagini sono state avviate nel settembre del 2016 per monitorare le attività della ‘famiglia’ Mazzei e, in particolare, del suo componente di spicco, Angelo Privitera, detto ‘Scirocco’.
Nel dettaglio, per quanto riguarda gli interessi della criminalità nel settore di giochi e scommesse, i Carabinieri hanno documentato il reimpiego dei proventi delle attività illecite mediante l’intestazione fittizia della “World Games Srl”, società con sede in Catania, operante nel settore delle scommesse on line e nell’attività di gestione, noleggio e assemblaggio di apparecchiature elettroniche inerenti i giochi. In particolare, Privitera Angelo e Pantalena Carmelo attribuivano fittiziamente a Lizzoli Alessandro la titolarità delle quote della predetta società, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.
Nell’ambito della medesima attività investigativa, si accertava un’estorsione posta in essere da Privitera il quale, avvalendosi della capacità di intimidazione derivante dalla sua ap-partenenza al clan mafioso “Mazzei”, risolveva una controversia di carattere economico insorta tra due soggetti dediti alla commissione di truffe telematiche, facendosi corrispondere, per il suo intervento, la somma di 4.500 euro, utilizzata per l’acquisto di una autovettura in favore del figlio. Le attività in parola hanno ulteriormente consentito di accertare che il clan Mazzei, per il tramite di Privitera e Munzone Carmelo, aveva instaurato stabili rapporti con imprenditori dediti alla gestione di depositi e impianti di distribuzione di carburante coinvolti in operazioni finalizzate alle frodi fiscali sui prodotti petroliferi.
Nell’ambito della medesima indagine, i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catania sono stati delegati dall’Autorità Giudiziaria a valorizzare il vasto compendio indiziario acquisito per l’individuazione delle fattispecie penali tributarie (emissione e utilizzo di fatture “false”, omessa dichiarazione, distruzione e occultamento di documentazione contabile, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), nonché per la contestazione di ipotesi di contrabbando di prodotti petroliferi immessi nel mercato nazionale in evasione d’imposta (accise e IVA), perpetrato anche attraverso la produzione di documenti mendaci bollati con timbro doganale contraffatto.
La Guardia di Finanza ha così accertato il meccanismo illecito posto in essere dagli indagati, noto come “frode carosello all’IVA”, che si realizzava attraverso la partecipazione reale e fittizia di più operatori commerciali che si frapponevano tra gli effettivi venditori e acquirenti con l’esclusivo scopo di “capitalizzare” il mancato versamento dell’I.V.A. Il sodalizio criminale riusciva a evadere il pagamento dell’imposta attraverso l’intervento di “falsi esportatori abituali” che emettevano dichiarazioni d’intento non veritiere, che consentivano agli stessi di acquistare da soggetti italiani carburante senza l’applicazione dell’I.V.A. per poi rivenderlo (anziché all’estero) nel territorio nazionale a vantaggio di imprese sleali che consapevolmente incassavano, tra i profitti illeciti, l’imposta mai versata. Nel complesso, il gasolio consumato in frode è pari a oltre 5,7 milioni di kg (corrispondente a quasi 7 milioni di litri) al quale corrisponde un’evasione di accisa di 4,2 milioni di euro e 1,6 milioni di IVA. Ecco il video dell’operazione.

lp/AGIMEG