Non si può condannare il titolare di un Ctd per raccolta illegittima di scommesse, limitandosi a affermare che il bookmaker di riferimento non ha mai partecipato alle gare per le concessioni e quindi ha optato “evidentemente per lo svolgimento dell’attività al di fuori del sistema concessorio nazionale”. Lo afferma la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza con cui annulla con rinvio la condanna disposta dalla Corte d’Appello di Cagliari. “La motivazione è del tutto insufficiente giacché emessa dopo una pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste, senza valutare le circostanze apprezzate dal Giudice di prime cure che aveva escluso l’attività d’intermediazione” sottolinea la Suprema Corte. La Corte d’Appello si è limitata a affermare “apoditticamente che era evidente, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’imputato, essendo privo di specifica concessione ed avendo svolto attività d’intermediazione, anche in assenza della licenza di Pubblica sicurezza, fosse ben consapevole dell’illiceità del proprio comportamento”. Non ha però affrontato “gli elementi di fatto dell’intermediazione”, né ha svolto “un ragionamento approfondito per scardinare il convincimento del Giudice di prime cure”. rg/AGIMEG