La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione conferma le condanne per una quindicina di esponenti del clan Russo di Casal di Principe, spiccano in particolare i nomi di alcuni dei vertici. Gli imputati sono stati arrestati nel 2015 nel corso di un’operazione che ha fatto luce sugli interessi del sodalizio nel settore dei giochi e sul giro di intimidazioni e estorsioni attuate per istallare le macchine nei bar e negli esercizi di Campania, Lazio e Toscana. L’operazione ha anche portato al sequestro di 3.200 apparecchi e 5 aziende del settore, per un valore complessivo di 20 milioni di euro. La Cassazione a tal proposito riporta un passaggio della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli nel 2019, in cui si sottolinea che “Il ricorso sistematico da parte del clan a comportamenti violenti o intimidatori nell’ambito delle attività di imposizione delle apparecchiature video-gioco (…) emerge da una serie di convergenti contributi dichiarativi dei collaboratori di giustizia (…), in cui si fa espresso riferimento alla decisione assunta dal clan di “fare un intervento minatorio nei confronti di tutti i baristi che non accettavano le ‘macchinette’ in modo da convincerli ad accettarle”. Un collaboratore in particolare ha riferito che “il concreto collocamento dei video-giochi avviene attraverso una vera e propria imposizione degli affiliati al clan, che anzi a Gricignano non hanno nemmeno bisogno di presentarsi o di dire chi li manda”)”. Analoghe anche le deposizioni di alcuni esercenti “che subirono l’imposizione delle macchinette di aziende favorite dal clan”. lp/AGIMEG