Corte Costituzionale, Bingo: al via l’udienza sulle proroghe delle concessioni. Ecco cosa sta succedendo

Corte Costituzionale, proroghe Bingo: terminata l’udienza. Tra le richieste anche quella di rinviare la questione alla Corte di Giustizia Europea
26/02/2020 11:00

dai nostri inviati – Si è conclusa da poco l’udienza in Corte Costituzionale sulla proroga del bingo. Tra le varie richieste avanzate dalle sale bingo e dall’associazione Ascob – oltre quella di dichiarare incostituzionale l’ultima aumento del canone, quello a 7.500 euro – anche quella di rimettere la questione alla Corte di Giustizia europea. Il regime di proroga, protratto potenzialmente all’infinito, impedisce non solo ai nuovi operatori di accedere al mercato, ma costringe anche gli attuali a continuare a operare “ingabbiato” nelle attuali condizioni, e senza una possibilità di trasferirsi. La decisione della Consulta è attesa nell’arco di un paio di mese. gr/AGIMEG

Corte Costituzionale, proroghe Bingo, avv. Marrone (Avvocatura dello Stato): “Proroga ha scadenza al 30 settembre 2020. Aumento canone per i concessionari non è irragionevole. Riteniamo il ricorso inammissibile”
26/02/2020 10:53

dai nostri inviati – “Il primo pilastro che il Tar del Lazio mette in evidenza è la temporaneità del regime di proroga e il secondo pilastro è l’irragionevole aumento del canone ai concessionari. Ma il decreto normativo del 2018 ha introdotto però un’importante modifica e cioè impone all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di procedere entro il 30 settembre 2020 il termine della proroga della gara. Dunque, se vi è questa data il primo pilastro del Tar del Lazio crolla. Siccome i due termini sono strettamente legati, cadendo uno dei temi centrali della questione, a giudizio della difesa, di conseguenza decade l’intero impianto di accusa della legittimità costituzionale della norma. La norma del 2015, riguardante le concessioni del gioco, impone pesanti limitazioni della libertà di iniziativa economica e inoltre, l’impianto concessorio ha un’intrinseca incertezza economica che non può ascriversi alle suddette norme. Inoltre, non è reale il calo del gioco del bingo, poiché nel triennio 2017-2019 si è attestato a circa 1 miliardo di euro, ovvero più o meno lo stesso volume degli anni precedenti e visti i ricavi il canone richiesto equivale al 6,6% del guadagno ed è evidente che l’innalzamento del canone non sia così irragionevole come la controparte ha cercato di dimostrare. Un’analoga proroga tecnica è presente anche nelle lotterie istantanee come il Gratta e Vinci, ma in quel caso a ricorrere sono stati coloro che erano rimasti fuori dalla proroga, qui la questione è totalmente differente poiché sono i prorogati a porre in essere la questione ribadendo la particolarità della questione. L’avvocatura dello stato, infine, ritiene che il ricorso è inammissibile”. ac/AGIMEG

Corte Costituzionale, proroghe Bingo, avv. Tariciotti (Ascob): “Ad oggi la proroga sembra destinata a continuare all’infinito. Nell’ultimo anno spesa dei giocatori calata del 21%”
26/02/2020 10:48

dai nostri inviati – “All’inizio il Legislatore prendeva atto della scadenza delle concessioni e introduceva un regime oneroso di proroga, per stabilire una simmetria tra chi operava in proroga e chi acquisiva una nuova concessione” lo ha detto l’avvocato Matilde Tariciotti, legale dell’Ascob, nel corso dell’udienza di fronte alla Corte Costituzionale. “Oggi però tutte le concessioni sono scadute e tutte le sale operano in proroga. E avrebbero interesse a partecipare a una gara, visto che di fatto pagherebbero la metà”. Tariciotti ha anche spiegato che l’aumento progressivo del canone è diventato insostenibile alla luce dei ricavi che arrivano le sale, “solo nell’ultimo anno la spesa dei giocatori è calata del 21%”. Infine, “il regime di proroga a oggi non ha un orizzonte temporale e questo a causa di una sostanziale inerzia del legislatore. Per bandire le nuove gare occorre recepire l’intesa tra Stato e Regioni e fissare i criteri per la distribuzione delle sale. Ma tutto questo finora non è stato fatto”. gr/AGIMEG

Corte Costituzionale, proroghe Bingo: “La proroga ha alterato il mercato ed avvantaggiato qualche concessionario e svantaggiato altri”
26/02/2020 10:43

dai nostri inviati – “Credo che ci sia un’alterazione importante nell’equilibrio del mercato dei concessionari, poiché grazie a questa norma alcuni sono avvantaggiati nella gara del bingo. Quindi, così facendo si falsa la gara stessa e il mercato”. E’ quanto ha dichiarato l’avvocato Porfili, legale di Play Game, nel corso dell’udienza alla Corte Costituzionale. “Abbiamo notato un continuo peggioramento nei confronti dei concessionari del bingo. Si è creato un sistema di incertezza poiché non è stato indicato un termine della proroga tecnica della gara. I concessionari si trovano davanti ad una sorta di flat fax poiché non si tiene conto di quanto le diverse sale riescano a guadagnare, e ciò favorisce alcuni concessionari e sfavorisce altri. Inoltre, fino al termine della proroga le sale non possono trasferirsi e ciò crea una gabbia sempre più stringente. Ogni due anni il legislatore ha proceduto a peggiorare la condizione dei concessionari e quest’ultimi si ritrovano nell’impossibilità di pianificare un futuro per la propria impresa e dipendenti”. E’ quanto ha dichiarato l’avvocato Vergerio di Cesana, legale di Play Line. ac/AGIMEG

Corte Costituzionale, proroghe Bingo, avv. Dagnino (legale sale): “La proroga delle concessioni ha perseguito una finalità di acquisizione di risorse” – 26/02/2020 10:10

dai nostri inviati – “Il legislatore ha introdotto una forma di fisicità impropria con le proroghe. Con l’obiettivo di riallineare la scadenza delle concessioni, ha in realtà perseguito delle finalità acquisite di risorse” . Lo ha detto l’avvocato Alessandro Dagnino, legale delle sale bingo, intervenendo nell’udienza di fronte alla Corte Costituzionale sulle proroghe. “In una situazione di crisi, è normale che lo Stato abbia bisogno di reperire risorse, ma la Corte oggi ha la possibilità di porre un freno ai metodi più fantasiosi”. E ancora, ” Occorre in sostanza verificare se la norma sia ragionevole e proporzionata rispetto ai fini. L’avvocato di Stato addirittura sotto questo profilo richiama la necessità di ridurre l’offerta di gioco per tutelare la salute, ma questo obiettivo non è mai stato enunciato nella norma. Si parlava solamente della necessità di allineare le concessioni”. Per Dagnino, sulla proroga nel corso del tempo si sono innestati più obiettivi: “All’inizio c’era solo l’obiettivo di allineare le scadenze, ma poi con l’aumento a 5mila euro si è innestata anche una finzione promozionale. Ovvero quello di espandere i piccoli operatori dal mercato”. gr/AGIMEG

 

dai nostri inviati – La Corte Costituzionale affronta la questione delle proroghe del bingo, nell’udienza che si sta tenendo questa mattina, un regime che va avanti dal 2014 e che inizialmente doveva servire a riallineare la scadenza delle concessioni, e che invece sembra diventato definitivo. Oltretutto le sale hanno dovuto fronteggiare nel corso degli anni un continuo aumento del canone mensile richiesto per beneficiare della proroga: si era partiti da 2.800 euro, per passare poi a 5.000, e finire agli attuali 7.500. Le sale insomma hanno subito “in modo che appare arbitrario e irragionevole” scriveva il Tar Lazio nel 2018, quando sollevò la questione di legittimità costituzionale, “l’innalzamento immotivato del cinquanta per cento del versamento dovuto mensilmente – senza avere alcuna possibilità né di influire sulla durata del regime di proroga tecnica, né di avere alcuna certezza in ordine alla cessazione di tale regime”. E ancora, “In questo contesto, gli operatori non sono messi in grado, inoltre, di valutare possibili alternative economiche, poiché la scelta di cessare l’attività li esporrebbe, di fatto, all’espulsione dal mercato a tempo indeterminato, stante l’assenza di certezze in ordine all’avvio della nuova gara.

Le concessioni del bingo che ancora utilizzano le sale di tutta Italia risalgono al 2000, dovevano valere sei anni, ma c’era la possibilità di rinnovarle per altri sei. Le prime sale aprirono i battenti tra il 2001 e il 2002, ma poi se ne aggiunsero altre negli anni successivi, e comunque poterono operare per tutti e 12 anni. Bisognava quindi rinviare la scadenza delle prime concessioni (2013-2014), in modo da poter indire un’unica gara, e venne così lanciata la prima proroga. La norma era contenuta nella Stabilità 2014, il canone mensile della proroga venne fissato in 2.800 euro. Non si trattava di un importo scelto a caso, era stato fissato “sulla base di precise valutazioni di sostenibilità” ricordava il Tar Lazio, “in modo da incidere in misura pari al 3 per cento dell’utile lordo ricavato dalla raccolta media per sala nell’anno 2012”. E del resto, la stessa Stabilità prevedeva la gara per il rinnovo delle concessioni, con una base d’asta di 200mila euro per un titolo che sarebbe dovuto durare sei anni. In sostanza quei 2.800 euro corrispondevano alla base d’asta spalmata sulla durata.

La gara però non andò in porto e, con la Stabilità 2016, il Legislatore rimise mano a tutto. Il canone mensile della proroga passò a 5mila euro; e venne prevista una gara – da bandire nel corso dell’anno – per assegnare concessioni di 9 anni al prezzo di 350mila euro l’una. In più, venne adottato il divieto trasferire le sale in proroga fino all’assegnazione delle nuove concessioni. L’obiettivo era di non interferire con le trattative tra Stato e Regioni – che proprio in quel periodo stavano timidamente prendendo il via – per decidere dove insediare i nuovi punti di gioco. La norma però provocò più danni che altro: molte sale – già in proroga da anni – dovettero rinegoziare dei contratti di affitto in scadenza, accettando degli aumenti vertiginosi del canone mensile. L’unica alternativa era chiudere i battenti per qualche anno, visto che avrebbero dovuto attendere la nuova gara. Lo stesso Legislatore si accorse di aver commesso un passo falso e nel 2017 – con il decreto Terremoto e sviluppo – adottò delle deroghe.

Intanto però nemmeno la seconda gara vide la luce, e tutte le concessioni a quel punto erano scadute. Con la Legge di Bilancio del 2018 arrivò la terza versione della proroga, con il canone mensile che balzò a 7.500 euro. Previsto anche un nuovo termine per indire la gara: settembre 2018.

La vicenda finita di fronte al Tar si ferma qui, tanto che i giudici nell’ordinanza di rimessione hanno costatato come “alla data in cui la causa è stata trattenuta in decisione (7 novembre 2018), nessuna gara fosse stata bandita dall’Agenzia”. In realtà la gara è slittata di volta in volta, l’ultimo Decreto Fiscale ha stabilito che il bando dovrà essere pubblicato entro il 30 settembre 2020, intanto Stato e Regioni hanno sì raggiunto un accordo di massima sulla distribuzione delle sale (settembre 2017), ma l’accordo poi doveva essere trasposto in un decreto del Mef per avere efficacia. E questo non è mai avvenuto, di conseguenza l’accordo di fatto è rimasto lettera morta. Uno stallo che ha certificato anche il Consiglio di Stato nell’aprile 2019, quando – chiamato dall’Agezia delle Dogane e dei Monopoli a fornire un parere sul bando – ha di fatto congelato la gara: “non sembra che gli atti di gara forniscano adeguati criteri distributivi che possano orientare la programmazione e la progettazione, da parte del partecipante alla gara, della rete territoriale di questi punti di esercizio del gioco”.

Comunque, tutto questo ha fatto sì – concludeva il Tar – che si sia persa “l’intrinseca ragion d’essere del regime di proroga tecnica, inducendo a questo punto a dubitare della legittimità costituzionale delle innovazioni apportate alla relativa disciplina”. La proroga doveva servire a allineare le concessioni, e doveva essere un regime transitorio: “La ragionevolezza del regime di proroga tecnica e la sua neutralità rispetto alla libertà di iniziativa economica privata riposa, pertanto, sulla temporaneità di tale regime e sulla certezza in ordine all’orizzonte temporale entro il quale dovranno svolgersi le gare. Solo a queste condizioni, infatti, gli operatori potranno scegliere consapevolmente se proseguire nell’attività, versando l’importo stabilito per un periodo determinato, al fine di partecipare alla nuova gara quali gestori uscenti, ovvero se cessare l’attività, potendo confidare nella possibilità di partecipare alle nuove gare entro una data prossima e comunque collocata entro un orizzonte predeterminato. Ove, invece, la durata del regime di proroga tecnica non sia conoscibile da parte degli operatori, questi ultimi non disporranno di alcun elemento per poter svolgere le proprie valutazioni e, quindi, non saranno in grado di autodeterminarsi nell’effettuazione delle scelte conseguenti”. Senza dimenticare che le sale hanno dovuto fronteggiare un “innalzamento immotivato del cinquanta per cento del versamento dovuto mensilmente” dicevano i giudici riferendosi al passaggio da 5mila a 7.500 euro.

Tutto questo, il Tar lo scriveva circa un anno e mezzo fa. Intanto però anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di intervenire sulla questione della proroga e circa un mese fa – decidendo su dei ricorsi intentati da altre sale – ha deciso di tagliare l’importo del canone mensile, riportandolo a 2.800 euro. Ovviamente ben consapevole del fatto che l’udienza di fronte alla Corte Costituzionale fosse vicina. gr/AGIMEG