Diversi operatori aderenti a Federbingo hanno presentato ricorso al Tar del Lazio per chiedere l’annullamento dei provvedimenti con i quali, con riferimento al periodo di totale chiusura dell’attività del gioco nelle sale Bingo (il periodo va da novembre 2020 a maggio 2021) in dipendenza della situazione emergenziale dovuta alla pandemia da COVID 19, è stato chiesto ai ricorrenti, sotto comminatoria dell’escussione delle garanzie prestate e dell’applicazione delle sanzioni a titolo di penale, previste nell’atto integrativo della concessione, l’assolvimento, entro quindici giorni, del versamento di quanto dovuto a titolo di canone di proroga tecnica, in relazione alle convenzioni di concessione.
Il Tribunale ha precisato che l’art. 69, comma 2, d.l. n. 18/2020, convertito dalla legge n. 27/2020, stabilisce che “a seguito della sospensione delle attività delle sale bingo prevista dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 e successive modificazioni e integrazioni, non è dovuto il canone di cui all’articolo 1, comma 636, della legge 27 dicembre 2013 e ss.mm. e ii. a decorrere dal mese di marzo e per tutto il periodo di sospensione dell’attività“.
“Secondo l’interpretazione letterale della disposizione – sottolinea il Tar Lazio -, il legislatore ha stabilito che “non è dovuto il canone” di concessione previsto durante il regime di proroga c.d. tecnica non solo “a seguito della sospensione delle attività delle sale bingo prevista dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020”, ma anche “per tutto il periodo di sospensione dell’attività”. Secondo l’interpretazione logica, la ratio della norma è quella di esonerare i concessionari del gioco del bingo dal pagamento del canone durante il periodo di chiusura dell’attività imposta per ordine dell’autorità pubblica poiché, in questo periodo, non è ragionevole imporre il pagamento del canone in mancanza dello svolgimento dell’attività idonea a reperire le risorse necessarie per provvedere al suddetto pagamento“.
“L’art. 69, comma 2, d.l. n. 18/2020, si inserisce infatti nel quadro di una serie di misure normative poste in campo dal legislatore per evitare che i consociati, e in particolare, gli operatori economici potessero subire, in relazione ai rapporti giuridici in essere, le conseguenze derivanti dall’applicazione in via autoritativa dei provvedimenti amministrativi volti a fronteggiare la diffusione della pandemia da Covid-19“.
“La disposizione lega quindi la non debenza del canone non già – in modo statico –
al periodo di sospensione delle attività indicato nel d.P.C.M. 8 marzo 2020 (ossia
dalla data dell’8 marzo 2020 e fino al 3 aprile 2020), bensì – in modo dinamico – a
tutto il periodo in cui l’attività risulta comunque sospesa in virtù di provvedimenti
dell’autorità adottati per fronteggiare la diffusione dell’epidemia”.
Secondo il Tar del Lazio, “sarebbe stato invero irragionevole considerare la non debenza del canone solamente per il periodo della sospensione delle attività disposta dal d.P.C.M. 8 marzo 2020 (ossia fino al 3 aprile 2020) e non anche per gli altri periodi di sospensione imposta, in considerazione della ricorrenza della situazione sostanzialmente identica e dunque dell’esigenza di soddisfare la medesima finalità.
In conclusione, il Tar del Lazio ha ritenuto che il ricorso fosse fondato e va pertanto accolto. Per suo effetto sono annullati tutti gli atti impugnati dai ricorrenti.
“Con grande soddisfazione apprendiamo che le nostre posizioni sono state condivise dai giudici del Tar Lazio – ha dichiarato ad Agimeg Italo Marcotti Presidente di Federbingo – possiamo comprendere le motivazioni tecniche per le quali l’ADM si è trovata costretta a richiedere il pagamento di quei periodi ma è indubbio il principio per il quale il canone debba essere versato quando si è goduto un diritto. Cosa invece non successa alle sale bingo nel periodo considerato”. ac/AGIMEG