Scommesse, Cassazione: “Per disapplicare la norma penale, operatori paralleli devono dimostrare le discriminazioni subite”

Un’operatore comunitario che opera senza concessione italiana, per chiedere la disapplicare la norma penale che punisce la raccolta illegittima di scommesse, deve dimostrare di aver subito una discriminazione nell’accesso al mercato. Lo precisa la Terza Sezione Penale respingendo il ricorso intentato dal titolare di un CTD collegato alla Betuniq contro il sequestro – disposto dal Tribunale di Macerata – della strumentazione e del materiale utilizzato per la raccolta di gioco.  “In mancanza della concessione e della licenza, per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice” scrive infatti la Suprema Corte, “occorre la dimostrazione che l’operatore estero non abbia ottenuto le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare  o per effetto di un comportamento comunque discriminatorio tenuto dallo Stato nei confronti dell’operatore comunitario. In siffatti casi, il Giudice nazionale, anche a seguito della vincolante interpretazione data alle norme del trattato dalla Corte di giustizia CE, dovrà disapplicare la normativa interna per contrasto con quella
comunitaria”. Il ricorrente tuttavia non ha dimostrato che la compagnia madre fosse stata illegittimamente esclusa dai bandi, ma si è limitato a asserire in via generica che avesse subito delle discriminazioni: “il ricorrente, che pacificamente operava in mancanza della autorizzazione di cui all’art. 88 t.u.l.p.s. per conto dell’allibratore straniero BetUniq Ltd., non ne ha prospettato l’illegittima esclusione dai relativi bandi di gara o la mancata partecipazione a causa della non conformità del regime concessorio” ai principi comunitari, ma si è “limitato ad affermare che la UniqGroup Ltd. avrebbe subito una discriminazione senza altro aggiungere, con la conseguenza che non sono stati allegati i presupposti per escludere la configurabilità della fattispecie incriminatrice”. rg/AGIMEG