Il Tar Toscana ha accolto il ricorso del titolare di una sala giochi di Santa Croce sull’Arno, contro la Questura di Pisa, il Ministero dell’Interno e il Sindaco, per l’annullamento del provvedimento con il quale si decretò la revoca della licenza 88 T.U.L.P.S. per il locale in questione. Il Questore della provincia di Pisa, infatti, aveva prima rilasciato un’autorizzazione per esercitare nei locali ubicati in Santa Croce sull’Arno l’attività di raccolta di gioco attraverso l’installazione di VLT, ma poi con decreto successivo, ha disposto la revoca della licenza “avendo accertato che il locale in cui si esercita l’attività in questione non rispetta – in rapporto al Centro Giovani situato nel medesimo Comune in Largo Bonetti – la distanza di 500 metri prevista dall’art. 4 della Legge Regionale n. 57/2013”. A tal riguardo “il Collegio ritiene decisiva e assorbente la questione evidenziata, relativa alle modalità di misurazione della distanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 4” della legge regionale. “La disposizione citata utilizzava una formulazione che, facendo riferimento a “un raggio di 500 metri”, induceva, dal punto di vista letterale, a calcolare la distanza tra la sala da gioco e il luogo “sensibile” sulla base di una misurazione puramente astratta, effettuata disegnando un cerchio di 500 metri di raggio, centrato sulla sala da gioco. Si trattava, ovviamente, di una misurazione sulla carta, come in effetti è quella operata dal Comune di Santa Croce sull’Arno. Nel caso specifico – si legge nella sentenza – la misurazione così effettuata ha evidenziato una distanza tra i locali della società ricorrente e il Centro Giovani situato in Largo Bonetti di circa 420 metri. Il fatto è che tale distanza è solo virtuale, perché non corrisponde alla distanza reale tra i luoghi considerati. Nella citata relazione tecnica – spiegano i giudici – la distanza reale è calcolata attraverso tre diverse modalità di misurazione (due a terra e una effettuata con strumento laser), che conducono ai seguenti risultati: 583 metri circa; 678 metri circa; 536 metri circa. In tutti e tre i casi la distanza risulta superiore a 500 metri e tale dato è evidenziato nel ricorso per dedurne l’illegittimità del provvedimento impugnato”. Spiegano ancora i giudici toscani, “la norma di cui si discute, finalizzata alla prevenzione della ludopatia, vuole evitare contatti ravvicinati tra le sale da gioco e i luoghi “sensibili”; a tale scopo ha individuato, quale distanza di sicurezza, quella di 500 metri; tale distanza però, per avere un senso ed essere efficace, deve essere reale e non puramente virtuale: in caso contrario lo scopo della norma rischierebbe di essere vanificato; 500 metri calcolati come raggio di un cerchio corrispondono alla stessa distanza su un percorso in linea retta, ma possono corrispondere a distanze ben maggiori su percorsi diversi; in altre parole, una distanza inferiore a 500 metri calcolati in base al raggio può corrispondere, nella realtà, a un percorso di lunghezza nettamente superiore, mentre una distanza appena maggiore di 500 metri calcolati in base al raggio coincide con la distanza reale su un percorso in linea retta; la differenza è però che nel primo caso, applicando letteralmente la disposizione ex art. 4 comma 1 della L.R. n. 57/2013, il relativo divieto opera(va) anche se la distanza reale è (era) ben superiore al limite fissato, mentre non opera nel secondo caso, anche se la distanza reale è (era) inferiore alla prima. Dall’applicazione della norma ancorata al solo dato letterale – si legge – discenderebbero quindi conseguenze illogiche, non proporzionate rispetto alla finalità perseguite dalla disciplina regionale e discriminatorie rispetto alle diverse attività economiche coinvolte; il che potrebbe indurre a dubitare della stessa legittimità costituzionale della disposizione; tutto ciò può essere evitato attribuendo all’espressione “raggio di 500 metri” un significato non tecnico, bensì riferito alla distanza reale tra due luoghi, calcolata in base al percorso più breve”, conclude il Collegio. im/AGIMEG