Nell’ambito del dibattito che (si spera) sarà aperto per il riordino della materia del gioco pubblico (v. “Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020”, pag. 19, nella quale il Governo, a completamento della manovra di bilancio 2021-2023, ha inserito, tra i “collegati” alla manovra, il “DDL riordino settore dei giochi”) uno degli argomenti che dovrà essere esaminato è quello concernente l’organizzazione del settore che, come noto, prevede che l’esercizio del gioco è prerogativa dello Stato.
Si dovrà, quindi, stabilire se confermare o meno l’attuale assetto basato sulla “concessione” e, in caso affermativo, se la “concessione” debba mantenere gli attuali punti di riferimento o se sia opportuno o preferibile qualche modifica (per esempio, come si è detto in un precedente intervento, a commento dell’intervista rilasciata ad Agimeg dal Senior V. President di Lottomatica Giuliano Frosini il 15 febbraio scorso, passando “da concessioni per prodotto a concessioni per luogo fisico”).
Con specifico riferimento alle modalità di organizzazione e gestione dei servizi pubblici (quale è considerato il compito attribuito ai concessionari del gioco – cfr. la sentenza delle Sezioni Unite penali della Cassazione n. 6087 del 16 febbraio 2021) lo Stato, com’è noto, può scegliere tra due formule alternative di gestione:
1) gestione diretta;
2) gestione indiretta.
Riguardo alla prima di esse (gestione diretta), lo Stato può ulteriormente scegliere tra:
1. a) gestione in economia (nel caso in cui risulti in grado di organizzare e gestire il servizio con il proprio apparato di uffici e mezzi);
1. b) costituzione di un apposito ente economico strumentale (l’azienda speciale) cui affidare l’organizzazione e la gestione del servizio, conservando sullo stesso poteri di indirizzo e controllo.
Riguardo all’alternativa sub 2 (gestione indiretta), lo Stato può, parimenti, scegliere tra due modelli alternativi:
2. a) costituzione di una società di capitali a partecipazione pubblica (cd. società “mista”);
2. b) affidamento in concessione a terzi.
L’organizzazione moderna del gioco pubblico ha conosciuto sia il modello “gestione diretta” sia quello della gestione “indiretta”.
Per quanto riguarda la “gestione diretta”, è stata sperimentata sia la versione “in economia” – per esempio per il gioco del Lotto, esclusa la fase della raccolta attribuita alle rivendite di generi di monopolio, e per le lotterie differite – sia la versione sub 1. b), quando la materia venne attribuita all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
La “gestione indiretta” – che già esisteva per i giochi numerici a totalizzatore nazionale (Superenalotto) e le lotterie istantanee (queste ultime, peraltro, dopo un periodo di gestione “diretta” da parte dello Stato in partnership con il Poligrafico) – ha avuto maggiore diffusione con l’allargamento del portafoglio giochi, che si è concretizzato con la legalizzazione delle scommesse, del Bingo, del gioco mediante apparecchi da intrattenimento e del gioco a distanza, a cavallo degli anni 90/2000.
La concessione, per come è attuata nel settore in esame, si articola nella scelta di uno o più soggetti privati affinché questi gestiscano una determinata tipologia di giochi in vece dello Stato, per un tempo limitato ed in presenza di un adeguato controllo da parte dello stesso ente concedente.
L’accordo concluso tra le parti è inquadrabile nella categoria dei contratti ad oggetto pubblico, caratterizzandosi per l’incontro e la commistione tra provvedimento amministrativo e contratto in relazione a materie di carattere ed interesse pubblicistico.
Nel corso del periodo di validità della concessione lo Stato concedente continua a mantenere penetranti poteri autorizzativi e di vigilanza, amministrativa, economica, tecnica e fiscale, sui concessionari, ai quali demanda il controllo della filiera (potendo, comunque, imporre vincoli ed effettuare ispezioni anche nei confronti dei soggetti contrattualizzati con il concessionario, per il rispetto delle norme di ordine pubblico e di natura fiscale).
Come emerge dai risultati che sono stati ottenuti nell’ultimo ventennio, sia in tema di vigilanza del settore sia per quanto riguarda il gettito fiscale e parafiscale, il modello concessorio è senza dubbio quello che garantisce più efficienza e maggiore efficacia nel controllo del perimetro e degli attori che compongono la filiera.
Alla fine, dopo che questo modello è stato sottoposto a numerosi attacchi sia di carattere giuridico sia di natura politica (la famosa “lobby” del gioco che, pur immaginata potentissima, non è però riuscita ad evitare nemmeno uno dei molteplici aumenti di tassazione che si sono susseguiti, con costante ripetitività, negli ultimi 10 anni), si sta facendo strada la convinzione che forse quello concessorio è il modello meno imperfetto tra quelli che possono essere adottati per continuare ad offrire gioco pubblico. rf/AGIMEG