In Italia per la prima metà dell’anno si attende un calo dell’attività economica di intensità eccezionale, mai registrato nella storia della Repubblica. E’ quanto sottolineato nella Nota congiunturale di aprile dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. “Nell’insieme dei primi due trimestri 2020 il Pil si ridurrebbe cumulativamente di circa quindici punti percentuali”, sottolinea. Nel testo anche un focus riguardante le imprese. “Verosimilmente la riapertura delle attività economiche, a partire da maggio, sarà necessariamente graduale, per cui nel secondo trimestre la contrazione congiunturale del prodotto risulterebbe ancor più marcata, collocandosi nell’ordine di dieci punti percentuali. Assumendo che non ci siano nuove ondate dell’epidemia nei prossimi mesi, la ripresa dell’economia italiana dovrebbe manifestarsi dal terzo trimestre. Queste previsioni sono soggette a un’incertezza senza precedenti, che può essere attenuata dalla politica economica. Il governo italiano ha varato primi interventi, con misure volte a sostenere i bilanci di famiglie e imprese, supportando l’occupazione, il reddito disponibile e le condizioni di finanziamento”, viene sottolineato nel testo. “Secondo stime UPB i settori in cui la crisi ha un impatto medio alto, non soltanto per il lockdown, coprirebbero circa metà dei ricavi, delle retribuzioni e del gettito complessivo (Irpef, Ires, IRAP e IVA) delle imprese registrate fiscalmente 3. L’emergenza sanitaria produce impatti macroeconomici diretti sull’offerta e sulle variabili di domanda. Vanno poi prese in considerazione le reazioni nelle opinioni di famiglie e imprese, nonché nella propensione al rischio degli operatori dei mercati finanziari. Nel Riquadro si descrivono questi canali, i principali effetti a livello internazionale e le risposte di politica economica dei maggiori paesi. In Italia il 17 marzo il Governo ha varato un primo intervento (DL 18/2020), allo scopo di fronteggiare con urgenza l’emergenza sanitaria e il rischio di fallimenti e licenziamenti che intaccherebbero la crescita potenziale. Il decreto include misure volte a potenziare la capacità di risposta del sistema sanitario e a sostenere i bilanci di famiglie e imprese. L’8 aprile è stato adottato un ulteriore decreto, per favorire l’accesso al credito e per evitare che situazioni di temporanea illiquidità comportino effetti duraturi sulla struttura produttiva”, aggiunge. “Le inchieste qualitative registrano il forte peggioramento delle opinioni delle imprese, nonostante siano state in gran parte rilevate prima dell’entrata in vigore delle maggiori restrizioni all’attività economica, nell’ultima settimana di marzo. L’indagine di marzo della Banca d’Italia-Sole 24 Ore sulle Aspettative di inflazione e crescita delinea un deciso ridimensionamento dei giudizi correnti e delle attese sulla situazione economica generale e sulle condizioni operative delle imprese. L’indagine Istat di marzo sulla fiducia delle imprese ha evidenziato un peggioramento del saldo degli ordini interni di beni strumentali nella media dei primi tre mesi dell’anno rispetto al quarto trimestre del 2019 a causa principalmente del calo nell’ultimo mese. A tale dinamica si è accompagnato un marcato peggioramento delle attese sulle condizioni di liquidità per l’intero comparto manifatturiero (-22,9 a marzo a fronte del -5,1 di febbraio), che ha raggiunto valori prossimi a quelli registrati durante la crisi globale finanziaria, pur in presenza di condizioni di finanziamento pressoché stabili”, continua. “Si stima che nel trimestre scorso il PIL si sarebbe ridotto di circa cinque punti percentuali. Il trimestre corrente sconta maggiormente gli effetti del blocco, in quanto inizia su livelli molto bassi in aprile e risente del pesante trascinamento statistico di marzo; nell’ipotesi che le restrizioni vengano allentate in misura molto graduale a partire da maggio si prefigura una contrazione congiunturale del PIL del secondo trimestre dell’ordine di ulteriori dieci punti percentuali. Queste previsioni sono soggette a un’incertezza senza precedenti storici, in quanto riconducibile non soltanto ai consueti fattori economici, ma anche a variabili sociali e sanitarie. Le previsioni di breve periodo sono normalmente volte ad anticipare le prime stime ufficiali degli aggregati di riferimento. In questa circostanza vi è il rischio che l’accuratezza delle stime preliminari nei paesi più coinvolti dall’epidemia possa risentire di uno shock inedito, come quello attuale. Un primo aspetto riguarda la raccolta dei dati; diverse informazioni utili alla contabilità nazionale sono acquisite chiedendo alle aziende di compilare questionari, ma in diverse circostanze potrebbe essere difficile ottenere le risposte o anche solo individuare le imprese effettivamente attive; nel caso dell’Italia, ad esempio, sono state sospese per il mese di aprile le indagini sulla fiducia di imprese e famiglie. Le statistiche ufficiali potrebbero inoltre essere influenzate dagli slittamenti delle scadenze fiscali e contributive, soprattutto nei paesi che fanno molto affidamento sui dati amministrativi. In termini di offerta, il PIL potrebbe non catturare completamente l’input di lavoro delle imprese che adottano modalità alternative a quelle standard, come nel caso dello smart working. Inoltre, i prezzi con cui vengono deflazionati gli aggregati nominali potrebbero essere discontinui nei settori in cui gli scambi si sono ridotti fino a quasi annullarsi. Infine, ma non meno importante, il dato anomalo di aprile avrà un impatto non trascurabile su molte serie storiche mensili e trimestrali, che verranno verosimilmente riviste all’indietro in seguito all’applicazione dei modelli che rimuovono le componenti stagionali”, prosegue. “Il mercato del lavoro si era indebolito già prima della crisi sanitaria da COVID-19. La dinamica delle ore lavorate di contabilità nazionale era risultata discontinua nel 2019, con una flessione nel quarto trimestre (-0,3 per cento in termini congiunturali) allineata a quella del PIL. La domanda di lavoro, misurata attraverso le posizioni lavorative, aveva decelerato nella seconda metà dello scorso anno, tuttavia la variazione nel complesso del 2019 aveva sopravanzato quella del PIL. Il numero delle persone occupate nel secondo semestre del 2019 aveva rallentato fortemente (0,2 per cento, da 0,5 nei precedenti sei mesi), per la riduzione della componente relativa agli autonomi e la frenata dell’occupazione a tempo indeterminato, a fronte della graduale espansione della componente a termine. Nei mesi iniziali dell’anno in corso, prima che l’emergenza sanitaria dilagasse, gli occupati erano diminuiti (-0,4 per cento nel bimestre gennaio-febbraio rispetto al quarto trimestre del 2019), per effetto della caduta sia del numero dei dipendenti permanenti (-0,3 per cento, per la prima volta dal terzo trimestre del 2018) sia degli autonomi. Al momento non si dispone di informazioni sul mercato del lavoro relative al periodo dell’emergenza sanitaria, che potrebbe ostacolare la produzione delle statistiche ufficiali. Ad esempio, le misure di distanziamento sociale potrebbero incidere sulla raccolta dei dati della Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro, per la parte relativa alle prime interviste, effettuate presso il domicilio della famiglia. Il blocco di una quota significativa della base produttiva, disposto fino al 3 maggio, si rifletterà in una eccezionale riduzione delle ore lavorate nei mesi primaverili. Secondo stime dell’Istat, i provvedimenti di sospensione o riduzione dell’attività produttiva riguarderebbero il 51,3 per cento delle imprese e il 42,9 per cento degli addetti. Le imprese attuerebbero forme di riduzione dell’orario di lavoro sia attraverso lo smaltimento di ferie e di congedi parentali sia, in maggior misura, mediante il ricorso alla Cassa integrazione guadagni (CIG), estesa dal decreto legge “Cura Italia” a tutte le imprese, indipendentemente dal settore produttivo e dal numero di addetti”, conclude. cdn/AGIMEG