Il Tar Lazio pubblica cinque nuove sentenza sulla tasse dei 500 milioni, e – come nei precedenti casi – rigetta i ricorsi intentati da gestori e concessionari degli apparecchi
La tassa è stata introdotta con la Stabilità del 2015 e imponeva a tutto il comparto degli apparecchi di versare un prelievo di 500 milioni l’anno, per tre anni. Il meccanismo però era stato studiato male: obbligava i concessionari a raccogliere i denari necessari e a versarli al fisco, le compagnie avrebbero però dovuto ripartire il peso della misura coin gli altri soggetti della filiera rinegoziando gli accordi contrattuali. Di fatto però sono i gestori a controllare i flussi di cassa e alcuni di questi si sono rifiutati di versare il dovuto. La tassa è stata cancellata con la Stabilità dell’anno successivo – il Governo ha puntato su un più sicuro aumento del Preu – e per il 2015 è stata inserita una norma esplicativa. Intanto però, concessionari e gestori si erano rivolti al Tar Lazio, e avevano ottenuto il rinvio alla Corte Costituzionale. La Consulta – nella sentenza dello scorso giugno – ha fatto leva proprio sul cambio di disciplina per rispedire le carte al Tar Lazio: “è mutato, di conseguenza, anche il presupposto della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità”, si legge nella sentenza. In sostanza la Corte Costituzionale ha chiesto al Tar di valutare se ci sono dubbi di legittimità anche sulla norma interpretativa, e nel caso di sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale.
Il Tar invece ha ritenuto risolta la questione, e nelle sentenze di oggi afferma che grazie alla norma interpretativa “I concessionari non sono infatti più i soli tenuti per l’intero a corrispondere il contributo pari a 500 milioni di euro per il solo anno 2015, atteso che, per effetto della disposizione sopravvenuta, anche tutti gli altri operatori della filiera sono tenuti in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015”. lp/AGIMEG