Il Tar Umbria annulla le fasce orarie sul gioco adottate nella città di Perugia, il Comune aveva imposto lo stop alla raccolta nelle ore notturne (tra le 24 e le 10 del giorno successivo). I giudici hanno in sostanza accolto le tesi di una sala Vlt secondo cui le limitazioni pregiudicavano in modo sproporzionato l’attività imprenditoriale, anche perché l’Amministrazione Comunale non aveva svolto un’adeguata istruttoria sulla diffusione delle ludopatie. Tutto questo in contrasto con la legge regionale del 2014. Il Tar premette infatti che l’esigenza di tutelare la salute e proteggere i soggetti a rischio non può essere messo in discussione, ma occorre anche salvaguardare il diritto di iniziativa economica, oltretutto le sale svolgono la propria attività in forza di “specifici titoli amministrativi (concessione dell’Amministrazione finanziaria ed autorizzazione di polizia)”. In casi simili, “il principio di proporzionalità esige che il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei destinatari sia idoneo al raggiungimento del fine pubblico cui è preordinato (criterio di idoneità), che la sua adozione sia effettivamente necessaria a tal fine (criterio di necessarietà) e che non incida sulle situazioni giuridiche soggettive in misura superiore a quella indispensabile in relazione al fine stesso (criterio di adeguatezza o di proporzionalità in senso stretto)”. Prima di adottare una limitazione di orario, di conseguenza, è necessario svolgere “un’attenta indagine sull’effettiva esistenza e sulla consistenza dell’interesse confliggente” con quello della sala da gioco, indagine che nel caso del Regolamento di Perugia “non risulta essere stata condotta”. In particolare, “Non risulta che siano stati fatti approfondimenti sull’incidenza del fenomeno della ludopatia nel territorio del comune di Perugia, tali da far ritenere giustificata e proporzionata l’adozione di disposizioni limitative degli orari”. Un iter che contrasta con quanto previsto dalla Legge della Regione Umbria, in base alla quale le limitazioni possono essere disposte “per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica”. Respinta invece la tesi secondo cui il Regolamento violerebbe l’Intesa tra Stato e Regioni raggiunta nel 2017, l’accordo prevedeva infatti un limite massimo di 6 ore al giorno di stop. L’intesa però “non costituisce un atto vincolante, non essendo stato ancora adottato il decreto ministeriale di recepimento previsto a conclusione dell’iter”. gr/AGIMEG