Slot, Tar Trento difende distanziometro provinciale: “Non c’è effetto espulsivo per le attività di gioco”

Il titolare di una sala giochi ha presentato ricorso al Tar di Trento per contestare l’atto con cui è stato ordinato di provvedere all’immediata rimozione degli apparecchi da gioco installati all’interno dell’attività a causa del mancato rispetto della distanza minima dai ‘luoghi sensibili’.

Il Tribunale ha sostenuto che “il c.d. “gioco legale”, pur costituendo un’importante occasione di guadagno per imprese come la ricorrente e pur generando ragguardevoli entrate per l’Erario, scarica però sulla collettività elevati costi sociali. Per far fronte a questa emergenza, stante la perdurante inerzia del legislatore nazionale, sono intervenute le Regioni, la Provincia autonoma di Bolzano e – per quanto interessa in questa sede – la Provincia autonoma di Trento, adottando misure volte ad allontanare l’offerta di gioco dai luoghi ove si concentrano soggetti considerati maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, con il dichiarato fine di prevenire lo sviluppo di forme di gioco compulsivo e con la finalità, non secondaria, di evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica.

Il Tribunale aveva disposto l’esecuzione di una verificazione per appurare “se, tenuto conto della conformazione del territorio del Comune di Trento e della relativa disciplina urbanistica vigente, l’applicazione del criterio della distanza di trecento metri dai siti c.d. sensibili individuati nell’art 5, comma 1, della legge provinciale n. 13/2015 determini una sostanziale preclusione alla localizzazione sull’intero territorio comunale di sale gioco come quelle gestite dall’impresa ricorrente e, comunque, quale sia la percentuale di territorio in cui tale preclusione verrebbe ad operare (ovvero, all’opposto, la percentuale di territorio disponibile sia all’insediamento di nuove sale giochi e sale scommesse od all’installazione ex novo di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’art. 110, comma 6, del R.D. n. 773 del 1931, sia al trasferimento di quelle esistenti), considerati separatamente gli edifici esistenti e le strutture di possibile edificazione”.

“Il verificatore ha concluso che: A) “L’applicazione della distanza di 300 metri (buffer) dai siti sensibili individuati dall’Amministrazione comunale di Trento non determina una sostanziale preclusione alla localizzazione sull’intero territorio comunale di funzioni di gioco d’azzardo lecite, in quanto l’applicazione del criterio della distanza dai luoghi sensibili non comporta un’impossibilità assoluta dell’esercizio di queste attività, in particolare all’interno del Territorio urbanizzato”; B) La localizzazione rimane infatti possibile e ammessa in diversi ambiti della città – ambiti che, quindi, non ricadono all’interno dei buffer di 300 metri determinati dalla presenza dei luoghi sensibili – e riguarda circa 712,4 ha, che rappresentano il 22,4% del Territorio urbanizzato. Si tratta come detto di un dato che appare più che significativo in rapporto anche alla particolare configurazione ambientale, insediativa, morfologica del Territorio comunale”.

Il Tar di Trento ha aggiunto che “secondo parte della giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 8298 del 2019, cit.), nessun rilievo può assumere la circostanza che l’astratta possibilità di delocalizzare attività di gioco lecito sia «difficilmente attuabile in concreto, perché … i locali commerciali disponibili risultano adibiti ad altre attività»: ciò in quanto si tratta «di barriera all’ingresso non di carattere normativo, ma meramente fattuale, dipendente dallo stato di fatto dei luoghi», ossia «di una situazione non dissimile da quella in cui viene a trovarsi un qualsiasi operatore economico che intenda reperire un locale commerciale idoneo per avviare una nuova attività commerciale e si trovi dinanzi ad un panorama immobiliare in cui tutti i locali commerciali sono già occupati da altre attività commerciali, con la sola differenza che, in questo caso, la cerchia degli immobili disponibili è più ristretta». Dunque, avendo questo Tribunale in altra occasione già prestato adesione a tale orientamento la contestazione mossa dalla parte ricorrente all’operato del verificatore non ha pregio.

Infine, è “manifestamente infondata – alla luce dell’articolato ragionamento svolto dal Consiglio di Stato nella motivazione della sentenza n. 1618 del 2019, innanzi illustrata – è anche la prospettata questione di legittimità costituzionale degli articoli 5, comma 1, e 14, comma 1, della legge n. 13/2015 per contrasto con gli articoli 32 e 47 Cost.”.

Per questi motivi il Tar di Trento ha deciso di rigettare il ricorso dell’esercente del settore del gioco. ac/AGIMEG