Il Tar Lombardia ci ripensa e dà l’ok ai limiti orari delle sale slot imposti dal Comune di Milano. E’ quanto si evince da un’ordinanza depositata ieri. La domanda cautelare di sospensione del provvedimento del sindaco effettuata dai ricorrenti e non è stata accolta in quanto “l’ordinanza impugnata non incide direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su un fattore (quale l’orario di apertura in una determinata fascia oraria dei relativi esercizi pubblici) che potrebbe indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali non si applica alle case da gioco autorizzate ai sensi dell’art. 88 t.u.l.p.s. (art. 7, lett. d, d.lgs. n. 59/2010), in conformità con il venticinquesimo considerando della cd. direttiva Bolkestein (così anche Cons. di Stato, ord. n. 2712/13); a tale riguardo, le modifiche introdotte dal d.l. n. 201/2011 vanno contemperate, quanto alle limitazioni temporali degli esercizi pubblici, con il potere tuttora esistente, e non implicitamente abrogato, del comune di riorganizzarne gli orari, anche “al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”, in quanto ente ad autonomia costituzionalmente riconosciuta “che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo” (art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000); quanto all’adeguatezza ed alla proporzionalità della misura adottata, anche sotto il profilo della congruità dell’istruttoria che l’ha preceduta, l’ordinanza impugnata pare adottare una tra le alternative lecite (parimenti ragionevoli e proporzionate) dell’azione amministrativa volta a raggiungere gli obiettivi dichiaratamente perseguiti, ovvero tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili (per la giovane età o perché bisognosi di cure), prevenire forme di gioco compulsivo, ed evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano e la quiete pubblica; altresì, le disposizioni in esame paiono idonee ed adeguate ad affrontare le esigenze della collettività di cui l’ente locale si fa portatore e garante, in relazione ai dati epidemiologici allegati, all’individuazione dei soggetti (giovani e anziani) maggiormente esposti alla capacità suggestiva del guadagno derivante dalla scommessa e alla progressione allarmante del numero di cittadini colpiti da ludopatia, con un aumento del rischio implicito di ulteriori future “vittime” tra le fasce deboli della popolazione; la decisione del Comune di fronteggiare le esigenze sociali predette con la riduzione dell’orario degli esercizi pubblici in discorso appare anche necessaria, in quanto, in assenza di corrispondenti disposizioni regionali, l’introduzione (mercé il d.l. 13 settembre 2012 n. 158, art 7, comma 10) di forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco, territorialmente prossimi a zone sensibili, è destinata ad operare solo rispetto alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, restando quindi escluse le autorizzazioni già rilasciate; sotto altro profilo, non è ravvisabile alcuna illogicità nell’affiancamento alla misura di riduzione dell’orario di esercizio dell’ulteriore misura della corrispondente riduzione dell’orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento coinvolti, in relazione alla necessità di prevenire forme di elusione dell’ordinanza e di garantire la funzionalità dei successivi controlli comunali; quanto al periculum, nella contrapposizione degli interessi, il pregiudizio di natura prettamente economico lamentato dalle parti ricorrenti pare recedere rispetto all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione comunale, “che con il provvedimento impugnato è intervenuta a tutela della salute dei cittadini e più in generale del benessere individuale e collettivo della popolazione, preoccupata delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli” (in termini, Cons. di Stato, ord. n. 717/2014); pertanto, non sussistono i presupposti per la concessione dell’invocata cautela”. lp/AGIMEG