Consiglio di Stato: per sostenere un’interdittiva antimafia bastano gli indizi di un legame con i clan

“Il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico”, non sono quindi necessarie prove che sostengano la “certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilitĂ  penale”; occorre effettuare insomma “una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “piĂą probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa”. Lo scrive la Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza con cui accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per cancellare dall’elenco Ries un gestore piemontese, colpita da interdittiva antimafia. La vicenda nasce dal fatto che il socio fondatore – uscito dalla compagnie societaria solo poco prima – aveva dei legami con un clan ‘ndranghetista. L’uomo era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere, perchĂ© avrebbe gestito gli interessi del sodalizio nel settore dei giochi e delle scommesse in tutto il Piemonte, anche se poi la contestazione dell’aggravante mafiosa sarebbe venuta meno nel corso dei vari gradi di giudizio. Poco prima di essere sottoposto a custodia cautelare, l’uomo avrebbe ceduto al socio la propria quota nella societĂ  di gestione; nonostante il trasferimento, la Prefettura di Torino aveva emesso un’interdittiva antimafia nei confronti della societĂ . “I rilevati mutamenti nell’assetto gestionale e sociale” spiega adesso il Consiglio di Stato, “non possono ritenersi espressione di un chiaro, affidabile e duraturo mutamento di condotta segnato, cioè, da un processo di irreversibile discontinuitĂ  con il recente passato”. Oltretutto, “il modus operandi del sodalizio criminale oggetto del pendente procedente penale implicava anche l’intestazione fittizia di imprese e societĂ , onde occultare l’infiltrazione nell’organizzazione dei soggetti parte della “ndrangheta”. E i giudici di Palazzo Spada concludono che per giustificare un’interdittiva sono sufficienti “idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose”, non è necessario invece “un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e avvalersi dell’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo”. rg/AGIMEG