Le licenze previste dal Tulps servono a “garantire la sicurezza e l’ordine pubblico”, dal momento che possono “prevenzione della commissione di reati e costituiscono la massima anticipazione della difesa sociale”. Lo afferma il Consiglio di Stato confermando – come già aveva fatto il Tar Calabria – il provvedimento con cui la Questura di Cosenza aveva negato la licenza per l’istallazione delle slot al titolare di una tabaccheria. La Questura aveva dato peso a una serie di episodi – la maggior parte avvenuti in passato – come la frequentazione con alcuni malviventi e il rapporto di affinità con un pregiudicato. Peraltro, convocato dalla Questura per un confronto, il titolare della tabaccheria aveva negato di essere il cognato del pregiudicato in questione. Il Consiglio di Stato sottolinea adesso che “il gioco e la raccolta di scommesse sono oggetto di particolare attenzione da parte del Legislatore”, e che il Ministero dell’Interno “ha un potere ampiamente discrezionale per valutare, con il massimo rigore, qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di rilascio, revoca o rinnovo di un’autorizzazione di polizia”. Queste licenze servono infatti a “garantire la sicurezza e l’ordine pubblico mediante strumenti di prevenzione della commissione di reati e costituiscono la massima anticipazione della difesa sociale attraverso l’impedimento e la rimozione ab initio delle stesse condizioni che potrebbero ragionevolmente costituire causa o anche solo occasione per il verificarsi di fatti, non solo e non necessariamente di rilievo penale, idonei a turbare l’ordinata convivenza civile mediante esposizione anche solo al pericolo della sicurezza e dell’ordine pubblico”. Pertanto, il Ministero in questa attività può dare pero a “fatti e circostanze privi in sé di significato penale e non riconducibili direttamente alla responsabilità del soggetto, ma significativi dal punto di vista della buona condotta e rilevanti sul piano prognostico”. Insomma, secondo il Consiglio di Stato, una “pluralità di elementi sintomatici univoci e concordanti che si accompagnano al dato anagrafico legittimano il giudizio negativo secondo la regola del “più probabile che non”, nonostante si tratti di fatti risalenti nel tempo e che non hanno costituito oggetto di sentenze penali di condanna”. lp/AGIMEG