Il Consiglio di Stato respinge i ricorsi intentati da una società che opera nel settore degli apparecchi da intrattenimeto per revocazione di una precedente sentenza con cui – sempre il Consiglio di Stato – ha confermato l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Lecce nel 2014. L’interdittiva riguardava i titolari delle società in questione, che a quel punto avevano dapprima costituito un trust – nel tentativo di affidare la gestione a dei soggetti indipendenti – e poi avevano ceduto le quote societarie. Il Tar Puglia e il Consiglio di Stato, tuttavia, avevano ritenuto che queste misure non fossero sufficienti a scongiurare il rischio di infiltrazioni criminali. E il Consiglio di Stato adesso spiega che in quelle sentenze i giudici avevano esaminato compiutamente il provvedimento della Prefettura e avevano “esattamente e motivatamente apprezzato il quadro indiziario rinvenibile dalle vicende giudiziarie” dei titolari. Inoltre, avevano constatato “la mancata adozione delle richieste misure organizzative e gestionali volte a garantire una effettiva separazione gestionale dei due nuovi trust rispetto alla proprietà”. In particolare, il Consiglio di Stato nella sentenza di un anno fa era giunto alla conclusione che “la costituzione dei Trust non aveva di fatto modificato i profili di ostatività che avevano dato luogo all’originaria interdittiva”, visto che “i predetti rapporti di natura parentale si collocano in un intreccio di interessi economici e familiari, che consentono di desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti capaci di favorire l’infiltrazione mafiosa nelle diverse imprese considerate”. In sostanza – spiega il giudice nella sentenza odierna – la Sezione aveva effettuato “un giudizio di insieme che involgeva l’intero asset delle società in rilievo”, e aveva concluso che “non potesse riconoscersi un’effettiva separazione gestionale dei due nuovi TRUST rispetto all’originaria proprietà”. Questo esame aveva portato alla luce “plurimi e convergenti indizi di possibili infiltrazioni e condizionamenti che, in una sorta di ‘effetto domino’, derivante non solo dai rapporti familiari ma anche da quelli proprietari e gestionali, si propagano a tutte le società facenti parte dei due TRUST”. rg/AGIMEG