I Comuni devono motivare adeguatamente i provvedimenti con cui adottano fasce orarie per il funzionamento delle slot, e questo obbligo riguarda anche gli atti entrati varati prima dell’Intesa firmata nel 2017 da Governo e Regioni. Lo afferma la Prima Sezione del Consiglio di Stato nel parere con cui accoglie il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica intentato dalla Hippogroup per far annullare il regolamento adottato dal Comune di Vinovo nel novembre 2016. Questo provvedimento impone di spegnere le slot per 16 ore al giorno dalla mezzanotte alle 14, e poi dalle ore 18 alle 20. La Hippogroup ha sollevato diverse censure, in particolare ha fatto però leva sul difetto di motivazione, ottenendo anche il sostegno del Ministero dell’Economia. Quest’ultimo ha spiegato che “Le motivazioni genericamente addotte nel preambolo della delibera non sembrano supportate da adeguata istruttoria in ordine all’effettiva necessità di una fascia oraria di utilizzo così ridotta; né si fa espresso riferimento alle caratteristiche del territorio comunale, alla popolazione e al numero di persone colpite dalla problematica della dipendenza dal gioco d’azzardo”. Il Consiglio di Stato ricorda quindi che già con un altro parere dell’aprile 2020 aveva riconosciuto “La necessità che misure fortemente restrittive dell’attività di impresa siano supportate da adeguata e puntuale istruttoria – anche in un settore, quale quello in esame, in cui possono venire in considerazione effettive esigenze di tutela della salute pubblica“. Quel caso riguardava delle fasce orarie adottate successivamente all’Intesa Stato Regioni del 2017 (per lpesattezza la deliberazione del Consiglio comunale di Monza n. 76 del 2 luglio 2018). Ma questa esigenza “costituisce espressione di princìpi generali dell’azione amministrativa e va senz’altro ribadita anche con riguardo a determinazioni, come quella impugnata con il presente ricorso, adottate anteriormente alla stipulazione di tale Intesa”. E i giudici di Palazzo Spada concludono che “Nel caso di specie la determinazione impugnata, che vieta il funzionamento dei predetti apparecchi per 16 ore al giorno, non dà alcun conto di adeguati approfondimenti istruttori che giustificassero l’adozione di tale stingente misura restrittiva in relazione alle specifiche esigenze della collettività locale”. lp/AGIMEG