Il titolare di un’attività di gioco e il proprietario di una società noleggiatrice di apparecchi da intrattenimento ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato contestando il regolamento del Comune di San Prospero, in provincia di Modena, riguardante la limitazione degli orari di funzionamento delle slot e conseguentemente viene richiesto un risarcimento danni per il mancato guadagno.
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che “nell’ipotesi di specie, essendo la gravata ordinanza diretta a limitare gli orari di esercizio dei soggetti titolari di autorizzazione ex art. 86 e 88 T.U.L.P.S. per l’esercizio del gioco lecito, la titolarità dell’interesse legittimo, anche in chiave di reazione processuale, non può che intendersi spettante ai soli soggetti titolari della predetta autorizzazione, non potendo per contro rilevare nei rapporti con la P.A. – né in un’ottica sostanziale, né in un’ottica processuale – il distinto diritto soggettivo alla compartecipazione agli utili discendenti dai contratti stipulati dall’impresa”.
“Ciò posto – prosegue il CdS -, deve rilevarsi come la domanda risarcitoria non sia in ogni caso fondata, stante la mancata allegazione e prova da parte degli appellanti di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana in capo al Comune ed in primis l’assenza di prova in ordine alla spettanza del bene della vita”.
“L’unica censura articolata da parte appellante che in qualche modo potrebbe postulare la “spettanza del bene della vita” ovvero l’esercizio del gioco senza i limiti orari prescritti dalla gravata ordinanza è quella relativa all’irragionevolezza della stessa, per avere fissato i predetti limiti orari anche in relazione agli apparecchi ex art. 110 comma 7 lettera a) TULPS; detta censura peraltro non può intendersi in alcun modo connessa con la pretesa risarcitoria spiegata nell’odierna sede, relativa solo ai minori introiti delle giocate derivanti dagli apparecchi AWP e dagli apparecchi VLT ubicati nella sala di cui è causa, che rientrano negli apparecchi ex art. 110 comma 6 del TULPS”.
Infine, il Consiglio di Stato afferma che “è convincimento del Collegio che, sulla scia della giurisprudenza amministrativa più recente e con specifico riferimento al contenuto dell’Intesa del 7 settembre 2017 relativo al limite orario massimo giornaliero di interruzione del gioco lecito, dette previsioni costituiscano parametri, condivisi dai vari livelli di governo rappresentati in Conferenza Unificata, di valutazione della adeguatezza e proporzionalità delle misure eventualmente adottate in materia con le ordinanze sindacali di cui all’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000 rispetto allo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini ed, in particolare, dei minori a fronte del fenomeno del gioco d’azzardo patologico”.
Per questi motivi il Consiglio di Stato rigetta il ricorso e conferma la legittimità dei limiti orari fissati dal Comune emiliano. ac/AGIMEG