Chi istalla una scheda con il software di una slot o di un altro gioco d’azzardo all’interno di un normale videogame commette una frode e non una frode informatica. Lo afferma la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, affrontando i ricorsi dei titolari di una società di noleggio di apparecchi bolognese che attuava diversi raggiri per incrementare i propri introiti. In alcuni casi, inseriva nelle normali slot degli abbattitori (i congegni che inviano alla rete di controllo dati fasulli sulle giocate incassate) in modo da versare una quota minore di prelievo erariale. In questo caso è corretto parlare di frode informatica. Ricorre invece la semplice frode quando si istalla una seconda scheda – quella appunto che consente di giocare a slot e roulette – in un normale videogame, dal momento che non si può dire che il sistema informatico venga manomesso in qualche modo. In realtà viene istallato un secondo sistema, che si sostituisce a quello originario . “Non è vero” spiega la Suprema Corte “che il sistema continua a funzionare ma, appunto, in modo alterato rispetto a quello programmato, bensì funziona o l’uno o l’altro sistema perché si collegano allo stesso video diversi computer”. Per rafforzare il fatto che in questo casi ci si trivi di fronte a “due sistemi diversi, non dell’uno “alterato”, la Corte ricorda che il sodalizio aveva in progetto di sviluppare il raggiro con nuove modalità: “l’hardware illegale andava installato fisicamente altrove (quindi non più doppia scheda nello stesso ambito spaziale) e il suo flusso al display andava effettuato via rete senza fili”. Oltretutto, “anche a ritenere che tale installazione di seconda scheda realizzi una alterazione del funzionamento del sistema, il reato di frode informatica va escluso in quanto presuppone sempre, nelle sue varie condotte, la altruità del sistema o dei dati sui quali il reo interviene”. E la Cassazione conclude: “il meccanismo individuato realizza il tipico meccanismo della truffa: con un artifizio è stata creata una slot-machine per poter esercitare il gioco di azzardo in danno, fra l’altro, della pubblica amministrazione non venendo versato con tale meccanismo la quota di spettanza dell’ente del “prelievo erariale unico”. rg/AGIMEG