Senato, Nannicini (PD): “Lo Stato dovrà dirci chi tornerà per primo a lavorare e come dovrà farlo”

“Dobbiamo metterci in un orizzonte di programmare e disegnare interventi in un arco temporale lungo di almeno dodici mesi, durante il quale lo Stato dovrà fare molte cose: ci dovrà dire chi tornerà per primo a lavorare, come lavorerà, come si muoverà. L’intervento dello Stato in questa transizione difficile sarà invasivo, per questo dobbiamo avere un’unica ossessione: che sia semplice, trasparente e innovativo, perché i costi di questa invasività non possono ricadere su chi lavora e sulle imprese che ripartiranno. Dobbiamo anche abbandonare le ricette, gli strumenti e anche le bandierine politiche del passato, perché oggi in questa transizione non ci serviranno. Faccio qualche esempio su tre punti: sicurezza del lavoro, garanzia del lavoro e garanzia del reddito. Sulla sicurezza del lavoro, via via che ripartiremo a scaglioni, occorrerà dettagliare meglio nuovi protocolli, calati sulla realtà delle nostre imprese anche sulla disponibilità di tutti gli strumenti che permettano alle nostre imprese di reiniziare a lavorare in sicurezza e individuando anche norme che specifichino con chiarezza le responsabilità di datori e lavoratori in questa fase difficile, perché di nuovo non sarebbe perdonabile scaricare su datori di lavoro e lavoratori i limiti dello Stato: è giusto che ognuno si assuma le proprie responsabilità, ma per applicare i protocolli le imprese devono essere in grado di avere gli strumenti necessari”. E’ quanto ha detto il senatore Tommaso Nannicini (PD) in Aula al Senato in occasione dell’Informativa del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Catalfo sulle iniziative di competenza del Ministero per fronteggiare l’emergenza epidemiologica del Covid-19. “Il secondo punto è la garanzia del lavoro. Ci sono settori ai quali diciamo di stare fermi e ce sono altri che purtroppo stanno fermi perché non c’è domanda. Ma ci sono anche settori dove la domanda di lavoro c’è e che ripartiranno sempre di più; in questa fase di transizione di economia della separazione, in cui il distanziamento sociale non sarà rigido come oggi, ma sarà comunque parte del nostro modo di consumare e vivere, ci saranno alcuni settori che avranno una forte domanda di lavoro. Noi dobbiamo permettere loro di intercettarla”, ha aggiunto. “Dobbiamo permettere a chi ha un beneficio di cassa integrazione di lavorare in costanza di rapporto senza perdere integralmente il beneficio di cassa, per testare nuove esperienze nel mercato del lavoro e trovare nuove opportunità. Dobbiamo investire su politiche attive; dovremo mettere al centro anche di questa fase di transizione le politiche attive e della formazione, perché non sarà facile spostare lavoratori e riformarli per accompagnarli là dove la domanda di lavoro ci sarà e ci sarà per prima. Lo dico tra parentesi: in questo compito sarà necessaria una regia nazionale e sarà importante che l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) abbia una guida forte e a tempo pieno. Questa situazione va risolta in un modo o nell’altro, a mio avviso, rapidamente. Il terzo e ultimo punto è la garanzia del reddito. Su questo si sono concentrati i primi interventi emergenziali del Governo, giustamente. Proprio perché la transizione sarà lunga, dobbiamo dare certezza su quelli che saranno gli strumenti di garanzia del reddito in questo periodo, non con un decreto al mese, con platee che cambiano e cifre che ballano, spesso leggendole sui giornali e con professionisti ed imprese che messaggiano i parlamentari su cosa succederà nel prossimo decreto. Noi dobbiamo lasciarci alle spalle una cassa integrazione con quattordici strumenti e con procedure ancora troppo barocche, diverse da Regione a Regione, da settore a settore, da banca a banca. I bonus non raggiungono tutte le platee, nonostante gli sforzi, con il Fondo per il reddito di ultima istanza, di raggiungere residualmente le platee non coinvolte, e danno benefici orizzontali e non progressivi a quelle platee mentre, se la transizione sarà lunga, noi abbiamo bisogno che queste risorse vadano lì dove occorrono, dove i redditi sono più bassi e dove il calo di attività si è fatto sentire di più. Ci sarà da rafforzare la garanzia del reddito per i disoccupati, che sono al momento la categoria lasciata più indietro dai primi interventi emergenziali. Dunque, ammortizzatori sociali per i disoccupati; ammortizzatori sociali in costanza di rapporto semplificando la cassa; ammortizzatori sociali per gli autonomi, anche questo è stato detto, stabilizzando e rendendo progressivi i benefici e liberando le risorse delle casse previdenziali. Non è pensabile che quando le casse previdenziali investono risorse che vengono dai contributi dei professionisti e sbagliano investimento, questo non sia indebitamento netto mentre se li investono bene, e hanno dei rendimenti, che tali rendimenti non possano servire per fare welfare allargato che permetta ai professionisti e alle casse di vivere”, ha concluso. “Ci troviamo a vivere uno dei momenti storici più drammatici per l’economia nazionale e mondiale, occorre agire con freddezza per raggiungere quegli obiettivi che sono stati chiari fin da subito a questo Governo: difendere il lavoro, sostenere le famiglie e la liquidità delle imprese, agire sul versante fiscale, sbloccare buoni investimenti pubblici”, ha aggiunto Matrisciano (M5S). cdn/AGIMEG