Senato, l’audizione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Minenna. Ecco il testo integrale

“Innanzitutto ritengo importante illustrare in tutta la loro estensione le rilevanti funzioni accudite dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli nella cornice dei propri compiti statutari, anche ricorrendo ad esempi concreti che possano fornirne una plastica rappresentazione. In materia di accise, l’Agenzia esercita un controllo capillare sui prodotti energetici che spazia dalle raffinerie, ai depositi autorizzati, fino al singolo distributore di benzina; per quanto riguarda i tabacchi, il monitoraggio parte dai depositi delle grandi multinazionali e arriva sino alle singole rivendite, finanche disciplinando le ferie dei tabaccai, così da garantire una distribuzione ininterrotta ed efficiente sull’intero territorio dello Stato. Nel settore dei giochi, l’Agenzia è autorità di regolazione del settore attraverso la predisposizione e il monitoraggio delle concessioni e la vigilanza e il coordinamento sulle attività dei relativi titolari e dell’intera filiera commerciale del gioco lecito, con l’esercizio di rilevanti poteri di surveillance e di enforcement. Sul tema dei controlli doganali, riscuote i dazi e gli altri tributi all’importazione, quali l’iva e l’accisa, ed ha la responsabilità di accertare, reprimere e prevenire gli illeciti, spesso di notevole rilevanza penale, riguardanti le merci e la valuta. Nell’ambito delle proprie competenze l’Agenzia è l’interlocutore di riferimento della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, del DIS, della DIA e delle Procure della Repubblica presenti sul territorio, le quali dispongono, anche direttamente, del personale dell’Agenzia, il quale riveste, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, la qualifica di polizia giudiziaria”. E’ quanto si legge nell’Audizione nell’ambito dell’esame dell’Affare assegnato n. 573 “Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2020-2022” del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Minenna. “Nell’ambito dei poteri attribuiti all’Agenzia dalla fonte legislativa istituiva, il decreto legislativo n. 300 del 1999, numerosi sono gli ambiti afferenti a materie devolute ad altri Ministeri; si pensi ai porti, nei quali, per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Agenzia interviene sul territorio, svolgendo un importante ruolo di coordinamento, fortemente orientato alla modernizzazione e della digitalizzazione del sistema portuale. In sinergica relazione con il Ministero della Salute, l’Agenzia garantisce, dentro e fuori dagli spazi doganali, che la libera circolazione delle merci si coniughi con la piena salvaguardia della salute pubblica; emblematico di tale impegno è stato lo sforzo profuso, mediante apposite e innovative procedure, durante l’emergenza epidemica, la cui infausta parabola ha portato a emersione l’elevato profilo istituzionale dell’Agenzia, dei suoi funzionari e dei suoi laboratori chimici, gli unici nell’Unione Europea ad asseverare i propri controlli con referti aventi valore di fede pubblica. I nostri chimici hanno verificato con grande diligenza e perizia il rispetto delle regole poste a presidio della salute pubblica, affrontando, ad esempio, il problema della tossicità delle mascherine e degli altri dispositivi di protezione individuale, esaminandone requisiti strutturali, carica batterica e conformità alle certificazioni esibite, rilevando nei propri scrupolosi controlli di laboratorio numerose difformità e violazioni delle disposizioni unionali e nazionali. La provenienza extra-unionale di gran parte di tali indispensabili presidi ha reso necessario verificarne la qualità sotto vari profili, impedendone l’ingresso indiscriminato nei confini dell’Unione europea e consentendo al contempo a circa 3 miliardi di mascherine di raggiungere gli ospedali e i consumatori finali in condizioni di sicurezza sull’intero territorio dello Stato. Delicati spunti investigativi sono emersi a seguito delle analisi condotte dalle nostre strutture antifrode in relazione a soggetti intenti a eludere tali scrupolosi controlli, tramite l’introduzione del materiale sanitario in scali doganali dell’Unione europea meno temuti di quelli italiani, trasportandolo, poi, nel nostro Paese su gomma o su rotaia, in elusione dei controlli frontalieri previsti in caso di ingresso diretto tramite le dogane portuali e aeroportuali. l’Agenzia si è contrapposta a tali attività elusive con azioni di contrasto parallele a quelle attuate negli spazi doganali, opponendosi efficacemente al tentativo di bypassare i controlli doganali sul materiale sanitario di contrasto al COVID. Di rilievo è anche l’interoperatività espressa con il Ministero della Difesa; l’Agenzia si occupa, ad esempio di garantire le attività doganali che riguardano gli F35 in riferimento alla componentistica e ai punti di trasformazione”, continua. “In materia di gioco pubblico, l’Agenzia coordina il CoPreGi, il Comitato per la repressione del gioco illegale individuato come strumento di vigilanza e intervento sul territorio nazionale e di coordinamento fra tutte le Forze di polizia impegnate in tale rilevante obiettivo strategico. La poliedrica natura dell’Agenzia emerge con palmare evidenza dall’esame dei dati e delle analisi esposti nel Libro Blu, scaricabile dal sito istituzionale dell’Agenzia, al quale sia consentito fare rimando, non senza precisare che l’Agenzia, oltre a essere il braccio operativo e tecnologicamente avanzato dell’Amministrazione finanziaria nei settori di riferimento è anche un Corpo dell’apparato statale da sempre titolare di importanti riconoscimenti, la cui speciale considerazione è emblematicamente espressa in una disposizione risalente al 1957, ribadita in un successivo decreto del Presidente della Repubblica del 1961, che ammetteva i soli funzionari doganali al privilegio di esporre, sulle proprie uniformi e i propri berretti, lo stemma della Repubblica, per la evidente ragione, ben riassunta nella relazione illustrativa di quella norma, che quando una persona varca il nostro territorio nazionale incontra, come primo interlocutore istituzionale, un funzionario delle Dogane, al quale è demandato il compito di dare il primo segno evidente della presenza dell’Autorità e del presidio dello Stato sul territorio nazionale. L’Agenzia è quindi un segmento del tutto peculiare della Pubblica Amministrazione; e non è un caso che più del 60% del suo personale non si sia avvalso, nei mesi della pandemia, dello smart working; non certo per velleitaria imposizione della sua Direzione Generale, ma per necessità di assicurare gli anzidetti servizi essenziali e altamente strategici presso i porti, gli aeroporti e le altre sedi doganali e assicurare controlli costanti sugli operatori economici. La reperibilità 7 giorni su 7 e l’operatività degli uffici 24h su 24h, rendono non ardito l’accostamento del personale dell’Agenzia a quello dei Vigili del Fuoco o delle altre istituzioni cui si richiede un continuo presidio delle funzioni accudite e una tempestiva risposta a qualsiasi emergenza. Ma tale operatività richiede oltre a conoscenze specialistiche, strumenti logistici e passione, soluzioni legislative coerenti con le sfide da fronteggiare. Ed è partendo da tale innegabile premessa che ho il privilegio di sottoporre al superiore vaglio della Commissione Parlamentare i contenuti di un pacchetto normativo, recentemente proposto al Ministro dell’Economia e delle Finanze, che esercita la vigilanza sull’Agenzia, al fine di favorire una maggiore efficienza dei suoi processi gestionali. Le disposizioni suggerite possono essere suddivise in cinque ambiti tematici, la cui illustrazione non può prescindere da una premessa che guardi retrospettivamente alla legislazione dell’ultimo ventennio”, aggiunge. “Buona parte della normazione sopravvenuta dopo il decreto 300 del 1999, istitutivo delle Agenzie fiscali, sconta, se non un pregiudizio ideologico, un vizio metodologico: quello di includere l’Agenzia nel novero delle altre pubbliche amministrazioni e delle norme loro dirette, trascurandone l’originaria vocazione ad essere qualcosa di diverso da un ministero. Pur volendo escludere che tale processo sia dipeso da un ripensamento consapevole del “modello agenzia” e dall’abdicazione ai vantaggi che esso procura in termini di efficienza, dinamismo, aderenza al contesto economico e separazione tra politica fiscale e gestione del rapporto tributario, si pone oggi l’esigenza di una manutenzione straordinaria dell’assetto normativo che corregga la traiettoria imprecisa di taluni interventi. Tra le disposizioni che richiedono un riallineamento, cito per prima quella che disciplina il Comitato di gestione, anche in riguardo al ruolo apicale affidato a tale organo che condivide, con il Direttore Generale dell’Agenzia, la responsabilità della sua governance. In questo momento tale organo opera con soli tre membri rispetto ai cinque previsti, giacché gli altri due, seppure individuati e sottoposti al vaglio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, trovano un ostacolo alla propria nomina in una singolare clausola legale, frutto di stratificati vincoli legislativi: quella di dover essere designati tra il personale dell’Agenzia in quiescenza da non più di un anno. Sebbene sia scontata la stima e la gratitudine verso il personale dirigenziale cessato dal servizio, si è preferito soprassedere sulla soluzione suggerita da tale disposizione legislativa, in attesa di un auspicato intervento normativo che allarghi la platea dei possibili candidati, al fine di includervi soggetti integrati nella vita dell’ente e, quindi, capaci di concorrere al governo dell’Agenzia con un maggiore dinamismo e in termini maggiormente partecipativi. Passando dal vertice dell’ente alle sue articolazioni territoriali, vi è un argomento, apparentemente minore, riguardante il ruolo dell’Agenzia negli spazi portuali, sul quale ho raccolto molte segnalazioni nelle visite istituzionali: siamo l’unico Corpo a circolare nei porti con vetture munite di targhe civili anziché dedicate. In precedenza esisteva la targa “Dogane”, ma il relativo riferimento normativo è venuto meno a seguito di qualche rimaneggiamento disattento della relativa disposizione, sebbene i Prefetti presenti sul territorio segnalino come gli spazi aeroportuali, insistendo su aree assai vaste, richiederebbero maggiori standard di sicurezza, limitando l’ingresso di vetture sprovviste di targa istituzionale. Vi è poi il tema della “quota dirigenti”. Tralasciando gli aspetti di dettaglio, il problema è riassunto nella circostanza che il Direttore Generale dell’Agenzia, entro il mese di aprile, rischia di dover dirigere ad interim otto Direzioni di prima fascia dell’Agenzia, sia centrali sia periferiche. Occorrerebbe dunque ripristinare l’originario impianto normativo e consentire al Direttore Generale dell’Agenzia di effettuare le nomine necessarie a dirigerla, seppure nel rispetto dell’invarianza di spesa suggerita dall’attuale momento storico, gestendo con maggiore autonomia le risorse disponibili, in coerenza con la struttura del bilancio dell’Ente, che è redatto secondo regole civilistiche proprio per assecondare evidenti esigenze di elasticità finanziaria e di adattamento alle sfide contingenti. Vi è poi tema dei costi detti tax gap in materia di accise e di operatività doganale. Personalmente preferisco parlare di “evasione fiscale”. Sui depositi fiscali, per una serie di interventi normativi inadeguati, diviene oggi difficile esercitare il controllo delle relative volture e della loro inattività. In pratica, il carburante di frodo entra sul territorio della Repubblica e finisce, sovente, nelle cosiddette “pompe bianche”. L’Agenzia ha effettuato, al riguardo, un’importante operazione, di circa 300 milioni di euro di imposte evase nell’ultimo periodo solo nel territorio del Lazio. Con interventi normativi apparentemente ispirati a esigenze di semplificazione e devoluzione, negli anni passati è stato introdotto un vulnus nel sistema delle accise e delle autorizzazioni, con conseguente depotenziamento dell’Agenzia. Abbiamo già affrontato l’argomento con il Ministero delle sviluppo economico e con il Ministero degli affari regionali e abbiamo approntato un intervento normativo che potrebbe condurre a benefici fiscali che valgono 2 miliardi di euro, semplicemente ripristinando l’ordine esistente nel precedente sistema di governance del processo delle accise sui carburanti. Vi è poi il tema del tax refund, cioè il cittadino non italiano che compra e va poi in aeroporto per chiedere il rimborso dell’IVA. Anche in questo caso le norme si sono accavallate in modo confusionario. Serve una vigilanza amministrativa sull’elenco previsto dal Testo Unico bancario e l’istituzione di poteri regolamentari e di vigilanza ispettiva in capo all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che attualmente può disporre soltanto controlli antifrode. La questione ha un elevato significato strategico giacché, a seguito di controlli del servizio antifrode dell’Agenzia, è stato possibile ricostruire uno schema di evasione in cui si acquista tanto materiale di qualità e di lusso nelle nostre bellissime città e, poi, magari, in aeroporto o nel porto, i soggetti coinvolti arrivano e simulano una spedizione ma, in realtà, i beni acquistati vengono immessi in consumo in Italia. Solitamente dietro tali condotte c’è anche dell’altro: organizzazioni qualificate dall’Autorità giudiziaria come associazioni a delinquere, che anticipano il costo del volo intercontinentale. Si può immaginare quali opportunità illecite fornisca la Brexit nel momento in cui un biglietto aereo di poche decine di euro consente di organizzare questo tipo di operazioni. È un tema che affronta un mercato che vale 5 miliardi di euro di entrate; la stima di questo tax gap non è agevole, ma abbiamo fatto delle ipotesi che ci portano a ipotizzare cifre a 9 zeri. Ci sono, poi, questioni piuttosto importanti sul tema dei tabacchi e prodotti assimilati, tra i quali, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione, i prodotti derivati da canapa sativa. Esaminando la disciplina che riguarda i tabacchi da inalazione, quelli senza combustione, i prodotti accessori, le cartine, le sigarette elettroniche e i predetti derivati da canapa, emerge che lo Stato italiano, negli anni, spinto dall’esigenza di contrasto al contrabbando, ha realizzato un sistema di regulation sui tabacchi, in particolare quelli distribuiti dai tabaccai, veramente efficace. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, quando prende in esame un pacchetto di sigarette o un sigaro, può stabilire dove viene prodotto, come viene trasportato, dove va a finire e, tramite i suoi laboratori, qual è la sua composizione chimica, verificando addirittura se c’è un aroma caratterizzante diverso da quelli tipici e intervenendo con poteri molto significativi dal punto di vista della vigilanza e dell’enforcement, anche nella fase del packaging e nella apposizione delle immagini inserite sulle confezioni per dissuadere gli utenti dal consumo. Ma se si esce furi da questo circuito collaudato, emergono rilevanti criticità. Senza entrare nel merito della fiscalità, la cui gestione è rimessa agli organi di indirizzo politico ed esula dall’ambito valutativo dell’Agenzia, segnalo che la gestione dei tabacchi si incentra sostanzialmente su un sistema di istituti e regole: deposito fiscale, punto di vendita autorizzato, prezzo imposto, sistema delle accise, transito, franchigia doganale. La tracciatura del prodotto, in questo sistema, è molto puntuale e la descrizione del relativo apparato normativo ha infatti richiesto, nella recente predisposizione di una nota tecnica del quadro sinottico di sintesi fornito al Ministro, l’inserimento di ben 350 note a piè di pagina. Purtroppo per i settori assimilati non è così: mancano nel puzzle i tasselli che dovrebbero consentire all’Agenzia di poter conoscere cosa viene venduto e distribuito; sebbene il tema si incroci con quello della salute pubblica, questo sotto-sistema ha molte falle. Il risultato è che non c’è la piena governance del settore e questo vuol dire, quindi, che non può escludersi l’elusione fiscale o altre forme di immissione in consumo da parte di soggetti non autorizzati che utilizzano meccanismi di e-commerce irregolari. Nel caso, poi, dei prodotti derivati da canapa sativa, si autorizza il punto di vendita ma non si ha la cognizione di quello che viene venduto, diversamente da quanto avviene nelle rivendite di tabacchi. Sono state dunque elaborate norme che oltre a consentire, a invarianza di aliquota, un probabile recupero fiscale dai 100 ai 500 milioni di euro, permetterebbe di ricondurre il fenomeno sotto le regole generali, attuando un levelling the playing field sul settore, tale da garantire identiche attività di surveillance e enforcement. Vi è, poi, il tema dei beni sequestrati, in primo piano per l’Agenzia in quanto correlato ad attività che essa svolge sistematicamente. Quando l’emigrante arriva al porto di Lampedusa o a Linosa, ad esempio, abbandona l’imbarcazione e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deve provvedere al suo smaltimento, rispettando tutta una serie di requisiti di sicurezza. Ma il fenomeno di cui stiamo parlando non ha caratteri di eccezionalità, in quanto abbiamo più di mille mezzi sequestrati tra autovetture di diverso calibro, imbarcazioni, aerei, senza contare due elicotteri in arrivo nonché la gestione di tutte le merci abbandonate e dei tabacchi sequestrati e custoditi nei depositi per circa tremila tonnellate. Non possono dunque essere dei provvedimenti di urgenza emessi dal Direttore dell’Agenzia, tramite affidamenti diretti, a costituire lo strumento per affrontare il problema in via ordinaria. Serve uno strumento stabilmente deputato a tale esigenza, ossia una società in house dell’Agenzia, che agisca alla stregua di una sua articolazione organica ma con le prerogative dell’impresa privata, secondo il classico modello di servizio adottato presso gli enti territoriali, consentendo una gestione flessibile di questa attività. Sul tema dei giochi, poi, il ragionamento è molto complesso ma è possibile fornire alcune indicazioni di massima. Preliminarmente occorre porre in disparte il tema riaffiorato durante il lockdown, e spesso mal posto, se il gioco sia giusto o sbagliato e quale debba essere la reazione dello Stato alle ludopatie. Il compito dell’Agenzia, infatti, non è avere una propria idea politica ma applicare le regole che vengono definite dagli organi legislativi. C’è invece un problema legato alla compresenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, titolari di potestà legislative e regolamentari concorrenti, il cui esercizio, allorché non coordinato, ha posto difficoltà gestionali rilevanti. Si pone il problema di come procedere al rinnovo delle gare per il rinnovo di concessioni risalenti negli anni a fronte di sopravvenute disposizioni locali che inibiscono il gioco lecito. In breve, oggi, per l’80% dei punti di gioco in regime di concessione posti sotto l’egida dell’Agenzia, si pone un problema di contrasto con disposizioni nel frattempo emanate dagli enti territoriali. Ciò comporta evidenti criticità nella gestione delle concessioni o del loro rinnovo per via di un vincolo normativo sopravvenuto a posteriori nel territorio di riferimento. Abbiamo quindi concessioni in scadenza o scadute in relazione alle quali non si può prevedere un nuovo bando e a nuove assegnazioni. La questione pone poi ulteriori profili di criticità in considerazione dei tempi di svolgimento delle gare, dei differimenti di termini e dei rallentamenti determinati dall’emergenza COVID e dal lockdown. Da qui l’esigenza di proporre una proroga per i mesi necessari a ridefinire l’assetto normativo, tramite una delega che consenta di scrivere un testo unico dei giochi e razionalizzare il settore, così da effettuare le gare necessarie a una sua ripartenza ordinata. E questo è fondamentale anche per garantire un adeguato gettito fiscale, atteso che le concessioni scadute e non rinnovabili comportano la perdita dei relativi introiti erariali, inclusi quelli di cui lo Stato aveva previsto il conseguimento prima di tali misure regionali o comunali restrittive. Sul tema è anche intervenuta la magistratura amministrativa, come nel caso di una concessione non rinnovata, in relazione alla quale il TAR competente ha invece disposto la proroga della concessione con motivazioni legate all’emergenza COVID; ma non è possibile demandare al potere giurisdizionale soluzioni di sistema, né ignorare quali siano i tempi richiesti nel nostro ordinamento per gestire una gara, dati i noti vincoli legali e procedurali che prescindono dalle capacità e dalle competenze dell’Agenzia. Prevedere 36 mesi di proroga vuol dire dare il tempo al Legislatore e all’Agenzia di rimettere in ordine – auspicabilmente con ampia direzionalità – il settore, trovando un meccanismo di sintesi e coordinamento tra le competenze legislative concorrenti che consenta di restituire efficienza anche a questo settore. Questa rapida sintesi ha inteso fornire solo una panoramica di alcune questioni più significative; ma altre ve ne sono sulle quali l’Agenzia si riserva, con il consueto spirito di leale collaborazione verso gli Organi legislativi, di fornire ogni eventuale approfondito contributo”, conclude. cdn/AGIMEG