Scommesse: vince 124.000 euro con più giocate ma non viene pagato. La Cassazione respinge il ricorso dell’operatore: “Per annullare vincite con giocate frammentate va provato il dolo del giocatore”

La Corte di Cassazione ha emesso una decisione in merito a una controversia che opponeva una società di scommesse e un soggetto che richiedeva il pagamento di vincite ottenute attraverso giocate frammentate. La vicenda, iniziata presso il Tribunale di Spoleto e successivamente esaminata dalla Corte d’Appello di Perugia, ha visto un nuovo capitolo con il pronunciamento della Cassazione, che ha respinto il ricorso della società.

La disputa aveva preso le mosse da una richiesta di risarcimento presentata dal soggetto per un importo pari a circa 124.000 euro, corrispondente alle vincite accumulate nel corso di alcune scommesse. La società aveva contestato la validità delle giocate, sostenendo che fossero state frammentate in modo da aggirare i limiti previsti dal proprio regolamento interno.

Il Tribunale di Spoleto aveva inizialmente accolto la domanda del ricorrente, riconoscendo la validità delle scommesse. La Corte d’Appello, pur ravvisando la frammentazione delle giocate come violazione regolamentare, aveva escluso la sussistenza di dolo da parte del soggetto, ritenendo che non fosse dimostrabile un intento preordinato a eludere i controlli della società. Per questo, aveva ridotto l’importo spettante al cittadino a circa 72.000 euro.

Nel ricorso, la società ha denunciato presunti vizi nella motivazione della sentenza di appello, ritenendola contraddittoria. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato le obiezioni, affermando che le motivazioni espresse dai giudici d’appello, pur non condivisibili da tutte le parti, non presentano contraddizioni tali da rendere invalida la sentenza.

Inoltre, la Cassazione ha ribadito che, per dichiarare nulle le giocate, non è sufficiente accertare l’irregolarità formale, ma è necessario dimostrare anche l’esistenza di un intento doloso e concertato per aggirare i controlli aziendali. La sentenza conferma l’importo stabilito dalla Corte d’Appello, chiudendo così il contenzioso in via definitiva. ac/AGIMEG