I giudici tributari hanno riconosciuto legittimi gli accertamenti effettuati dai funzionari dei Monopoli nei CTD Stanley, e hanno condannato i centri in questione al pagamento dell’imposta sulle scommesse raccolte. E’ in sostanza questo il motivo che ha spinto il Tribunale di Torino a respingere la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal bookmaker anglo-maltese contro i funzionari che avevano firmato il verbale di accertamento. Secondo la Stanley, dopo le sentenze della CGE che hanno riconosciuto discriminatorie le gare per il rilascio delle concessioni, i funzionari dell’ADM dovrebbero disapplicare la normativa italiana in favore di quella comunitaria, e quindi non dovrebbero emettere avvisi di accertamento nei confronti dei CTD. Ogni comportamento contrario sarebbe viziato da colpa grave, il funzionario – sempre secondo la Stanley – sarebbe pertanto tenuto a risarcire il danno cagionato sia al centro che al bookmaker. Il giudice civile obietta però che “In relazione a almeno due degli avvisi di accertamento ritenuti illegittimi dalla Stanleybet, la competente commissione tributaria dinnanzi alla quale gli stessi sono stati impugnati, ha integralmente respinto i ricorsi proposti statuendo la piena legittimità degli accertamenti”. In particolare la Commissione Tributaria di Torino, nel 2014, ha affermato che al CTD vada riconosciuto un ruolo di “gestione del gioco, fornendo servizi di vario genere (rappresentando i bookmaker stranieri, fornendo informazioni sulle quote o sui moduli per trasmettere le scommesse all’estero) partecipando al rischio di impresa in quanto vengono remunerati in base alla quantità delle scommesse accettate e alla loro tipologia”. Ancora, “anche secondo la giurisprudenza della Corte Europea il CTD è gestore, ossia un soggetto che agisce in proprio, ma per conto di altri partecipando a una prestazione di servizi, ritenendosi in tal caso che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi in proprio”. La Commissione Tributaria aveva anche sottolineato che i Ctd siano tenuti a versare l’imposta sulla raccolta effettuata, “anche se l’attività è svolta abusivamente, ossia in assenza delle necessarie concessioni”. La soluzione opposta, ha precisato la Commissione, “sarebbe illegittima, sul piano della parità, in quanto l’attività irregolare sarebbe fiscalmente avvantaggiata e sarebbe quindi contraria ai principi di capacità contributiva e di uguaglianza di cui agli artt. 53 e 3 della Costituzione e al principio di libera e corretta concorrenza”. Il Tribunale ordinario, quindi, ricorda che a analoghe conclusioni è giunta anche una Commissione Tributaria di secondo grado, quella Regionale di Roma, la quale ha precisato che ” Il legislatore ha volutamente introdotto un concetto ampio di gestione (…) in ogni caso anche adottando una nozione ristretta è pacifico che in essa rientrino sia la trasmissione dei dati ai bookmaker, sia l’incasso delle somme puntate e il pagamento delle vincite, ma anche la predisposizione di locali e di apparecchiature informatiche, nonché l’invito a scommettere”. Insomma, in più occasioni, il giudice tributario ha “ritenuto pienamente legittimo e doveroso” l’operato degli ispettori dell’ADM, di conseguenza questi ultimi non avrebbero commesso alcuna colpa grave nell’esercizio delle proprie funzioni. gr/AGIMEG