Dopo la decisione storica della CTR Lombardia che ha rinviato la disciplina dell’Imposta Unica sui Concorsi Pronostici e sulle Scommesse alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, “la Commissione Tributaria Provinciale di Rieti ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale condividendo i dubbi della difesa che lamentavano l’illegittimità costituzionale dell’interpretazione AAMS nella parte in cui poneva su un CTD Stanleybet l’onere dell’imposta”, sottolinea l’avvocato Diego Conte. “La Commissione Visto l’art.23 della legge 87/1953 – si legge nel dispositivo – Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, rimette alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale degli art.3 e 4 comma 1,lettera b) numero 3 del D.lvo 504/1998 e art.1 comma 66 lettera b) della Legge n.220 del 2010, in relazione agli art.3,53 della Costituzione,nella parte in cui vengono interpretati come applicabili ai centri di raccolta dati, facendo di questi ultimi dei soggetti passivi della imposta unica sulle scommesse,per i motivi esposti in narrativa. Sospende il giudizio e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della Segreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento”. lp/AGIMEG
Scommesse, Commissione Tributaria Rieti: “Prelievo su CTD viola principi di uguaglianza e di capacità contributiva”
La norma che obbliga al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse dei Ctd collegati a bookmaker esteri viola il principio della capacità contributiva, il principio di uguaglianza, e quelli di proporzionalità e ragionevolezza. E’ quanto afferma la Commissione tributaria Provinciale di Rieti nella sentenza con cui ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale sulla norma del 2010.
I giudici tributari sottolineano sotto il primo profilo che il prelievo nei confronti del ctd “viola il dettato costituzionale, in quanto colpisce un soggetto che non possiede la capacità contributiva individuata dal Legislatore” e che “non ha alcuna possibilità di traslare l’onere su chi la possiede” ovvero lo scommettitore. Il prelievo sulle scommesse – in termini generali – è un’imposta indiretta, “pensata per colpire il consumo della scommessa da parte dello scommettitore”. Il concessionario di conseguenza “non è il soggetto gravato dell’imposta, ma solo colui che materialmente ne versa il gettito all’erario”. Nel caso specifico dei bookmaker esteri, di fatto il soggetto che gravato è il Centro: “Non v’è alcuna norma infatti che consenta o impogna al centro di rivalersi sullo scommettiotire o di effettuare la ritenuta sulle puntate ricevute o sulle vincite versate. Piuttosto la disciplina amministrativa prevede il contrario”. Il centro infatti, sottolinea il giudice tributario, “ricevuta la somma da parte dello scommettitore deve trasmetterla al bookmaker, verso cui ha un obbligo di rendicontazione, così in alcun modo la ricevitoria può traslare sullo scommettitore l’imposta”.
Il prelievo inoltre viola anche il principio di eguaglianza, dal momento che accomuna “situazioni oggettivamente diverse sotto molteplici profili”. Il giudice sottolinea infatti che il bookmaker organizza le scommesse (scegliendo ad esempio gli eventi su cui raccogliere gioco e fissando le quote), mentre il centro “si limita a fornirgli il supporto logistico esterno, mettendolo in contatto materiale con i giocatori”. In sostanza “il bookmaker è parte del contratto di scommessa”, mentre “la ricevitoria si limita a ricevere le schede di partecipazione”. Di conseguenza, il ricevitore insomma non ha la possibilità propria del bookmaker “di incidere la ricchezza dello scommettitore mediante quote meno favorevoli” e di “rinvenire la provvista necessaria all’assolvimento del tributo nelle puntate raccolte”. La Commissione di Rieti sottolinea che alcuni giudici hanno provato a superare questa obiezione ipotizzando accordi specifici tra bookmaker e ctd. Ma simili accordi evidenziano “l’inidoneità della norma a garantire da sola la ragionevolezza della discriminazione”.
Ancora, la norma viola il principio di proporzionalità e di ragionevolezza. In pratica, secondo la Commissione Tributaria, manca un nesso “tra l’obiettivo della norma e i mezzi che il Legislatore ha approntato per il suo raggiungimento, essendo sufficiente per dubitare della sua costituzionalità, il riscontro della sua intrinseca irragionevolezza”. E quindi sottolinea che la legge del 2010 che ha assoggettato a tassazione i Ctd non è idonea a raggiungere gli obiettivi che si era fissata. “Non realizza alcuna equiparazione soggettiva” tra i ricevitori paralleli e quelli in concessione (i primi sarebbero sottoposti a tassazione, i secondi no) e tra bookmaker fuori concessione e operatori autorizzati (in questo caso i primi sono esenti, i secondi versano il prelievo).
Ma i giudici si scagliano anche contro il carattere retroattivo del prelievo: “Se è vero che non sussiste un divieto costituzionale delle leggi extrapenali retroattive, queste soggiacciono però ‘ad un più penetrante scrutinio, a salvaguardia dei fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma’” come aveva già evidenziato la Corte Costituzionale nel 2007. gr/AGIMEG