Operazione All In, gestiva diverse agenzie di scommesse con il sostegno dei clan. Cassazione: c’è solo il concorso esterno, non si può disporre la custodia cautelare in carcere

La Corte di Cassazione annulla la custodia cautelare in carcere disposta dal Tribunale di Palermo nei confronti del titolare di alcune agenzie di scommesse – accusato di concorso esterno in associazione mafiosa – indagato nell’operazione All In. Per la Suprema Corte infatti la misura cautelare non è adeguata all’accusa, sarebbe bastato disporre gli arresti domiciliari. Secondo la ricostruzione effettuata dal Tribunale delle Libertà, l’imprenditore avrebbe contribuito con “un consapevole e volontario apporto al mantenimento della operatività della organizzazione mafiosa in un settore ‘nevralgico’ della economia (quello della raccolta delle scommesse)”; lo stesso imprenditore ne avrebbe tratto beneficio accrescendo “il proprio giro di affari ed il numero delle agenzie oggetto di controllo”. Inoltre, argomenta sempre il Tribunale, l’imprenditore avrebbe mostrato “la capacità mantenere rapporti con diversi esponenti mafiosi, sì da assicurarsi il nulla-osta per l’acquisizione di punti di raccolta delle scommesse”. La Cassazione, sebbene riconosca la necessità di adottare misure cautelari, ritiene la custodia cautelare inadeguata al caso concreto: “il reato di concorso esterno non è assimilabile a quello di partecipazione alla associazione mafiosa ai fini della presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere”. Secondo la Cassazione, il Tribunale ha sbagliato quando ha applicato la “presunzione assoluta in punto di adeguatezza della custodia in carcere”. E invece ha fornito una motivazione “del tutto generica” quando ha disposto la “non applicabilità della misura degli arresti domiciliari”. lp/AGIMEG