Il riordino del settore delle scommesse, il prossimo bando di gara previsto per questa estate e l’annosa questione Enti Locali. Sono i temi trattati in un’intervista rilasciata ad Agimeg da Daniele Ughi, esperto di gaming e concessionario del mondo dei giochi. “Come imprenditore del settore – ha dichiarato Ughi – mi tengo aggiornato e oltre alle notizie di stampa, leggo direttamente i regolamenti comunali proposti o addirittura già adottati e mi preoccupo perché è forte la sensazione che siano interventi umorali e un po’ scollegati dalla realtà. La prima osservazione riguarda la lista dei luoghi sensibili che in alcuni casi include le banche, con il fine di distanziare il potenziale ludopatico dai bancomat. Come noto ai sensi della convenzione firmata dai concessionari di gioco con AAMS, i punti vendita hanno l’obbligo di istallare il terminale bancario POS e possono accettare il pagamento anche tramite tale strumento”. Ma gli stessi regolamenti prevedono anche il divieto di istallazione di Bancomat e collegamenti POS all’interno delle sale giochi e scommesse. “Infatti e quindi si configura il paradosso che in tali Comuni, i concessionari potranno essere sanzionati dal Comune stesso, se ottempereranno a quanto richiesto dalla Convenzione, istallando il POS e successivamente sanzionati anche da AAMS, Ente concedente le concessioni, se lo disinstalleranno in forza della verifica del Comune. Non mi sembra ragionevole. Mi chiedo inoltre se tali Regolamenti siano stati inviati per conoscenza all’ABI i cui associati, le Banche appunto, dovranno d’ora innanzi verificare la presenza di sale giochi e sale scommesse, prima di spostare i propri sportelli bancari o aprirne di nuovi. Sarebbe serio se chi regolamenta prevedesse anche un distanziometro speculare destinato alle Banche. Sempre che non passi il principio che l’agenzia di scommesse non può posizionarsi vicino ad una Banca ma la Banca può liberamente posizionarsi vicino all’agenzia di scommesse! Rispetto alle limitazioni di orario – continua Ughi –, ho visto che in alcuni casi le ordinanze sindacali conseguenti i Regolamenti approvati hanno fissato orari che riducono mediamente del 30% gli attuali. Dalle 10 alle 12 per poi riprendere alle 17 fino alle 23 o comunque interruzioni della vendita per periodi più o meno ampi. Ritengo che si registrerà una riduzione del fatturato nello stesso ordine di grandezza e quindi anche una riduzione dell’occupazione di pari entità, sempre che la sala scommesse o la sala giochi possano mantenere un equilibrio economico nel nuovo assetto e non siano costrette a chiudere. Ma poi diciamo la verità, tutti sanno che oggi attraverso un telefonino o un PC è possibile scommettere, giocare alle slot, alle VLT e puntare al casinò, 24-ore su 24, utilizzando carta di credito, bancomat e strumenti di monetica digitale, senza alcuna delle limitazioni spazio temporali previste dai regolamenti comunali. Mi chiedo anche perché alcuni comuni hanno individuato nelle loro delibere i “gaming point” definendoli testualmente “esercizi ove sono messi a disposizione del pubblico personal computer per il gioco” stabilendo che sono “liberi ed esclusi dal regime amministrativo” dei Comuni deliberanti. Quale gioco? Marzianini e battaglia navale? Speriamo di si. Perché provvedimenti così importanti non usano il nomenclatore ufficiale del mondo dei giochi pubblici? In generale, non ritengo che la strada per combattere le ludopatie sia il proibizionismo, punterei di più su l’informazione, l’educazione e il positivo coinvolgimento dei concessionari. Campagne pubblicitarie istituzionali promosse dal Governo in cui si informano le persone sui segnali di allerta per fare autovalutazione sulla dipendenza da gioco. Sa quelle tipo pubblicità e progresso fatte per stimolare la prudenza sulla strada . Per altro hanno sortito importanti effetti educativi. O ancora, istituire e pubblicizzare un numero verde nazionale a cui rivolgersi in caso di segnali di dipendenza. Si potrebbe prevedere addirittura la possibilità di utilizzare il numero verde da una postazione apposita della sala giochi o dell’agenzia di scommesse. Tutti si impegnano ad inventare provvedimenti complicati e forse, alla lunga, inapplicabili e nessuno pensa agli interventi principali: informazione, educazione e strumenti di facile accesso per chiedere aiuto. Naturalmente anche la razionalizzazione territoriale se concepita con ragionevolezza ha un senso. Vorrei infine chiudere ricordando che comunque per oltre il 95% degli utilizzatori, il gioco è mero intrattenimento senza implicazioni patologiche. Impegnamoci tutti a tutelare quel 5% ma non creiamo i presupposti di una crisi del settore”. es/AGIMEG