Scommesse, Corte di Giustizia: domani la sentenza sulla cessione gratuita della rete

La Corte di Giustizia Europea emetterà domani la sentenza sulla causa Laezza (un ctd collegato a StanleyBet), ovvero il rinvio disposto dal Tribunale del Riesame di Frosinone sulla clausola – inserita nelle convenzioni di concessione – che prevede la cessione gratuita della rete di raccolta ai Monopoli una volta che la concessione scade o viene revocata. La clausola venne prevista da una norma della Stabilità del 2011: in sostanza puntava a evitare che un concessionario decaduto potesse continuare a raccogliere gioco illecitamente continuando a sfruttare la struttura che aveva allestito sotto l’egida dei Monopoli.

Nel caso delle scommesse la clausola – come aveva già anticipato Agimeg, interpellando i Monopoli di Stato – in questi anni “non è stata mai applicata”. Non c’è mai stato un reale interesse a farlo, dal momento che l’unica cosa che Piazza Mastai potrebbe aggredire è “la porzione di rete che collega il concessionario al totalizzatore nazionale”. In altre parole, la clausola va a colpire beni del calibro di una connessione al sistema centrale di controllo e lo spazio sul server Sogei. Una clausola insomma sostanzialmente priva di contenuto, tanto che il Governo, con la nuova Stabilità, ne ha previsto l’abrogazione: “Sono emerse difficoltà oggettive ai fini della concreta attivazione del vincolo, soprattutto nei confronti di eventuali operatori stranieri” si spiega nella Scheda illustrativa.
Anche se oggi è fortemente ridimensionata e vicina al pensionamento, la clausola sul trasferimento sembrava avere una portata ampissima all’epoca del bando Monti del 2012, l’ultima gara espletata per l’assegnazione delle concessioni. Alcuni bookmaker chiesero chiarimenti ai Monopoli che – nei fascicoli con le risposte ai quesiti di gara – affrontarono la questione due volte. La prima volta chiarirono che “L’articolo 25 dello schema di convenzione prevede la cessione del solo uso, non della proprietà o dei diritti di sfruttamento economico dei beni, sia materiali che immateriali, costituenti la rete di gestione e raccolta del gioco per un periodo la cui durata sarà determinata da AAMS nella relativa richiesta di cessione con riferimento ai singoli casi concreti”. La seconda che “rientrano nell’oggetto della cessione dell’uso, e non della proprietà, i beni materiali ed immateriali di proprietà del concessionario che costituiscono la rete di gestione. I criteri di esercizio della devoluzione, compreso il luogo di utilizzo dei beni devoluti, saranno stabiliti caso per caso in relazione alla specificità delle singole fattispecie, e tenuto conto delle finalità di pubblico interesse da perseguire con il minor aggravio per la parte privata, nel provvedimento con cui AAMS chiederà la cessione dei beni ai sensi dell’articolo 25, comma 1, dello schema di convenzione”. In sostanza – in base all’interpretazione che fornì all’epoca Piazza Mastai, e che i bookmaker non hanno mancato di ricordare nei ricorsi finiti alla Corte di Giustizia – la clausola sembrava ricomprendere beni come il brand e il database clienti; i bookmaker ne sarebbero rimasti proprietari, ma i Monopoli avrebbero ottenuto il diritto di sfruttarli. E alcune compagnie hanno quindi sostenuto di non aver partecipato al bando proprio a causa di questa norma.
Nelle conclusioni depositate a fine novembre, l’avvocato generale presso la Corte di Giustizia Nils Wah aveva giudicato la clausola contraria al diritto comunitario: “La previsione di un obbligo di cessione a titolo non oneroso, al momento della cessazione, per qualsiasi causa, dell’attività in concessione, dell’uso dei beni costituenti la rete di gestione e di raccolta del gioco è potenzialmente costitutiva di una restrizione alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi previste dai Trattati e anche discriminatoria, nella misura in cui sia applicabile soltanto ai nuovi concessionari, circostanza che solo il giudice nazionale può verificare”. Tuttavia aveva chiesto anche di respingere il rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Frosinone, affermando che “la richiesta in esame è generica sotto molti profili e ai limiti dell’irricevibilità”.

Occorre ricordare che le conclusioni dell’Avvocato Generale costituiscono un parere autorevole che aiuta, ma non vincola, la Corte nella decisione finale. Inoltre, il Tribunale di Frosinone non è l’unico giudice a aver chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi su questa clausola, anzi si contano diverse decine di rinvii, uno dei quali è stato disposto dalla Corte di Cassazione. I giudizi sono al momento sospesi in attesa della sentenza del prossimo gennaio, la stessa Corte di Giustizia poi deciderà eventualmente se estendere la pronuncia anche agli altri casi. gr/AGIMEG