La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria, respingendo il ricorso presentato da un operatore di scommesse estero e il titolare di un’attività ad esso collegata contro un avviso di accertamento per il mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2014.
La vicenda legale ha avuto inizio con un accertamento da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che aveva contestato ai contribuenti l’omesso versamento dell’imposta prevista per le scommesse raccolte sul territorio italiano. In dettaglio, la Corte ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio italiano, poiché l’attività di gestione delle scommesse, anche da parte di operatori non concessionari, costituisce il presupposto impositivo.
La sentenza ha ribadito che l’imposta unica sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono tali attività in Italia, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti e dalla liceità dell’attività secondo la normativa locale. Inoltre, la Corte ha escluso qualsiasi violazione del principio di parità di trattamento o della libertà di prestazione di servizi, rilevando che non sussistono elementi di discriminazione tra operatori nazionali ed esteri.
Il ricorso era basato su sette motivi, tra cui la presunta violazione del diritto dell’Unione Europea e l’errata applicazione della normativa nazionale. Tuttavia, la Corte ha respinto tutti i motivi, confermando la validità degli accertamenti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la legittimità delle sanzioni applicate. ac/AGIMEG