Scommesse, Cassazione. Estorce giocate alle cassiere di una sala. Nessuna connessione con ludopatia

Minaccia le cassiere di un centro scommesse costringendole ad emettere a suo favore i tagliandi relativi a scommesse facendo apparire come pagato un prezzo in verità non versato e quindi conseguendo l’utilità patrimoniale di partecipare alle scommesse senza aver versato alcun corrispettivo. Per la Corte di Cassazione non è possibile la qualificazione giuridica della fattispecie in termini di esercizio arbitrario delle proprie ragioni facendo ricorso al fatto che si trattava del tentativo di “un giocatore sistematico di sovvertire una tendenza perdente che egli percepiva come ingiustamente rovinoso . Infatti, il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e il delitto di estorsione si distinguono in relazione all’elemento psicologico, poichè nel primo, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, nel secondo, invece, egli persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia. Per i giudici insomma la ludopatia non può essere considerata ‘attenuante’ o motivo delle pretese dell’imputato. lp/AGIMEG