Una pronuncia, favorevole alla UniqGroup LTD, arriva direttamente dalla Corte Suprema di Cassazione, che ha respinto il gravame proposto dalla Procura della Repubblica avverso un’ordinanza di dissequestro emessa dal Tribunale del riesame di Roma. Le censure mosse dall’organo di accusa vertevano sulla presunta violazione di legge in cui sarebbero incorsi i Giudici cautelari nell’annullare una misura reale -di natura probatoria- eseguita dalla Guardia di Finanza (nucleo di polizia tributaria) di Roma in pregiudizio di un C.T.D. associato all’allibratore maltese “BETUNIQ”.
Si trattava, secondo il profilo tracciato dal pubblico ministero nelle argomentazioni a sostegno del proprio ricorso, di beni aventi intrinseca valenza indiziante quali corpo del reato, attraverso cui sarebbe stata posta in essere la condotta (asseritamente) illecita prevista dall’art. 4 legge 401/89. Il provvedimento emesso dal Collegio capitolino era, pertanto, illegittimo e s’invocava il ripristino del vincolo ablatorio. All’udienza camerale tenutasi innanzi alla Terza sezione penale della Suprema Corte (relatore dr. Alessandro Andronio) interveniva l’avv. Domenico Neto a difesa dell’indagato Q. D. e dell’azienda UniqGroup L.T.D., contestando l’assunto avversario del pubblico ministero, essendo innegabile la validità del costrutto motivazionale sviluppato in precedenza dal Tribunale di Roma. Secondo l’avv. Neto, infatti, “l’apparato argomentativo e procedurale -mediante il quale erano state accolte le doglianze difensive dell’azienda maltese innanzi al Collegio del riesame- era immune da profili di illogicità, essendo (per converso) indimostrato il teorema che voleva corroborata, da elementi probatori univoci, la violazione della normativa penale con riferimento al bene sequestrato”. All’esito della camera di consiglio, la Corte Suprema di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal pubblico ministero, confermando l’ordinanza di dissequestro pronunciata dal Tribunale del riesame. cz/AGIMEG