“La dipendenza è la sostituzione della relazione con l’altro con un qualsiasi oggetto. Ciascun individuo sceglie il suo oggetto anche casualmente a seconda di ciò in cui inciampa nella vita e nel corso della crescita. Chi soffre di dipendenza spesso ne ha più una. C’è una fuga dalla relazione con l’altro poiché fa paura, mentre la dipendenza dà l’impressione di controllare la situazione. Il problema reale di queste situazioni non è la dipendenza psicologica è quella dimensione fisica chiamata ‘craving’, ovvero il bisogno fortissimo dell’oggetto di cui si è dipendenti. E’ proprio il craving il motore della ricerca continua e costante del giocatore patologico e questo fenomeno funziona esattamente al contrario di come sembra abbiano ipotizzato i nostri legislatori. Ciò vuol dire che più si allontana il soggetto dall’oggetto da cui dipende più il desiderio cresce. E’ chiaro che proibire ciò che si desidera non fa altro che aumentare la dipendenza e rendere più forte il craving nei confronti dell’oggetto desiderato”. E’ quanto ha affermato la psichiatra Sarah Viola nel corso del webinar organizzato da Acadi “Analisi dell’impatto sociale del settore del Gioco Pubblico nella Regione Lazio e delle conseguenze dell’entrata in vigore della L.R 5/201”. Misure come il distanziometro aumenterebbero il gioco patologico a discapito del gioco fisiologico. Quindi, in buona sostanza, il proibizionismo, è una leva di potenziamento della dipendenza. Chi si occupa di questa materia sa che curare queste condizioni è veramente una scommessa difficilissima perché ci si confronta con persone che non vogliono assolutamente guarire. E’ una situazione paradossale e frustrante che chi lavora in questo ambito affronta ogni giorno. E’ inutile rendere l’oggetto della dipendenza più lontano e meno accessibile, poiché lo si rende ancora più desiderabile. Bisogna agire sull’individuo, creando una rete di interventi che devono coinvolgere più figure: il soggetto, i medici, la famiglia, i gestori dei punti di gioco e i servizi psico-sociali del territorio. I soggetti andranno inizialmente individuati con l’importante collaborazione dei gestori delle sale e, successivamente, aiutati con tutte le figure di supporto per accompagnarlo verso la presa di coscienza della propria condizione e infine la cura della patologia”. ac/AGIMEG