Sapar: “La battaglia di ‘Avvenire’ contro il gioco pubblico è strumentale e discriminatoria per un settore nel quale operano 150mila lavoratori”

“Lasciano stupefatti le modalità strumentali e speculative attraverso le quali si tenta ad ogni costo di costruire false teorie pur di distruggere e di portare all’estinzione un settore nel quale operano 150mila lavoratori nonostante i generosi introiti che confluiscono nelle casse dello Stato e che garantiscono la tenuta del welfare”. E’ quanto afferma Sapar in una nota in cui evidenza come sia “inusitato e di cattivo gusto l’intervento delle Associazioni ‘Mettiamoci in gioco’ e Consulta Antiusura che non lesinano sul quotidiano ‘Avvenire’ ripetuti, gratuiti e strumentali attacchi nei confronti delle organizzazioni di settore (del gioco ndr) confermando in un momento di estrema gravità la loro apodittica intransigenza nei confronti del Gioco di Stato in tutte le sue forme. È notoria la posizione di queste associazioni sul gioco pubblico, peraltro impropriamente definito “d’azzardo” nonostante il gettito erariale garantito da migliaia di piccole e medie imprese che esercitano la propria attività in modo sicuro e legale”.
“Prendiamo atto con estrema amarezza – prosegue Sapar – che tali posizioni siano pretestuose, avallate da testate giornalistiche di parte che non hanno mai consentito il contraddittorio, negando il diritto di replica, secondo una visione unilaterale del problema. E mai lo hanno fatto in modo propositivo mettendo a confronto le reciproche e legittime posizioni. In un contesto di totale incertezza e di crisi generalizzata, in un settore già fortemente compromesso dalla ripetuta tassazione e da sconsiderati e progressivi aumenti, totalmente scarnito dai guadagni, ridotto alla faticosa sopravvivenza e in un quadro più generale di emergenza sanitaria che al pari di altri settori ha duramente colpito una filiera considerata tra le più produttive in Italia, chiedere di mantenere chiuse sale da gioco e scommesse, bar, tenere spenti gli apparecchi da intrattenimento, significa volutamente chiedere di sopprimere un settore, mandare in fallimento migliaia di piccole imprese, licenziare migliaia di lavoratori. Se questa è la strategia sottesa alla Fase 2 rivendicata dal cartello di associazioni contro il Gioco pubblico citate da ‘Avvenire’, riteniamo che il principio di ‘essenzialità’ nelle riaperture sia direttamente connesso alle necessità di ripresa che tutti i settori rivendicano a vario titolo. L’accostamento improprio con la priorità della ripresa delle attività scolastiche e gli inappropriati termini di paragone lanciati per aria, evidenziano il livello di pericolosità di dette associazioni che in modo pregiudizievole non hanno mai mostrato la volontà concreta di dar vita ad un tavolo di confronto nonostante sia sempre stata dichiarata ampia disponibilità a vari livelli di concertazione e di vana e tentata regolamentazione del settore. Semmai preferiscono citare presunti livelli di pericolosità del Gioco di Stato appellandosi ad un ‘modello di offerta scientificamente ritenuto nocivo per la salute pubblica ed eticamente inaccettabile’ mai provato nella concretezza dei fatti”.
Per Sapar “appare del tutto patetico il riferimento alla ‘umana alternativa aperta ai lavoratori del settore’. Sicuramente suggestiva come ipotesi, vergognosamente retorica sul piano della concretezza e dell’immediatezza che non può in alcun modo ottenere riscontro. Dunque dovremmo restare in attesa di una ‘umana alternativa’ che altro non sarebbe che la morte civile delle imprese e di famiglie ridotte alla povertà. Ricordiamo per ultimo a questi saccenti che il ripristino delle attività non può essere affidato a considerazioni che esulano dalle necessità evidenti di ripresa in toto delle attività che generano economia e che non possono assecondare teorie e astrattismi che non hanno mai portato a nulla. Non può passare infine inosservato l’accento discriminatorio nei confronti di tutti i lavoratori e i dipendenti del settore. Ci sforziamo di comprenderne le differenze e le ragioni alla base delle stesse in una inspiegabile e altrettanto ingiustificata differenziazione, come se insomma fossero considerati figli di un dio minore per il lavoro che onestamente fanno”, conclude la nota. lp/AGIMEG