Sapar: “Il contrasto al gioco patologico va affrontato attraverso formazione e prevenzione. Demonizzare l’intero comparto è controproducente”

“Investire nella formazione dei gestori e del personale delle sale slot. Sfruttarne le competenze. Responsabilizzare la filiera invece di demonizzarla”. E’ la proposta di Manuela Vinai, antropologa, che ha trascorso un anno come osservatrice nelle sale da gioco del Piemonte. “La ricerca è stata commissionata dalle Asl di Vercelli e Biella e le ha permesso di elaborare un’analisi etnologica, svelando i falsi miti che aleggiano sul gioco, attraverso un approccio scientifico lontano da posizioni pregiudiziali. La conferma ulteriore che uno studio approfondito e imparziale sulla questione, porta alla stessa verità che le associazioni di categoria da tempo ripetono a gran voce: il contrasto al gioco patologico va affrontato attraverso un percorso integrato di formazione e prevenzione”. E’ quanto afferma in merito a tale studio l’associazione Sapar. “L’analisi della Vinai fa emergere inoltre la mancanza di una visione d’insieme nei confronti del gioco: “La maggior parte delle ricerche sul gambling tratta solo la sua declinazione patologica. Anche la società civile ha fatto propria l’idea del gioco d’azzardo come malattia tout court. Ma i giocatori non sono tutti malati. Anzi. E trattarli come tali non sembra una strategia efficace”. Demonizzare il comparto del gioco legale in modo acritico – prosegue Sapar -, oltre ad essere una semplificazione errata di una realtà complessa, un grave errore politico, ha scatenato quelle risposte legislative fortemente sproporzionate rispetto alla reale dimensione del problema. L’appello alla responsabilità, che il settore del gioco pubblico chiede alle forze politiche, viene precluso dall’indifferenza verso la realtà oggettiva di chi siede sulle poltrone del potere, posizioni negazioniste di fronte ad evidenze frutto dell’esperienza diretta. Infatti le disposizioni normative finora adottate hanno escluso dal dominio sociale i lavoratori del comparto. D’altronde non è possibile spiegare, a chi ha fatto della lotta al gioco legale uno strumento di propaganda politica, che i lavoratori della filiera rappresentano il primo canale comunicativo e di supporto per quei giocatori che hanno sviluppato forme di abuso del gioco come rimarcato dalla stessa antropologa: “con grande sorpresa ho scoperto che si instaurano relazioni, anche relazioni intime. Non solo tra clienti, ma tra clienti e personale. Spesso sono i gestori e gli assistenti di sala a intervenire sui clienti più problematici. Perché li conoscono. Sanno come comunicare con loro”. Si preferisce invece ignorare questo risultato perché la realtà se scomoda, in quanto destruttura i falsi assunti e le sovrastrutture imposte dal potere politico, viene negata”. ac/AGIMEG