Speciale Agimeg: 2 anni fa il gioco pubblico ripartiva dopo oltre 300 giorni di chiusura per l’emergenza Covid-19. Il periodo ‘nero’ di sale giochi, sale scommesse e sale bingo nel ricordo dei protagonisti

Nel febbraio del 2020 la pandemia da COVID-19 ha completamente stravolto la società. Anche il mondo delle imprese fu colpito duramente, con chiusure delle attività e calo dei consumi che ebbero un impatto devastante, i cui segni sono visibili ancora oggi. Sale giochi, sale bingo e agenzie di scommesse sportive furono immediatamente chiuse in seguito ai primi decreti varati per frenare la diffusione del virus.

La chiusura delle sale scommesse, sale slot, sale bingo e degli apparecchi da intrattenimento nei bar, ristoranti e tabaccherie, fu disposta per la prima volta con il Dpcm dell’8 marzo 2020, seguito dalla direttiva n.82295/RU dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Le sale dedicate a gioco e scommesse furono infatti le prime a registrare chiusure e le ultime a festeggiare la riapertura definitiva. L’alzata delle serrande arrivò nel giugno 2021 successivamente all’entrata in vigore delle cosiddette “regioni colorate” che in bianco permettevano il ritorno di certe attività. Prima in Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna, poi successivamente nel resto d’Italia, le attività ebbero l’ok a riaprire.

Nel 2020, nello specifico, l’emergenza coronavirus ha costretto le attività di gioco – sale giochi, sale scommesse e sale bingo – a oltre 3 mesi di chiusura, in un primo momento. Tuttavia, dopo il primo lockdown di primavera, durato da inizio marzo a metà giugno (con alcune eccezioni come il Lazio, che ha posticipato a inizio luglio la riapertura delle sale, o della provincia di Bolzano, dove il gioco è stato chiuso fino al 15 luglio), da fine ottobre dello stesso anno il Governo, a seguito della seconda ondata della pandemia, ha disposto una nuova serrata di tutte le attività di gioco.

Il 26 ottobre 2020 furono infatti nuovamente sospese le attività di gioco, con l’eccezione dei corner con slot e scommesse, che subirono la stessa sorte dopo pochi giorni. Il secondo lockdown fu molto più lungo e più duro rispetto al primo. Le imprese del settore, già duramente provate dal primo stop, si trovarono a tenere chiuse le attività, in attesa di un miglioramento epidemiologico che arrivò solamente a ridosso dell’estate. In totale, quindi, tra primo e secondo lockdown, le imprese di gioco rimasero chiuse per quasi 300 giorni. A metà giugno 2021, il Governo, poi, allentò le restrizioni. Così come accaduto dopo il primo lockdown, tuttavia, le attività di gioco furono tra le ultime a riaprire, e solamente nelle regioni in zona ‘bianca’, ovvero con un numero di contagi limitato. Arrivando ad una chiusura di oltre 10 mesi totali.

Inoltre, nella prima decade del mese di giugno 2020 la Conferenza delle Regioni ha approvato le linee guida per la riapertura di sale giochi, slot, bingo. Tale regole hanno subito, poi, delle modifiche nel tempo, ma in un primo momento prevedevano: predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione; rilevamento della temperatura corporea; riorganizzare gli spazi e la dislocazione delle apparecchiature; calcolare e a gestire le entrate dei clienti; barriere per la cassa; dotare il locale di dispenser; l’obbligo della mascherina per la clientela; pulizia e disinfezione delle superfici dei giochi; favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni.

Di fatto il lockdown ha imposto un periodo di fermo prolungato al gioco pubblico, che ha avuto delle conseguenze inevitabili sulle entrate. Secondo quanto dichiarato dall’allora direttore di ADM Marcello Minenna, la chiusura del gioco legale ha generato una traslazione più o meno consapevole del consumatore finale verso il gioco illegale, con un danno per l’Erario di circa 4 miliardi di euro. Inoltre, sono aumentate, con il doppio lockdown delle sale giochi legali, le operazioni delle forze dell’ordine contro attività illegali spesso gestite da organizzazioni criminali. Senza contare gli effetti drammatici per gli oltre 150mila lavoratori e 75mila imprese. E la migrazione dei consumatori, a causa della chiusura dei luoghi fisici di gioco, verso il gioco online.

Lo stop alle mascherine, oltre che al Green Pass, nelle sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò è arrivato invece circa un anno fa, il 1° maggio 2022.

Qual è il ricordo di quei due anni in cui la pandemia bloccò le attività di gioco?

Pasquale Chiacchio (presidente AGSI): “Si tratta di un ricordo sempre vivo. Tutte le attività sono state bloccate nella produttività, mentre i costi galoppavano. Tuttavia, tutto questo, è servito per far compattare il settore. Dalle tante ferite, cerco di prendere sempre il lato positivo. Perché ovviamente la pandemia ha creato delle lacerazioni, ma mi piace ricordare solamente il fatto che abbiamo lottato tanto e ci siamo confrontati tanto. Dobbiamo, infatti, sempre tener presente la politica del confronto. Con le istituzioni ci si confronta, non ci si scontra, perché è la politica a decidere. Esiste da qualche anno un’onda sociale che è cambiata e ha travolto il settore. E’ andato avanti un messaggio pessimo. Questo deve essere modificato nella cultura. Dobbiamo prendere tutto ciò che ha arrecato ferite durante la pandemia e trasformarlo in qualcosa di positivo. Dobbiamo reagire in un modo che sia propositivo e costruttivo”.

Angelo Basta (presidente AGIRE): “Il ricordo è drammatico, ora a due anni di distanza si è compreso ancora di più come le chiusure siano state soltanto una strumentalizzazione politica e ideologica. Non era necessario chiudere le nostre attività. A tutti è stato consentito di lavorare “da asporto”, tranne che al nostro settore. Saremmo potuto rimanere aperti e continuare e vendere le scommesse sportive, non c’era alcun pericolo per la salute pubblica. Tanti altri negozi sono rimasti aperti, o hanno riaperto in tempi brevi, mentre solo noi siamo stati chiusi 15 mesi. Il mio ricordo è negativo e mai, durante le nostre battaglie in quel periodo, abbiamo trovato un confronto da parte del governo dell’epoca. Tutte le nostre richieste sono sempre rimaste totalmente inascoltate”.

Gianmaria Chiodo (presidente CNI): “Il ricordo è ovviamente terrificante e le motivazioni si sanno. All’epoca gli aiuti dello Stato sono stati pochissimi e mal distribuiti e purtroppo il mondo del gioco è stato come sempre messo in secondo piano. Abbiamo pagato il pregiudizio di essere un settore brutto e cattivo, pagandone le conseguenze. Il settore del gioco rappresenta la seconda entrata dello Stato, ma evidentemente andiamo bene solo quando diamo soldi e durante il Covid si è visto”.

Maurizio Ughi (Obiettivo 2016): “Abbiamo vissuto i primi giorni anche in maniera goliardica. Nessuno avrebbe potuto immaginare, infatti, che avesse poi potuto avere un seguito così importante come è stato. Quando a marzo 2020 ci fecero chiudere, nessuno si spaventò perché pensavamo sarebbe durata pochi giorni. Poi con il trascorrere del tempo e l’inasprirsi delle misure abbiamo capito che la situazione si aggravava. Eravamo increduli: ovviamente nessuno aveva mai vissuto una pandemia. Abbiamo imparato però tante cose da quel momento lì. La riaccoglienza del cliente è stata, in quel momento, più rigorosa da parte nostra, ma più difficile da gestire per le abitudini del cliente. Sino a quel momento, infatti, quest’ultimo era abituato ad entrare liberamente nei locali, mentre invece ora doveva mostrare il Green Pass, all’interno dell’attività doveva igienizzarsi le mani o stare a distanza. Noi dovevano sanificare tutti gli apparati elettronici. Tutto questo creava un impegno sia dal punto di vista dei costi che organizzativo. Ci impegnavamo affinché non succedesse che all’interno delle nostre attività qualcuno potesse dire di aver contratto il Covid, perché a quel punto sarebbe diventato ancora più drammatico dal punto di vista dell’immagine. Abbiamo sofferto l’atteggiamento che in quel momento c’era da parte di alcune parti di raggruppamenti politici. Per il Movimento 5 Stelle il gioco non è mai stato gradito, così utilizzava questo espediente della pandemia per cercare di ritardare notevolmente l’apertura del nostro settore. A morsi e bocconi però ci siamo rimessi in sesto. Abbiamo fatto le nostre proteste. Il Comitato delle Donne in Gioco ha aiutato molto. E’ stato più credibile perché nessuno si aspettava che si scatenassero in maniera così grande e soprattutto che potessero esserci così tante donne che lavorano nel nostro comparto. Da quel momento le abitudini del cliente sono cambiate, anche con l’alleggerirsi delle regole limitative. Nella mente rimane indelebile, infatti, tutto quello che abbiamo vissuto e sofferto”.

Antonia Campanella (presidente comitato Donne in Gioco): “La pandemia non ha lasciato buoni ricordi, ha segnato la mente e l’anima di tutti. Come settore del gioco pubblico, abbiamo subito una chiusura prolungata, dove la pandemia è stata strumentalizzata, da scelte politiche mosse da palesi pregiudizi ideologici verso le nostre attività commerciali. Chiedermi di isolare le mille sensazioni provate in quel periodo in un solo ricordo, ad oggi, mi risulta impossibile. Sicuramente ho ben presente la piazza che abbiamo presidiato per mesi, ricordo le lacrime, i sorrisi per darci conforto, il freddo e l’indifferenza, ricordo la paura e chi mi è stato vicino sinceramente”.

Massimiliano Pucci (presidente Astro): “Per mesi e mesi il settore del gioco è stato completamente disconosciuto, eppure parliamo di un settore che durante la pandemia ha fatto molto mettendo a disposizione i propri hub per le vaccinazioni, istituendo raccolte fondi e iniziative in favore della ricerca. Il ricordo peggiore in assoluto è stato quando non abbiamo visto i nostri codici Ateco tra quelli delle attività che potevano riaprire. Per trovate un ricordo positivo, invece, possiamo dire di aver preso consapevolezza di dover cambiare percorso e invertire la rotta per salvaguardare il settore”.

Domenico Distante (presidente Sapar): “Sono stati due anni tremendi. Solo chi li ha vissuto può capire quello che è successo. La Legge di Bilancio aveva aumentato il Preu, i gestori stavano procedendo con la sostituzione del parco macchine. E’ stato poi bloccato tutto, quel famoso 8 marzo, compresi gli impegni finanziari in essere. E’ stata dura, molti colleghi non sono riusciti a superare quel periodo. Ci sono state persone costrette a pagare gli affitti dei locali rimanendo, tuttavia, chiusi. Poi, tutte le altre spese. Nonostante ci fosse la cassaintegrazione per i dipendenti, il 20% era sempre a spese dell’azienda. Le imprese che sono sopravvissute lo hanno fatto con molti sacrifici, anche facendo ricorso al sistema bancario. Sono stati due anni particolari, la cosa che più lascia amareggiati sono le tante vittime che questo Covid si lascia dietro. Hanno sofferto tutti: aziende, dipendenti, sale che non hanno potuto più riaprire, gestori che non hanno più potuto svolgere la loro attività. E’ stata un’esperienza che nessuno di noi poteva immaginare di poter vivere. E’ stata dura, siamo stati uno degli ultimi settori a poter riaprire, ma almeno, oggi, siamo qui e possiamo raccontarla. Ringrazio i parlamentari che ci hanno sostenuto. Abbiamo perso amici e colleghi per il Covid. E’ stata un’esperienza forte e toccante, che lascia ancora gli strascichi”.

Geronimo Cardia (presidente Acadi): “L’idea che permane a distanza di tempo è fatta di tante fotografie: la risposta immediata di tutta la filiera nell’eseguire come un sol uomo gli ordini di chiusura imposti dal Governo; il lavoro importante e la velocità di reazione al problema portato avanti da tutto il comparto per individuare ed implementare da subito i presidi di sicurezza a tutela della salute degli utenti e dei lavoratori; la fatica fatta per far comprendere alle istituzioni quanto fossero utili ed efficaci le misure di sicurezza anche rispetto a tanti altri comparti poi riaperti anche prima di quello del gioco. Ma su tutto il ricordo indelebile è lo sforzo enorme fatto dagli operatori a tutti i livelli del comparto per sopravvivere alla tempesta finanziaria”.

Emmanuele Cangianelli (Presidente EGP FIPE): “Oltre all’esperienza della pandemia, un evento storico per tutta la comunità nazionale, gli esercenti hanno sicuramente subito pesanti effetti economici, in particolare nel secondo lockdown, effetto più di pregiudizi che di effettivi rischi. Situazione ancora più evidente per le attività di intrattenimento ed i giochi – alcuni prodotti, non tutti, per la verità – tra di esse. Il ricordo più netto, che si ripropone anche nell’attualità del settore dei giochi, è quello dell’esigenza, per una “buona politica” di regolamentare secondo fatti concreti, non ipotesi di scuola od opinioni”.

Stefano Sbordoni (UTIS): “Il ricordo che rimane indelebile è quello della desertificazione. Quella voglia forte di uscire, incontrarsi e avere socialità ha dimostrato come anche la rete terrestre abbia un senso importate, altrimenti non ci sarebbe stato il vuoto percepito. L’online avrebbe supplito a tutto. L’online ha avuto una funzione importantissima, lo dimostrano i numeri, ma quel senso di vuoto è rimasto un ricordo indelebile ed è la dimostrazione che la rete fisica nel nostro Paese ha un’importanza fondamentale”.

Sono passati due anni dalla riapertura dei negozi di gioco. Come è stato questo periodo e come vede il futuro del settore?

Pasquale Chiacchio (presidente AGSI): “Il post pandemia è stato, nell’immediato, complicato. Le tante regole difformi tra loro creavano diversi scompensi. Pian piano, poi, si è proceduto verso la normalizzazione. Per il futuro bisogna lavorare, noi non ci siamo mai fermati con i confronti e le proposte. Non esiste una Politica di serie A o serie B. La politica e gli enti sono quelli che decidono. E’ necessario portare al tavolo del confronto l’esperienza in un modo che sia costruttivo, guardando all’intero settore dei giochi legali e a tutti i comparti, con proposte sostenibili. Come abbiamo sempre fatto in veste di rappresentanti di Associazione. Da qualche anno colpisce tutti il problema della ludopatia. La parte sanitaria deve, quindi, essere tenuta in considerazione. E’ necessario uniformare le regole sull’intero territorio nazionale. Fare in modo che tutti lavorino allo stesso modo, perchè ad oggi sono in essere troppe difformità. In Campania abbiamo portato una delle migliori leggi a livello nazionale, ma dobbiamo rivolgere lo sguardo anche alle altre Regioni che soffrono. L’offerta deve essere regolata meglio. Noi siamo per la riduzione dell’offerta del gioco anche per la tutela degli imprenditori. Ci vogliono le regole, che devono essere rispettate e che devono tutelare anche chi fa investimenti. E’ necessaria, infine, una riforma dell’ippica. Bisogna abbassare i prelievi e la pressione fiscale che esiste su questa tipologia di scommessa. Non capisco perchè questo comparto debba essere lasciato così a spegnersi lentamente. Ci vorrebbe una scommessa trainante, che attrae il grande pubblico. E’ infatti quella dell’ippica la scommessa più penalizzata, si è quasi polverizzata, soprattutto perchè non ha avuto le giuste attenzioni. Dobbiamo continuare a lavorare in un modo serio e senza mai guardare al proprio orticello, perchè l’orto dei giochi è unico e va tutelato”.

Angelo Basta (presidente AGIRE): “Purtroppo nulla sarà mai più come prima. Il mercato è cambiato tantissimo, c’è stata una forzatura verso l’online. I due anni di chiusura hanno traghettato con un anticipo di almeno dieci anni il gioco verso l’online. Poi con le riaperture qualcuno è tornato sulla rete fisica, ma la maggior parte del gioco è rimasto sull’online. Anche perché per il giocatore c’è una marginalità maggiore: una slot online paga più di una slot fisica, circa il 20% in più. E questo porta i giocatori sull’online. Anche la tassazione non aiuta la rete fisica, c’è una tassazione maggiore sulle slot fisiche rispetto alle online. Il problema è che a fronte di minori ricavi, i costi sono aumentati, con il caro energia che ha colpito soprattutto la rete fisica. Per fortuna in Italia il gioco fisico resta radicato e non scomparirà mai, ma andremo sicuramente verso una progressiva riduzione dei punti vendita. Al momento abbiamo circa 11.000 punti fisici, temo ci possa essere una diminuzione di circa il 30% nei prossimi anni. Come rete fisica ci aspettiamo molto dalla Delega Fiscale, alla quale chiediamo certezze sul numero degli operatori di gioco sul territorio e poi una tassazione sul margine e non sulle entrate, come avviene nell’online, per diminuire così questa disparità di trattamento. Inoltre, proponiamo un Registro Unico degli Esercenti a cui si acceda per titoli o per un esame di abilitazione. Infine, bisogna evitare che vengano chiusi i conti correnti agli esercenti, una prassi purtroppo sempre più comune nelle banche”.

Gianmaria Chiodo (presidente CNI): “Segnali di ripresa ci sono stati, anche perché siamo passati dallo zero totale a riaprire e riprendere a lavorare. Ma purtroppo non siamo tornati ai periodo pre-Covid, tanto lavoro è andato perso, tutti gli sforzi fatti contro il gioco illegale sono andati in fumo, perché l’illegalità purtroppo è tornata con prepotenza a farsi sentire. Per il futuro serve un riordino dei giochi, ma va fatto su quello che è il principio cardine, ovvero le piccole e medie imprese. Ho sentito parlare di industrializzazione del settore e questo mi spaventa, perché significherebbe distruggere le piccole e medie imprese. Se il progetto è dare tutto in mano a pochi concessionari e pochi service, noi combatteremo. Il riordino deve partire da quello che è il tessuto socio-economico, vale a dire le piccole e medie imprese: noi rappresentiamo 5.000 aziende e non si possono far morire a favore di pochi. Il sistema del gioco in Italia deve essere fatto dai piccoli e medi imprenditori, che devono lavorare con serenità. Deve essere rivista la bozza del bando di gara perché distruggerebbe un settore che ha ancora bisogno della presenza territoriale. Sulla Delega Fiscale siamo fiduciosi ma deve essere attentamente valutata su tavoli tecnici, la politica e il governo chiedano aiutano a chi conosce questo settore e a chi ci lavora da anni”.

Maurizio Ughi (Obiettivo 2016): “La pandemia ha creato un riordino del gioco forzato, perché i clienti hanno imparato a conoscere meglio l’online e i suoi vantaggi. Il cliente abituale del negozio di gioco è diventato un cliente che potrebbe essere diventato abituale dell’online. Le applicazioni che ci sono sugli smartphone, dalle statistiche, sono quelle che tirano l’online per il 70%. Non è, infatti, un gioco da pc ma da smartphone, che è sempre a portata di mano. E’ naturale che nel tempo si verifichi una migrazione dall’analogico al digitale, succede per tutti i settori. Tuttavia, l’online ha abituato la clientela a usufruire di un conto di gioco, che, dal momento che non esiste un rapporto fisico con il punto vendita, è nominativo. Questo sistema di gioco dovrebbe essere considerato anche sul territorio: nel luogo fisico potrebbe essere adottato nel limite consentito del contante. Le cose realizzate per l’online potrebbero essere fatte anche sul fisico tramite una scheda di gioco, che è anonima fino al tetto stabilito dalla normativa sul limite del contante in materia di antiriciclaggio. L’utilizzo di un sistema più evoluto è sicuramente un procedimento più vantaggioso per il cliente. Non capisco perché il legislatore non decida di far migrare il procedimento anche sul fisico. Il fisico è commercio e questo finché non supera un certo limite è anonimo. E’ logico quindi che debba esserlo anche per le scommesse, al di sotto di certi livelli. Le scommesse sono commercio di un bene aleatorio: può vincere il banco o il cliente. La scommessa può essere infatti o rimborsabile o perdente o vincente. Con il conto di gioco come pezza di appoggio, e non più il tagliando, in caso di scommessa rimborsabile o vincente, il sistema provvederà automaticamente. Questa è una delle prime comodità che il cliente ha riscontrato nei confronti dell’online. Lo stesso sistema può essere utilizzato sul territorio. Sembra, tuttavia, che il grande concessionario abbia più interesse a coccolare il cliente online rispetto a quello del punto fisico. Mentre, i due soggetti non sono completamente staccati, ma armonici tra loro. Il sistema dell’online si avvale di punti sul territorio, chiamati PVR, ad esempio per la ricarica dei conti di gioco. Questo significa che il fisico ha anche una validità per l’online. Il fisico tende all’online per fare quello che gli è utile, non capisco perché le cose buone dell’online, tramite un accordo tra concessionario e regolatore, non possano essere utilizzate anche dal sistema fisico. Con le riaperture del 2022, il gioco fisico ha mantenuto i livelli pre-pandemici: ha perso leggermente sullo sport e sull’ippica, ma ha incrementato le virtuali. Mentre l’online ha acquistato il 50% sullo sport e ha registrato un incremento sulle virtuali e sul poker. Ha proseguito in un’incremento del 98% per il 2022, mentre il negozio fisico ha nel complesso mantenuto gli stessi livelli. Gli strumenti informatici innovativi, che sono stati graditi nell’online, non sono stati trasportati al fisico. L’interconnessione dovrebbe avvenire tra i sistemi informatici. Non è giusto che il sistema informatico dell’online faccia passi da gigante, mentre quello del fisico rimanga all’età della pietra. Tutte le innovazioni che vengono fatte nel settore dei giochi dovrebbero essere uguali per tutti i comparti. L’online ha il grande vantaggio di poter utilizzare un conto di gioco che assorbe compiti e facilitazioni per la gestione delle giocate, non capisco perchè non possa essere utilizzato anche per il sistema del fisico che ha bisogno di fare intrattenimento al minor costo possibile, in cui il dirigente del negozio ha bisogno di stare dalla parte del cliente, dare servizi. I sistemi tecnologici integrativi che possono essere nel punto vendita lo aiutano a mantenere il suo ruolo di punto di intrattenimento e diminuiscono il costo di gestione, perchè assorbito da tecnologia che consente di risparmiare nella gestione quotidiana del punto. Il cliente gradisce l’intrattenimento collettivo, lo stare in un negozio di gioco perchè lo vede come un borgo all’interno del quale si parla di gioco e di divertimento”.

Antonia Campanella (presidente comitato Donne in Gioco): “Questi due anni non sono stati facili. Gli imprenditori del settore che hanno resistito, in molti casi, stanno ancora ripianando i debiti accumulati. Siamo un settore che ha dimostrato comunque una grande resilienza. Il primo anno dalla riapertura è stato il più difficile da affrontare per via anche delle restrizioni. Il futuro non è ancora chiaro e forse neanche limpido per il nostro settore. Attendiamo di poter capire se ci sarà finalmente un bando in concessione novennale con linee chiare e irremovibili che tutelino le nostre imprese e soprattutto che quest’ultime siano trattate al pari di altre attività similari. Senza più subire discriminazioni e penalizzazioni, come distanziometro e fasce orarie”.

Massimiliano Pucci (presidente As. Tro): “E’ ancora un periodo molto difficile, di ripresa ce n’è poca, anche perché arriviamo da un altro anno durissimo: dopo la pandemia c’è stata la guerra che ha fatto aumentare i costi dell’energia, quindi per noi è ancora un momento molto difficile, bisogna avere fiducia ma le aziende ancora soffrono. Il futuro del settore dipende dal riordino, c’è una legge delega che ha spunti interessanti, noi come As.Tro ci aspettiamo innanzitutto una disciplina chiara su diritti e doveri della filiera. Poi aspettiamo una razionalizzazione dell’offerta che sia davvero trasversale, l’offerta deve essere qualificata in tutti i suoi segmenti, perché se continuiamo a colpire sempre il solito segmento come avviene da anni, diventa una riforma poco credibile. Le nostre aziende fanno un lavoro per lo Stato e lo Stato deve coinvolgerle nelle varie problematiche del settore. Abbiamo un problema enorme con i territori e i soggetti più deboli, ma se lo Stato riuscisse a coinvolgerci nelle iniziative i problemi diventerebbero più affrontabili. Ci diano la possibilità di usare la tecnologia per esempio in tema di codici di auto-esclusione o tutorial, e ci diano la possibilità di allontanare i giocatori problematici. Bisogna superare norme come il distanziometro, strumento utile per tutelare il decoro delle nostre città ma inefficace sui giocatori problematici, e rivedere una tassazione che è troppo opprimente”.

Domenico Distante (presidente Sapar): “Si è ricominciato a lavorare. Le sale hanno sofferto sia per il prelievo sulle vincite che per l’abbassamento della percentuale di vincita. Comuni e Regioni hanno, nel frattempo, legiferato. Le problematiche c’erano e continuano ad esistere. Ma, per quanto concerne le AWP, il lavoro è ripreso in maniera stabile. C’è però costantemente una spada di Damocle che si chiama ‘riordino’. Ci sono Comuni che legiferano non curanti della Conferenza Stato-Regioni, del fatto che c’è una Legge Delega che si sta discutendo e che i bandi si stanno prorogando al mese di dicembre 2024. Questo Governo sta portando avanti misure di concerto con le associazioni di categoria per far sì che si possa arrivare ad una soluzione univoca, senza andare a creare normative a macchia di leopardo su tutto il territorio. Se non c’è un riordino in accordo con la Conferenza Stato-Regioni non si può andare da nessuna parte. Le nostre aziende sono sotto scacco del primo Amministratore che si sveglia la mattina e vuole colpirle. Questo non è giusto per nessuna impresa, a prescindere dalla sua natura. Alcuni politici non hanno ancora capito come funziona il nostre settore, ma noi andiamo avanti come sempre e più forti di prima, a testa alta in quanto partner dello Stato. Perché questo siamo: partner leali, corretti dello Stato e non avversari. Sono sicuro che questo Governo possa portare a termine il riordino, facendo un buon lavoro per la tutela delle piccole e medie imprese e del ruolo del gestore. Spero che si arrivi quanto prima ad una legge chiara, precisa e coerente e che ognuno si assuma le proprie responsabilità”.

Geronimo Cardia (presidente Acadi): “Progressivamente il mondo è tornato in equilibrio (se escludiamo le questioni macro del conflitto in atto, l’aumento dei costi delle materie prime, dell’inflazione etc). Molti hanno avuto modo di confrontarsi con un accesso ai servizi utilizzando internet ed hanno imparato a gestire lo strumento. In particolare il tema del gioco impone una riflessione importante che tenga conto non solo dei nuovi volumi di gioco registrati, ma anche della composizione del gettito erariale riveniente dalle verticali distributive e dell’esigenza di non pregiudicare il principio della presenza capillare sui territori del Gioco Pubblico per garantire il presidio di legalità e l’offerta di prodotti misurati e controllati dallo Stato. Senza contare poi che va valutata bene anche la composizione dei livelli occupazionali ad oggi assicurati. L’intersezione di questi parametri quindi mette in luce che, anche nelle imminenti e future attività per il riordino del comparto, non possa prescindersi da un’equilibrata distribuzione tra punti specializzati e punti generalisti. Lo abbiamo detto anche in Commissione Finanze della Camera in audizione sull’articolo 13 della Delega Fiscale”.

Emmanuele Cangianelli (Presidente EGP FIPE): “Registriamo positivamente un ritorno alla normalità con il 2022, come ben evidenziato dai dati economici. Vi sono cambiamenti di peso nella spesa di gioco, originati sia da libere scelte dei consumatori quanto da approcci regolatori. Il futuro – in questa fase presente nelle grandi attese affidate alla Delega fiscale, che il Parlamento sta valutando di affidare al Governo – potrà certamente vedere un consolidamento della distribuzione specializzata, da accompagnare con una precisa attenzione alla digitalizzazione dei consumi anche nelle sale. Bisogna tuttavia mantenere costante attenzione alla collocazione della domanda che, ancora nel 2022, vede una prevalenza di spesa nei punti non specializzati, per il Gaming, le Lotteries e le scommesse: voler deviare forzatamente gli orientamenti della domanda potrebbe generare pesanti effetti per gli obiettivi pubblici di legalità, quindi anche per la tutela dei consumatori. Un risultato che non è auspicabile e che certamente sarà evitato nelle imminenti scelte dei legislatori, migliorando, auspicabilmente, anche le regolamentazioni locali più restrittive”.

L’avvocato Stefano Sbordoni (UTIS): “I due anni post-pandemia sono stati una progressione di cui vediamo gli effetti solamente ora: dal numero di persone in giro, dai viaggi, dalla riapertura delle frontiere con Cina e Stati Uniti. La situazione della guerra, ovviamente, non fornisce il 100% della rappresentazione di quello che sarebbe il mondo post-pandemia. Ma ne abbiamo un ampio spettro. E’ stata una progressione inizialmente lenta, ma poi sempre più veloce. Riguardo al riordino del settore del gioco, vediamo che dopo le elezioni quelle ipotesi che erano state fatte con il Governo precedente, ma che erano ferme al palo e subivano forti rallentamenti, hanno preso la loro strada e la percezione è che vengano realizzate. C’è più serietà sul settore e più consapevolezza. Quando si racconta questa storia è come se si raccontasse che il settore ha un suo interesse distinto da quello della Nazione e dei cittadini, ma non è così è esattamente lo stesso interesse”.

cdn-lb/AGIMEG