Questa mattina presso il Palazzo Valentini è stata presentata la ricerca del Dipartimento di Scienze Cliniche e Medicina Traslazionale di Tor Vergata sul Registro Unico degli Esclusi (R.U.E.).
Sin dalla pubblicazione del c.d. Bill of rights dei consumatori oramai risalente al 30 luglio 1998, con cui si andavano a codificare, per la prima volta in Italia, i diritti dei consumatori e si procedeva così ad istituire una sorta di vero status giuridico (appunto del consumatore), si è assistito ad ampi dibattiti su concetti quali la natura dei diritti evidenziati nel testo normativo, la loro valenza costituzionale (o solo la loro copertura costituzionale) e ciò in funzione dell’esigenza di tutelare la persona umana ed il proprio sviluppo in tutte le sue manifestazioni, richiamando spesso, da parte di quella dottrina che nel corso degli anni ha inteso procedere ad una interpretazione costituzionale delle disposizioni in materia di tutela dei consumatori, la centralità dell’art.3 della Costituzione ove si afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini.
Si ricorda infatti che la legge 30 luglio 1998 n. 281 può certamente essere considerata come sorta di tavola costituzionale dei diritti del consumatore, corrispondente a quell’elenco che già nel lontano 1975 la Comunità aveva inserito nella Risoluzione del Consiglio 14 aprile 1975.
E’ proprio la legge 281/1998 che introduce delle formulazioni innovative rispetto all’elenco contenuto nella Risoluzione del 1975 prevedendo, accanto alla salute ed alla sicurezza, anche la qualità dei prodotti e dei servizi (in cui certamente rientrerebbero i servizi di gioco e scommessa leciti); l’informazione, che deve essere adeguata, cioè non solo sufficiente a garantire ai consumatori di effettuare le proprie scelte, ma anche completa, comprensibile e non fuorviante; la pubblicità, qui integrante la dimensione dell’informazione del consumatore, piuttosto che non la commercializzazione del prodotto o del servizi, la quale deve essere corretta più che “non ingannevole” (anche qui è chiara l’applicabilità al settore giochi e scommesse).
La stessa evoluzione successiva delle discipline che, tempo per tempo, hanno introdotto nel nostro ordinamento peculiari ambiti volti a tutelare ed a riconoscere diritti in capo a persone fisiche, ci dimostra sovente una sorta di “balzello” definitorio, a volte citando la nozione di persona fisica a volte di utente, a volte di consumatore ed altre, così come accade nell’art. 3 del codice del consumo, citando contemporaneamente la nozione di “consumatore ed utente”.
Calando quanto rilevato nel più specifico settore dei giochi e delle scommesse, ed in una visione contrattuale del rapporto che si instaurerebbe tra giocatore e società erogatrice del servizio (poiché di vero e proprio servizio a valenza commerciale si tratta), ci si deve chiedere se detti contratti possano essere definiti come contratti del consumatore, e se dunque il giocatore possa essere definito non solo come persona fisica (ex se già destinataria di diritti in particolare in relazione alla tutela dei diritti fondamentali specificamente inerenti la persona umana, come avviene in tema di tutela della privacy) ma anche come consumatore di un servizio di gioco o di scommessa, ed ancora se -vista la peculiare natura del servizio oggetto di contratto- l’aspetto morale dell’azione ludica specialmente se riconducibile a forme lecite di azzardo, possa escludere l’applicabilità della disciplina consumeristica contenuta nel codice del consumo a tali contratti ovvero, utilizzando il già enunciato principio della c.d. “morale della bisca”, si ritenga che dette prestazioni non possano essere meritevoli di tutela e dunque non riconducibili ai diritti fondamentali della persona fisica consumatore di cui al Bill of rights.
Orbene, la disciplina a tutela del consumatore nel diritto contrattuale europeo trova oramai notoriamente il proprio presupposto nell’esistenza di contratti nel cui ambito sia ravvisabile una “disparità qualificata” di forza contrattuale tra due parti definite consumatore e professionista, perciò richiedendosi l’applicazione di norme ad hoc atte a tutelare la parte considerata debole.
La nozione di consumatore potrebbe essere dunque considerata come nozione strettamente relazionale, ovvero inerente un rapporto obbligatorio ove vi sia una interrelazione appunto tra un consumatore -parte contrattuale debole- ed un professionista od una impresa, senza poter attribuire uno specifico peso dirimente (per l’applicazione della relativa disciplina) a valutazioni meramente soggettive quali l’effettiva sussistenza di una disparità di forza contrattuale o di una specifica forma di debolezza derivante da una vulnerabilità di quel determinato soggetto contraente, dovendo rimanere tale applicazione piuttosto vincolata a criteri oggettivi, ovvero la qualificazione delle parti come consumatore e professionista conformemente alle nozioni elaborate dal diritto europeo.
Nel diritto contrattuale europeo dunque, ed in maniera conforme nel nostro ordinamento nazionale, la figura del consumatore ha una caratterizzazione unitaria che si fonda sulla considerazione della sua “debolezza” rispetto alla controparte quanto ad asimmetrie informative e forza contrattuale e che dunque lo rendono bisognoso di una tutela giuridica differenziata rispetto a quella garantita al resto dei consociati che pongano in essere rapporti di diritto privato: consumatore che, nelle direttive comunitarie, è costantemente definito quale persona fisica che agisce e stipula contratti per un uso che possa considerarsi estraneo alla sua attività professionale.
Ad ogni modo la risposta ai summenzionati interrogativi non può non procedere dalla definizione di consumatore contenuta nel Codice del Consumo e resa esplicita dall’art. 3 comma 1 lettera a) con il quale, dopo decenni di definizioni contenute in leggi speciali, per lo più di matrice comunitaria, in parte in passato già trasposte nel codice civile, è stato possibile approdare ad una prima unificazione di tale nozione che ha ricondotto al consumatore anche l’utente di un servizio pubblico o privato, ed ove detta qualificazione spetta alle persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della propria vita quotidiana, del tutto estranee all’attività d’impresa o professionale eventualmente esercitata.
Tutte le indicate caratteristiche riteniamo possano essere ritrovate nella figura del giocatore e ciò sia sulla base di dati testuali di cui ai più recenti interventi normativi nazionali e comunitari in materia sia sulla base delle ricostruzioni effettuate dalla dottrina anche alla luce del più moderno intervento giurisprudenziale sul punto.
Ed infatti, procedendo da una mera analisi normativa di tutte quelle disposizioni, comunitarie e nazionali, che -tempo per tempo- hanno avuto il pregio di collegare la figura del giocatore a quella del consumatore, si vuole ricordare come in primis a livello comunitario si sia inteso considerare il giocatore come consumatore di servizi3 di gioco: il riferimento è alla Raccomandazione della Commissione Europea che già nel 2014 (in tema di gioco on line) evidenziava come la tutela dei consumatori e della salute fossero da considerare i principali obiettivi di interesse generale degli Stati membri nel contesto dei rispettivi quadri nazionali (per il gioco d’azzardo), intesi a promuovere la prevenzione di problematiche legate al gioco ed alla tutela dei soggetti più deboli.
Ma ancor più dirimenti sono i richiami sia al Codice del consumo sia al Decreto n. 87/2018, convertito con legge n. 96 del 9 agosto 2018, (c.d. Decreto Dignità).
Ed infatti, a fronte di un mancato e specifico richiamo alla nozione di giocatore ed al contratto di gioco e scommessa, pur tuttavia il codice del consumo procede indirettamente a riconoscerne la rilevanza a fini di tutela, e ciò proprio in forza della disposizione di cui all’art. 47, comma I, lett. c) (di cui è discutibile la ratio in un momento storico in cui la correttezza dell’informazione precontrattuale e pubblicitaria in tema di giochi e scommesse deve avere valenza privilegiata in funzione della tutela del consumatore giocatore onde garantire a quest’ultimo non solo la conoscibilità delle modalità di gioco ma implementare la propria coscienza sociale sui rischi relativi) ove, affermandosi che le disposizioni di cui al Capo I, Sezioni da I a IV non sono applicabili ai contratti di attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse, indirettamente ne riconosce la rilevanza e l’applicabilità delle altre disposizioni, quali ad esempio quelle in tema di clausole vessatorie.
Ma la disposizione più recente ove si riconosce al giocatore lo status giuridico di consumatore è contenuta nell’art. 9 del citato Decreto Dignità il quale, dedicando a tale patologia il capo III “Misure per il contrasto del disturbo da gioco d’azzardo”, e disciplinando i casi in cui è vietata la pubblicità del gioco d’azzardo, nell’incipit della norma stabilisce testualmente “Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto alla ludopatia…è vietata qualsiasi forma di pubblicità…..”, utilizzando così la medesima tecnica normativa della Raccomandazione del 2014 e dimostrando come la tutela della salute, sia quale diritto fondamentale della persona fisica sia in quanto diritto fondamentale riconosciuto ai consumatori già nel c.d. Bill of Rights, divenga punto di contatto tra contratto di gioco e scommessa, fruitore del servizio e sua categorizzazione come consumatore.
Dunque la relazione tra giocatore e società erogatrice del servizio di gioco o scommessa deve qualificarsi come vera relazione contrattuale rientrante nella dinamica business to consumer, che innanzi tutto prescinda da una differenziazione tra lotterie autorizzate ed altre tipologie di giochi, e che consideri ogni forma di regolamentazione di giochi e scommesse a rilevanza economica e commerciale, come vere clausole contrattuali a cui applicare dunque tutte le disposizioni in materia di tutela del consumatore, così dunque riconducendo la persona fisica del giocatore allo status di consumatore.
Corollario dell’inquadramento del giocatore all’interno della figura giuridica del consumatore è quello di dover attribuire rilevanza ad uno schema relazionale e comportamentale in cui una parte è maggiormente più debole, e ciò sia a livello di informazione che a livello di strumenti di tutela. Detto inquadramento dunque obbliga “le controparti” di una relazione di gioco, e dunque anche lo Stato Italiano, a mettere a disposizione del contraente debole-consumatore delle forme di tutela “straordinarie”, e dunque non comparabili con una classica relazione contrattuale, e la cui necessità diviene ancor più stridente allorquando la relazione contrattuale business to consumers afferisce a contratti caratterizzati dall’aleatorietà dei contenuti e diremo anche degli effetti, specialmente patrimoniali.
Ed allora, nel campo dei giochi e delle scommesse nasce la stridente necessità di ricercare non “una” bensì “più forme” di tutele legali, giudiziarie e non, al fine di realizzare una sorta di rete di protezione a tutela di forme relazionali patologiche o problematiche, la cui efficacia dipende da numerosi fattori, quali:
- L’ampiezza delle forme di gioco in relazione alle quali prevedere forme di tutela.
- La platea dei soggetti istituzionali (pubblici e privati) da considerare come protagonisti attivi sia nella gestione di questi strumenti sia nel loro
- La correlazione tra forme giudiziarie di tutela e forme stragiudiziali, seppur oggetto di
- L’ampliamento e correlazione tra forme di tutela relative al settore giochi/scommesse e la disciplina bancaria, in funzione di tutela del patrimonio del consumatore-giocatore patologico o
- La legittimazione attiva a far valere forme di tutela non necessariamente oggetto di azione
- L’ampiezza dell’informazione sull’esistenza di detti
- L’utilizzo delle nuove tecnologie per la loro
Tutti questi fattori devono necessariamente essere presi in considerazione sia in termini generali, in funzione cioè della realizzazione di un sistema di contro bilanciamento di interessi tra Stato, fornitori di gioco e giocatori, sia in termini specifici in relazione alla realizzazione di forme moderne ed efficaci di auto ed eteroesclusione dal gioco, da intendersi come uno degli strumenti più utili sia in funzione predittiva e cautelare della patologia si in funzione di argine a situazione conclamate. ac/AGIMEG