“Periodicamente trovano spazio nel dibattito pubblico posizioni estreme che demonizzano il gioco tout court, inclusa la sua versione legale, in nome di una sorta di continuità e similitudine tra gioco legale e gioco illegale, dettata dalla natura stessa del gioco che, di per se stesso, sarebbe un male. Così si rinuncia ad ogni possibile discernimento tra il gioco, che solo moralisticamente o ideologicamente può essere considerato un male in sé, e la gestione del gioco, intesa sia come il sistema di regole del contesto in cui il gioco si svolge che come il profilo e l’azione del concessionario autorizzato, che deve rispettare le regole che lo riguardano direttamente e quelle che garantiscono la tutela dei giocatori. Come rilevato, socialmente tra gli italiani prevale la convinzione che il gioco non sia un male in sé, ma che semplicemente vada regolato e gestito da un concessionario affidabile e di specchiata ed elevata capacità imprenditoriale. A ciò è da associare una buona comunicazione pubblica, anche di fonte statuale, per potenziare le capacità delle persone di giocare senza cadere preda di impulsi, intercettando segnali di possibili derive
patologiche verso forme di vera e propria ludopatia. Non a caso, le soluzioni proibizioniste non convincono gli italiani: infatti, di fronte all’ipotesi di una forte limitazione della possibilità di praticare i giochi legali, per il 59,8% degli italiani si finirebbe per generare un aumento dei giocatori illegali a tutto vantaggio della criminalità. Ne sono più convinti
i laureati (63,4%) e i giovani (63,8%). Numeri che rendono evidente che il proibizionismo per gli italiani è una strategia autolesionista, che finisce sempre per generare risultati opposti alle buone intenzioni da cui presumibilmente muove. Il rigetto dell’ipotesi proibizionista è maggioritario e trasversale rispetto al corpo sociale ed ai territori: vietare è, per gli italiani, un involontario e autolesionistico moltiplicatore del gioco illegale. Solo una minoranza del 28,9% ritiene che proibire il gioco legale ridurrebbe il numero di persone che giocano con un vantaggio per la salute pubblica e la collettività, ed un ulteriore 11,3% di italiani non ha una opinione precisa sul tema. In estrema sintesi, nella cultura sociale collettiva degli italiani del nostro tempo vietare il gioco legale o schiacciarlo in nome della lotta alla ludopatia avrebbe effetti deleteri, poiché significherebbe eliminare il principale argine contro la diffusione del gioco illegale e paradossalmente contro le derive patologiche che colpiscono le persone più fragili, esponendole in solitudine, e sotto il peso dello stigma sociale, alla criminalità. Gli italiani mostrano di aver maturato il senso profondo di quel che in periodo pandemico è emerso in tutta evidenza: svuotare il vaso del gioco legale significa riempire quello del gioco illegale”. E’ quanto riporta il rapporto Lottomatica-Censis presentato oggi a Roma.
cdn/AGIMEG