“I fatti recenti di cronaca che hanno coinvolto anche esponenti della politica, e la cui fondatezza dovrà essere ovviamente accertata dalla magistratura, sembra prendano origine da segnalazioni di operazioni sospette secondo la legge antiriciclaggio. Ma queste sono per legge (e per definizione) riservate, anche se inspiegabilmente state divulgate su organi di stampa. Questo viola la normativa antiriciclaggio, tanto utile al nostro sistema economico. Tutto ciò sta avvenendo troppo spesso. Mi chiedo quindi – da tecnico – come possa venire fuori chi ha segnalato, dal momento che il nominativo del soggetto segnalate è riservato e lo conoscono solamente gli istituti segnalanti e le Autorità preposte. Far venire fuori una segnalazione nel momento in cui si chiede (giustamente) ai professionisti, al settore dei giochi e agli altri soggetti obbligati a questo adempimento di tenere alta la guardia può contribuire a disincentivarne l’utilizzo”. E’ quanto ha dichiarato ad Agimeg il Professor Ranieri Razzante, Direttore del Centro di Ricerca sulla Sicurezza e il Terrorismo e Docente di Legislazione antiriciclaggio nell’Università di Bologna. “Le segnalazioni di operazioni sospette – ha aggiunto – sono uno degli strumenti più riusciti in questi ultimi anni, per espresse dichiarazioni della Uif-Banca d’Italia, della Guardia di Finanza, della DIA e dei magistrati antimafia, per prevenire o scoprire fenomeni di riciclaggio all’interno dell’economia legale. Lo strumento funziona così: parte la segnalazione dalla banca, o dal professionista o dall’impresa del settore gaming, che sono obbligati all’antiriciclaggio; questa segnalazione arriva su un sistema criptato su cui dialoga con la Uif solamente il responsabile delle segnalazioni delle operazioni sospette, quindi il delegato Sos dell’impresa segnalante. La valutazione viene fatta dalla Uif, autorità antiriciclaggio italiana presso la Banca d’Italia. Questa, se riterrà fondati i sospetti, girerà alla Guardia di Finanza e alla DIA le segnalazioni affinchè gli organi di polizia procedano ad approfondire. Questo strumento serve ad allertare – ha sottolineato -, ma non hanno nessuna responsabilità i soggetti segnalanti in caso di errore. La segnalazione quindi resta riservata. La norma di legge 231/2007 , in particolare l’articolo 39, impone il divieto a chiunque sia a conoscenza della Sos di parlarne con nessuno che non siano, ove previsto, gli organi inquirenti. Persino un magistrato, è previsto, deve chiedere l’accesso al nominativo del segnalante con decreto motivato. L’articolo 55 prevede invece che, nel caso in cui qualcuno che sia venuto a sapere della segnalazione, in virtù del suo ufficio, divulghi la segnalazione stessa a terzi, deve essere punito con l’arresto da 6 mesi a un anno e l’ammenda da 5mila a 30mila euro. Non è la prima volta che accade – ripeto – che queste segnalazioni vengano pubblicate da quotidiani nazionali, come verificatosi in questi giorni. Intanto, oltre che alle norme contro il riciclaggio, il vulnus è alla presunzione di innocenza dei soggetti segnalati. Dal momento che le segnalazioni negli ultimi anni sono aumentate, e, come ci dicono la Uif, i magistrati antimafia e la Guardia di Finanza, stanno risultando molto utili, dobbiamo ringraziare il sistema dei soggetti obbligati, a partire dalle banche e le imprese del settore dei giochi, perchè, come noto, in questi ultimi anni sono aumentate le segnalazioni di operazioni sospette più che proporzionalmente da queste imprese rispetto ad altre. Sarebbe auspicabile sapere da dove è partita la notizia circa la fonte della Sos. Bisognerebbe rispettare, come fa meritoriamente la Uif, i soggetti obbligati che rendono un servizio, è vero, a sè stessi, ma anche allo Stato, e che invece così rischiano ritorsioni, soprattutto reputazionali. Il mio timore è che si possa creare – ribadisco – un pericoloso disincentivo alle Sos, quando su questo siamo il Paese d’Europa più virtuoso. Siamo arrivati ad oltre 100mila Sos l’anno dal sistema dei soggetti obbligati. Gli ultimi dati forniti dalla Uif sono confortanti e vengono lavorati in maniera tempestiva e fondamentale dall’Unità di informazione finanziaria e dalle forze dell’ordine, non vedo quindi perchè per iniziativa di pochi si debba vanificare tutto questo lavoro, oltre che minare la sacrosanta tutela dei soggetti a vario titolo coinvolti. Ricordo, da legale, che è possibile per chi è danneggiato dalla divulgazione di notizie una ricorso per il risarcimento dei danni all’immagine. E’ un principio generale e noto, che si applica anche questo ambito ordinamentale, e sul quale anche i magistrati, d’ufficio, possono indagare”, ha concluso. cdn/AGIMEG
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