Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha respinto il ricorso di una sala bingo per l’annullamento della circolare con la quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Direzione centrale gestione tributi e monopolio giochi – Ufficio Bingo, in attuazione di quanto previsto dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 1047, ha comunicato ai concessionari del Bingo, ivi compresa la ricorrente, “che le somme mensili dovute dai concessionari per la prosecuzione in proroga della gestione delle concessioni sono rideterminate in euro 7.500 ed euro 3.500 rispettivamente per ogni mese o frazione di mese superiore a quindici giorni ovvero per ogni frazione di mese inferiore a quindici giorni e che pertanto, a far data dal 1° gennaio 2018 le SS. LL. sono tenute a versare gli importi rideterminati anzidetti ferme restando le modalità e i termini di versamento ad oggi previsti”.
La società ricorrente – titolare di una concessione del gioco del Bingo rilasciata nel 2001, rinnovata nel 2007 e venuta definitivamente a scadenza nel mese di dicembre 2013 ed operante, pertanto, in regime di c.d. “proroga tecnica” (in attesa dello svolgimento delle procedure selettive per la riattribuzione delle concessioni del settore) – impugna la circolare in epigrafe con cui ADM ha modificato il comma 636 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. Legge di stabilità 2014), innovando (in tesi) in senso peggiorativo per gli operatori la disciplina del regime delle concessioni scadute o in scadenza.
La ricorrente lamenta – chiedendo dunque l’annullamento di tale determinazione – l’aggravamento di tale regime, già precedentemente modificato sempre in senso peggiorativo dalla c.d. Legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), a causa dell’ulteriore innalzamento della somma dovuta mensilmente dai concessionari che intendano partecipare al bando di gara per la riattribuzione delle concessioni, da euro 5.000,00 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure euro 2.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, ad euro 7.500,00 per ogni mese o frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure euro 3.500,00 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni.
Per il Tar, in merito alla “prospettata in relazione al carattere irragionevole e sproporzionato del contestato aumento, in tesi disposto in mancanza di alcuna indagine in ordine all’effettiva sostenibilità di tale onere e senza una correlazione con la cifra da porre a base d’asta per le nuove gare – la Corte ha affermato la piena legittimità dell’intervento legislativo in questione, in ragione della considerazione che ‘il canone mensile … risulta correlato al vantaggio attribuito ai titolari di quelle scadute, ai quali è consentita, in via eccezionale e transitoria, la prosecuzione dell’attività’ e che ‘l’incremento degli oneri a carico dei concessionari in proroga tecnica … si inserisce in un quadro complessivo di progressiva valorizzazione dei rapporti concessori e dei vantaggi competitivi che ne derivano per i privati, in funzione di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle pubbliche risorse”, vieppiù osservando come “la tendenza all’incremento, anche significativo, dei canoni costituisca – nel quadro di un mercato intensamente regolato, come quello dei giochi e delle scommesse in denaro – un elemento fisiologicamente riconducibile al rischio normativo di impresa”.
Sul trasferimento dei locali di gioco, il ricorrente evidenzia come “gli operatori in regime di proroga tecnica sarebbero ingiustamente assoggettati anche al divieto di trasferimento dei locali per tutta la durata della proroga, salve le limitate ipotesi di deroga a tale divieto espressamente previste dalla legge e previa comunque l’autorizzazione dell’Agenzia, in contrasto con i principi desumibili da tali norme che, invece, sanciscono il diritto al libero esercizio delle attività economiche, imponendo agli Stati di evitare l’adozione di misure atte a interferire con tali attività ovvero a renderne meno attraente l’esercizio”.
Per il Tar invece “la preclusione al trasferimento dei locali appare essere applicabile, alle medesime condizioni, a tutte le imprese che siano titolari di concessioni scadute, quale che sia la relativa nazionalità o sede di stabilimento, sicché non appare rinvenibile nessun elemento che possa indurre a ritenere che la portata di tale divieto sia capace di produrre l’effetto di ostacolare per gli operatori in regime di proroga tecnica eventualmente non italiani o non stabiliti in Italia lo svolgimento dell’attività di gestore di sale Bingo. L’attuale complessiva disciplina del regime di proroga tecnica non sembra, comunque, porre dubbi di legittimità costituzionale in relazione al divieto di trasferimento dei locali in essa contenuto, apparendo detta proibizione non già ingiustificata quanto, piuttosto, legata alla necessità di non pregiudicare gli esiti di quel processo di definizione concordata dei criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale dei luoghi destinati alla raccolta del gioco pubblico – delineato all’art. 1, comma 936, della l. n. 208/2015 e da ultimo conclusosi con l’intesa raggiunta in sede di Conferenza Unifica tra Governo, Regioni ed Enti locali il 7 settembre 2017 (Rep. Atti n. 103/CU) – volto a tutelare, attraverso l’assicurazione della loro distanza dai c.d. “luoghi sensibili”, l’interesse primario alla tutela della salute mediante il contrasto della ludopatia”.
La proroga, in conclusione, per il Tar non è dunque finalizzata ad evitare l’espletamento della futura procedura competitiva, bensì a consentire ai concessionari di partecipare alla procedura per l’assegnazione delle concessioni senza soluzione di continuità e in condizioni di parità. Per questi motivi il Tar Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge. cr/AGIMEG