Tar Lombardia annulla anche le fasce orarie di Spirano. “L’Intesa raggiunta in Conferenza Unificata non è più rinviabile”

L’intesa con l’ADM prevista dalla Conferenza Unificata per la distribuzione delle fasce orarie di interruzione del gioco non può essere omessa o rinviata, essendo al contrario un passaggio essenziale per stabilire se le forme di controllo individualizzato sul gioco d’azzardo patologico rese possibili dalla tecnologia più recente possano costituire un’alternativa efficace all’interruzione dell’attività di gioco. Qualora i tempi per un’intesa finalizzata a una regolazione omogenea sull’intero territorio nazionale o regionale risultino eccessivamente dilatati, è quantomeno necessario che l’ADM venga consultata dagli enti locali prima dell’introduzione di una disciplina restrittiva”. Lo scrive il Tar Lombardia, sezione di Brescia, nella sentenza con cui annulla le fasce orarie adottate dal Comune di Spirano, dell’Ambito Territoriale del Treviglio. Lo stesso giudice, già nei giorni scorsi, aveva annullato le fasce orarie adottate da altri comuni del territorio, ovvero Arcene e Castel Rozzone, e la sentenza di oggi ricalca i precedenti. Il Tar ribadisce infatti che “la riduzione degli orari di gioco non deve mai spingersi fino al punto da cancellare il valore economico della concessione. Come si è visto sopra, è comunque necessario trovare un equilibrio che massimizzi l’interesse pubblico riducendo al minimo le perdite per i privati, e di conseguenza per le finanze pubbliche. Anche in presenza di una situazione di ludopatia diffusa e documentata, quindi, gli interventi limitativi devono calcolare le conseguenze negative sul fatturato dei concessionari”. Inoltre non manca di sottolineare che i dati sui giocatori problematici che risiedono nel Comune non sembrano allarmanti, il Sistema Sanitario ha infatti in cura solamente 4 pazienti. Il Comune stima in realtà che vi siamo 138 giocatori patologici, ma il giudice replica che “trattandosi di un numero stimato, la consistenza del fenomeno è solo ipotetica”, e che ” la definizione di giocatore problematico riportata in calce all’ordinanza impugnata (…) descrive con un unico parametro una condizione che normalmente è complicata da altri fattori individuali, e dunque richiederebbe un’analisi caso per caso”. Insomma, questo dato potrebbe servire a “impostare politiche di sensibilizzazione rivolte ad alcuni segmenti della popolazione”, ma è “troppo disomogeneo e impreciso per costituire il fondamento di misure limitative del gioco“. lp/AGIMEG