Slot truccate, la Cassazione chiede al bar di pagare le tasse sulla base documentazione sequestrata al gestore

La Corte di Cassazione conferma gli avvisi di accertamento che l’Agenzia delle Entrate ha contestato a un bar per i redditi incassati grazie a una slot clonata: a portare alla luce la vicenda era stata la Guardia di Finanza dopo aver effettuato dei controlli nella società di gestione, in questo modo aveva anche scoperto che gli esercenti erano a conoscenza della truffa. Le Fiamme Gialle in particolare “avevano ricostruito gli incassi, procedendo dalla lettura del contatore e riscontrando ulteriore documentazione extracontabile proveniente” dal gestore, “volta a provare la conoscenza della frode da parte dei gestori degli esercizi dove erano installate le macchine con scheda clonata, tra cui il ricorrente”. Il titolare del bar – di fronte alla Cassazione – ha provato a sostenere che “nella documentazione extracontabile sequestrata” alla società di gestione “non vi sarebbero riferimenti al ricorrente e che, in ogni caso, tale accertamento sarebbe privo di riscontri”. Secondo la Suprema Corte, tuttavia, così facendo l’uomo “pur denunciando formalmente le norme in tema di accertamento, mira a una rivalutazione del ragionamento che ha portato il giudice del merito a ritenere raggiunta la prova dell’utilizzo dell’apparecchio da intrattenimento per gioco lecito con scheda elettronica clonata”. In sostanza il titolare del bar, “anziché censurare l’utilizzabilità degli elementi di prova valorizzati dal giudice di appello (le dichiarazioni del terzo e il comportamento processuale del contribuente), intende ripercorrere il ragionamento decisorio in fatto compiuto dal giudice di appello”. Di conseguenza, “Oggetto del giudizio non è più l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito (…) il cui apprezzamento in fatto può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione”. lp/AGIMEG