Corte Costituzionale: “Illegittima e sproporzionata multa da 50mila euro per mancata esposizione all’interno del corner slot dei cartelli informativi sulla dipendenza”

Il Tribunale ordinario di Trapani si è rivolto alla Corte Costituzionale sollevando questioni di legittimità per quanto riguarda l’art. 7, comma 6, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in cui, al secondo periodo, punisce con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinquantamila euro l’inosservanza – da parte di un bar con all’interno delle slot – delle disposizioni di cui al comma 5 del medesimo articolo, ovvero la mancata esposizione delle targhe informative sulla dipendenza causata da giochi con vincita in denaro. A tal proposito il Tribunale di Trapani, ha denunciato la violazione dell’art. 3 della Costituzione, «anche in combinato disposto con gli artt. 41 e 42 Cost.», nonché dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmato a Parigi il 20 marzo 1952, e agli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. La Corte Costituzionale ha affermato: “Con riguardo alle sanzioni penali, questa Corte ha posto da tempo in luce come la «mobilità» (sentenza n. 67 del 1963), o «individualizzazione» (sentenza n. 104 del 1968), della pena – tramite l’attribuzione al giudice di un margine di discrezionalità nella sua commisurazione all’interno di una forbice edittale, così da poterla adeguare alle particolarità della fattispecie concreta – costituisca «naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale (principio d’uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia penale» (sentenza n. 50 del 1980), al lume dei quali «l’attuazione di una riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione più che l’uniformità» (così, ancora, la sentenza n. 104 del 1968). Ciò implica che, in via di principio, «previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in linea con il “volto costituzionale” del sistema penale», potendo il dubbio di illegittimità costituzionale essere superato, caso per caso, solo «a condizione che, per la natura dell’illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, quest’ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato» (sentenze n. 222 del 2018 e n. 50 del 1980). Secondo quanto più di recente chiarito da questa Corte, tale affermazione si presta ad essere estesa, mutatis mutandis, anche alle sanzioni amministrative a carattere punitivo. Pure in questo campo, infatti, «previsioni sanzionatorie rigide, […] che colpiscono in egual modo, e quindi equiparano, fatti in qualche misura differenti, debb[o]no rispondere al principio di ragionevolezza»: donde l’esigenza di verificare «se anche le infrazioni meno gravi», tra quelle comprese nel perimetro applicativo della previsione sanzionatoria, «siano connotate da un disvalore tale da non rendere manifestamente […] sproporzionata la sanzione amministrativa» comminata (sentenza n. 212 del 2019). In simile prospettiva, questa Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittima la previsione di sanzioni amministrative rigide e di rilevante incidenza sui diritti dell’interessato per ipotesi di gravità marcatamente diversa (sentenza n. 88 del 2019), o suscettibili, comunque sia, di condurre, nella prassi applicativa, a risultati sanzionatori palesemente eccedenti il limite della proporzionalità rispetto all’illecito commesso (sentenza n. 112 del 2019)”. Con questa motivazione la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2012, n. 189. Dunque, è stata ribadita incostituzionali le sanzioni amministrative rigide poiché possono condurre a risultati sanzionatori che eccedono il principio di proporzionalità e ragionevolezza. ac/AGIMEG