Tar Emilia Romagna boccia ricorsi contro distanziometro: “Provvedimento ragionevole e proporzionato, settore va moderato. Sale scommesse hanno avuto tempo per spostarsi o riconvertirsi”

Il Tar dell’Emilia-Romagna ha respinto in blocco i ricorsi presentati dai gestori di sette locali a Bologna, costretti a spostarsi a causa del ‘distanziometro’ imposto dalla legge regionale contro la ludopatia. Il Tar ha promosso il limite dei 500 metri da luoghi sensibili imposto dalla Regione Emilia-Romagna, dando ragione alle ordinanze del Comune di Bologna sulla chiusura delle sale. Nella pronuncia, il Tribunale amministrativo sottolinea come il proliferare di sale gioco e scommesse, soprattutto dopo la sanatoria del 2015, ha di fatto costretto le amministrazioni locali a intervenire. “La sostanziale liberalizzazione, che forse troverà una moderazione in occasione della prossima gara nel 2020 – si legge nella sentenza – ha richiesto una reazione sul piano sanitario che non può non comportare una tendenziale riduzione dei punti in cui è possibile svolgere quelle attività a rischio di ludopatia”. Il Tar sottolinea anche che, con le recenti modifiche alla legge regionale, “l’applicazione della nuova normativa è stata posticipata di 21 mesi, assicurando un periodo transitorio idoneo a riconvertire gli investimenti”. Ovvero, i gestori hanno tutto il tempo per traslocare. “E’ evidente che delocalizzare comporta oneri aggiuntivi – affermano ancora i giudici – che si giustificano in relazione ai benefici per la collettività che ne potranno derivare, ma bisogna dimostrare di aver almeno tentato di trovare un’alternativa, cosa che potrebbe consentire al Comune di prorogare il momento della chiusura del punto che non rispetta le distanze”. Del resto, afferma ancora il Tar, se davvero “ci fosse l’impossibilità” a delocalizzare per i gestori, “tutti i punti vendita che hanno utilizzato la sanatoria dovrebbero essere costretti a spostarsi senza trovare una valida alternativa, ma non risulta che ciò sia accaduto”. Per il Tar, anche la protesta dei gestori sul rischio di “espulsione” delle sale gioco e scommesse dalle città “non è il frutto di atti illegittimi”, semmai di una “disciplina che avrebbe favorito eccessivamente la tutela della salute pubblica rispetto all’iniziativa economica. Pertanto la strada corretta da percorrere sarebbe quella di sollevare incidente di costituzionalità che il ricorrente, però, si è limitato a proporre genericamente”. Senza contare, tra l’altro, che la stessa Corte costituzionale con due sentenze nel 2017 e nel 2019 “ha respinto eccezioni di costituzionalità”. Del resto, sottolineano i giudici, “il diritto alla libertà di iniziativa economica privata non è assoluto, poichè può esercitarsi nel rispetto dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e della dignità umana”. Il Tar infine non manca poi di citare anche tutte le sentenze del Consiglio di Stato nel 2016, 2017 e 2019 che “hanno affermato la legittimità dei provvedimenti regionali che impongono distanze minime da luoghi sensibili, sottolineando sia la ragionevolezza che la proporzionalita’ delle misure adottate, proprio con riferimento alla fissazione di una distanza minima quantificata in 500 metri”. lp/AGIMEG