Passamonti (Confindustria) “Va ridotto il numero di Newslot oggi attive per combattere meglio le infiltrazioni mafiose”

“È arrivato il momento di attuare un piano regolatore di tutti i giochi in Italia, a partire dall’offerta di slot machine, che va ridotta e  riorganizzata. Una parte delle tasse che oggi derivano dal gioco debbono essere, a vantaggio delle amministrazioni comunali”. È la proposta forte – pubblicata oggi su repubblica.it – e che farà molto discutere, di Massimo Passamonti, presidente di Sistema Gioco Italia, la federazione nata all’interno di Confindustria per tutelare le imprese della filiera. “Un piano concertato con tutti i soggetti coinvolti nel settore  –  specifica  –  che servirà a consolidare il mercato, a rafforzare il presidio e il controllo di legalità contro le infiltrazioni mafiose e ad attenuare l’impatto sul territorio”.

A oggi ci sono circa 379.000 new slot e 40 mila Videolottery autorizzate. Cosa prevede il piano per questo settore?
“Vanno rivisti i parametri di commercializzazione, di allocazione e concentrazione. Ci sono troppe macchinette in giro, e troppe quelle abusive (stimate in 200.000 dalla Direzione Nazionale Antimafia, ndr). C’è bisogno di rimodulare l’offerta, rivedendo al ribasso i criteri di contingentamento per l’individuazione del numero massimo di apparecchi installabili nei vari punti vendita. Oggi ad esempio nei pubblici esercizi si possono istallare fino a 8 new slot a seconda dei metri quadrati di superficie. La tabella dei parametri potrebbe essere riscritta, tenendo conto degli impatti sul territorio”.

Pensa anche a una riduzione dei punti vendita?

“Più che a una riduzione, una riorganizzazione. Va fatta una mappa di tutti i punti, che li renderebbe più facilmente controllabili dalle forze dell’ordine”.

Altro punto del piano regolatore?
“Garantire la stabilità del gettito erariale. Nel 2012 la spesa effettiva degli italiani è diminuita rispetto al 2011 passando da 18 a 16 miliardi, e anche la resa media dei giochi in termini di utile netto per le casse dell’Erario è calata. Dunque il portafoglio dei giochi va ripensato. È ancora prematuro indicare quale siano quelli da privilegiare, servirà un tavolo di concertazione con gli operatori. Però faccio l’esempio delle scommesse ippiche: il prelievo erariale e il pay out (cioè la percentuale di giocate che tornano nelle tasche degli italiani sottoforma di vincita, ndr) stabiliti dalla legge sono poco attraenti per il pubblico. E infatti nel 2012 la raccolta è stata inferiore al miliardo di euro”.

Lei ha parlato anche di una tassa di scopo. Di cosa si tratta?
“È evidente che non si possono più tenere esclusi gli enti comunali dai proventi di questo mercato miliardario che con le migliaia di sale e di punti vendita ha un certo impatto sul territorio. Si potrebbe destinare una quota rilevante del gettito erariale complessivo a progetti locali di interesse pubblico o sociale anche non legati al gioco”.

Si rischia però di vedere amministrazioni promuovere la diffusione di slot e scommesse per riempire le casse. Come pensa di evitarlo?
“Destinando il denaro raccolto con la tassa di scopo in un fondo nazionale, gestito in collaborazione con l’Anci, l’associazione dei Comuni. I progetti da finanziare sarebbero decisi da una commissione. In quel fondo anche le sanzioni fatte dalla polizia municipale alle sale e ai punti vendita su cui siano accertate delle irregolarità amministrative”.

Il Piano non prevede niente per il contrasto alle ludopatie?
“Sì. Il progetto, già in fase avanzata, è di creare un Osservatorio sulle ludopatie che sia capace di studiare e fornire cifre certe sul fenomeno, visto che al momento abbiamo solo delle stime imprecise. I soggetti che lo comporranno potrebbero essere Confindustria, AAMS, la Caritas e le diocesi, queste ultime preziosissime per avere la percezione reale di quanti hanno problemi col gioco”.

Solo un osservatorio? È un po’ poco, oggettivamente.
“È un punto di inizio. E la tassa di scopo, se introdotta, potrebbe servire anche a finanziare i costi sociali della ludopatia, inserita col recente decreto Balduzzi nella lista Lea delle patologie per cui si ha diritto a livelli essenziali di assistenza”. lp/AGIMEG