Indagine Agimeg: la finta copertura da “codice etico” delle banche che rifiutano l’accesso al credito alle imprese di gioco. Sotto esame 12 banche e Poste Italiane

Gioco, giochi, azzardo, dipendenza, scommesse, bingo, slot, vlt, pericolo: nessuna di queste parole è compresa nei “Codici Etici” delle principali banche italiane e di Poste Italiane. Dopo le denunce di alcuni imprenditori del settore del gioco, a cui sono stati aperti e gestiti conti correnti ma ai quali è stato rifiutato un finanziamento per la propria attività, Agimeg ha svolto un’inchiesta mirata sui “Codici Etici” degli istituti di credito. Quest’ultimi, alla richiesta di accesso al credito delle imprese operanti nel settore del gioco, hanno infatti motivato il loro no adducendo l’applicazione del loro “Codice Etico”. Agimeg è andata quindi ad esaminare nel dettaglio i “Codici Etici” ed i “Bilanci di Sostenibilità” delle principali banche italiane e di Poste Italiane. Ecco di chi sono i documenti presi in esame:

UBI BANCA

INTESA SAN PAOLO

UNICREDIT

MEDIOBANCA

FINECO BANK

MONTE DEI PASCHI DI SIENA

BANCA POPOLARE DI MILANO

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO

BPER

CREDIT AGRICOLE ITALIA

BANCA POPOLARE DI SONDRIO

MEDIOLANUM

POSTE ITALIANE

ABI

L’Esame ha riguardato ben 12 banche e Poste Italiane. Ebbene, in nessuno dei 13 “Codici Etici” esaminati, si fa preciso riferimento alle imprese operanti nel settore del gioco pubblico. Praticamente in tutti ricorrono precisazioni in merito all’attività di antiriciclaggio. Ma si tratta di indicazioni, riguardati società che potrebbero avere rapporti con la banca,  su possibili coinvolgimenti “diretti, indiretti o involontari in reati di corruzione e concussione, reati societari, fiscali e di truffa ai danni dello Stato, abusi di mercato, criminalità informatica, traffico illecito di armi, stupefacenti e tabacchi, riciclaggio, autoriciclaggio e impiego di denaro proveniente da attività illecite, supporto al terrorismo, usura, reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, reati ambientali”. Insomma si parla di riciclaggio riferendosi a possibili situazioni che potrebbero coinvolgere qualsiasi tipo di attività commerciale. Ci sono però delle banche che, all’interno dei propri “Codici Etici”, hanno dei passaggi ai quali potrebbero far riferimento per negare l’accesso al credito da parte delle imprese di gioco. E’ il caso di Mediobanca, che nel proprio documento riporta: “Considerata la varietà e la diversa natura delle attività del Gruppo Mediobanca, ogni comportamento, ancorché non espressamente considerato dal Codice Etico, deve essere ispirato a criteri di legalità, trasparenza, buon senso ed etica personale, in coerenza con i valori, i principi guida e le procedure aziendali e con la consapevolezza di non esporre il Gruppo a rischi normativi e reputazionali”. In pratica Mediobanca potrebbe portare come motivazione il fatto che il gioco, non godendo purtroppo (ed ingiustamente) in Italia di buona fama, potrebbe mettere a rischio la reputazione dell’Istituto.  Discorso simile per MPS (Monte dei Paschi di Siena) che ha una parte del suo “Codice Etico” dedicata ad “Operazioni in settori controversi”. Questo il passaggio in questione: “Si considera “controversa” un’attività economica se i beni/servizi che produce/offre e/o i modi in cui li produce/offre sono in contrasto con i valori di etica e di responsabilità sociale diffusamente condivisi nei quali il Gruppo si riconosce e che vengono giudicati negativamente da parti rilevanti dell’opinione pubblica per il loro disvalore sociale”. In pratica anche in questo caso la banca si potrebbe basare sulla “cattiva reputazione” del gioco, troppo spesso “insultato” e tacciato di “pericolosità sociale” da politica e media , per negare l’accesso al credito a chi ha la colpa primordiale di occuparsi di gioco. Anche Intesa San Paolo ha una parte del proprio “Codice Etico” sul quale potrebbe fare leva per non erogare finanziamenti alle attività di gioco: “Crediamo che le nostre decisioni di investimento e la nostra politica creditizia debbano tenere conto anche dei rischi socio-ambientali secondo il principio per cui una attività che produce valore economico può essere sostenibile solo se non distrugge contemporaneamente valore sociale o ambientale: aderiamo a protocolli nazionali e internazionali per il rispetto delle norme di tutela socio-ambientale;  escludiamo rapporti finanziari a supporto di attività economiche che contribuiscano anche indirettamente a violare i diritti fondamentali della persona, a ostacolarne lo sviluppo, a ledere gravemente la salute”. Insomma se vale il concetto, comunque ridotto se non quasi smentito dall’Istituto Superiore di Sanità, che il gioco fa male alla salute, ecco trovata la motivazione per allontanare dal credito le imprese di gioco. Ma non esistono solo i “Codici Etici”, ci sono anche i “Bilanci di Sostenibilità” dove il gioco è invece direttamente chiamato in causa. E’ il caso di BPER che nel “Bilancio di Sostenibilità” dedica un intero capitolo alla “Lotta al gioco d’azzardo patologico”. Nel documento viene sottolineato che: “In relazione all’operatività nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse, il Gruppo BPER a partire dal 2013, in un’ottica di Responsabilità Sociale d’Impresa nei confronti delle comunità servite, ha messo in atto iniziative per informare, prevenire, e avviare azioni di contrasto riguardo alla pratica del gioco d’azzardo patologico (GAP). Il Gruppo ha assunto un atteggiamento di attenzione e di vigilanza attiva per evitare che il gioco di azzardo possa diventare uno strumento di riciclaggio di denaro sporco o di ricorso ad attività usuraie. Per questo motivo la Capogruppo ha dato istruzione alle filiali di adottare comportamenti più rigorosi di quelli richiesti dalla normativa e di valutare attentamente le anomalie riscontrate nell’operatività del singolo cliente, segnalando tempestivamente le operazioni sospette. Sono state attivate campagne di informazione per i dipendenti e per i clienti del Gruppo, nelle quali vengono descritte le segnalazioni di alcune operazioni bancarie, che possono rivelare una dipendenza da gioco, e le indicazioni e i suggerimenti utili su come le filiali possono approcciare un cliente affetto da GAP per intervenire a tutela del cliente stesso o dei suoi familiari”. E sul settore del gioco interviene anche Mediolanum che nel proprio “Bilancio di Sostenibilità indica che: “In tema di Conti societari la scelta sostenibile di non intrattenere rapporti di conto con società che svolgono attività non considerate etiche (quali gioco d’azzardo, pornografia, produzione di armi) e tale orientamento è disciplinato in apposite Policy”.  Davvero particolare la posizione di Credit Agricole Italia che, nella sua “Dichiarazione consolidata di carattere non finanziario”, afferma che le ONLUS e le fonti di energia rinnovabili presentano gli stessi rischi del gioco d’azzardo. Questo il testo in questione: “Tra i settori sotto sorveglianza, il cui finanziamento necessita di un consenso da parte del Servizio Normativa Antiriciclaggio e della valutazione degli organi deliberanti centrali, sono indicati casinò, giochi e scommesse, commercio di opere d’arte, energie rinnovabili, commercio e lavorazione diamanti, raccolta, trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi è attività svolte da controparti quali ad esempio le ONLUS”. La Banca Popolare di Sondrio parla anche’essa dei rischi di natura reputazionale, nella sezione dedicata al credito responsabile, scrivendo che: “Rischi di natura reputazionale connessi alla concessione di finanziamenti ovvero all’intrattenimento di rapporti con clientela operante in settori “sensibili” (es. settore armamenti, gioco d’azzardo), tenuto conto dei relativi profili di rischiosità socio-ambientale”. Stesso discorso per Ubi Banca, che alla voce “Impieghi in settori controversi” scrive che: “In considerazione del permanere di un volume di impieghi marginale, UBI Banca non ha adottato politiche specifiche nei confronti di settori economici cosiddetti controversi, salvo che per il settore delle armi, per il quale è in essere la Policy sopra citata, e per quello del settore del gioco d’azzardo e delle scommesse, per il quale è in essere dal 2011 una direttiva interna dell’Area crediti”. Nella tabella allegata alla suddetta direttiva, si evidenzia come la banca stia “disinvestendo” dal settore giochi. Dei cattivi accostamenti del gioco ad altre discutibili attività, fa parte anche il “Codice Etico” della Banca Popolare di Sondrio, che riporta, in merito alle attività dei propri dipendenti: “È assolutamente vietato l’accesso a siti web, ovvero l’utilizzo di dati, programmi, applicazioni e risorse informatiche o telematiche, che risultino espressamente vietati in forza di leggi, politiche aziendali o manifesta non attinenza con le attività lavorative a causa della presenza di contenuti di carattere pornografico, pedopornografico o attinenti al gioco d’azzardo”. Poste Italiane non riporta, sul proprio “Codice Etico”, nessun riferimento a problematiche riconducibili, seppure indirettamente, al segmento economico in questione.  Agimeg ha anche chiesto all’Abi ed alla Banca d’Italia, se esistano circolari o disposizioni che invitino gli Istituto di Credito a trattare con particolare attenzione, se non ad evitare, rapporti con società e persone operanti nel settore del gioco. L’Abi ha risposto che: “Non siamo un organismo di vigilanza e per questo non ha potere di vigilanza e non dispone di alcuna informazione o segnalazione di vigilanza. Per questo motivo non possiamo intrometterci nelle attività delle banche. Quindi anche il tema di dare finanziamenti ad imprese che operano nel settore del gioco rientra nella libera scelta delle banche che, in genere, ne danno conto delle proprie dichiarazioni non finanziarie”. In pratica ogni banca decide liberamente a chi dare i soli o meno. Dalla Banca d’Italia invece nessuna risposta. Da questa indagine emerge la conferma che il gioco legale, autorizzato, paga ancora una volta colpe non sue (o almeno attribuibili in minima parte), frutto di attività di denigrazione politica e mediatica. Una situazione che sta degenerando, mettendo in crisi moltissime attività, soprattutto le più piccole. Insomma dei “Bilanci di Sostenibilità” e “Codici” dove un’etica di superficie sta affondando migliaia di imprese e lavoratori onesti. lp/AGIMEG