Indipendentemente dal fatto che il poker sia un gioco di abilità o di azzardo, una partita truccata “può integrare gli estremi del delitto di truffa” quando “per gli artifizi posti in essere l’alea venga a mancare del tutto e il risultato della partita sia già predeterminato”. In un simile caso, “la partecipazione al gioco è strumentale affinché, mediante l’ulteriore condotta fraudolenta, venga cagionato il danno a colui che vi partecipa, così realizzandosi un profitto ingiusto e illecito”. Lo afferma la Corte di Cassazione in una sentenza con cui ha confermato gli arresti domiciliari disposti dal Tribunale di Roma nei confronti di un esponente di una banda frodava ignari giocatori. Nel repertorio della banda, alcuni dei classici escamotage, come quello ” di avvalersi di compari che puntano d’intesa con alterne vicende in modo da ingenerare nella vittima la convinzione di trovarsi dinanzi ad un tavolo regolare e creano l’occasione perché questa sia indotta a puntare nei momenti decisivi in cui, mediante l’ausilio delle carte truccate o di altra attività fraudolenta, altro giocatore assesterà il colpo decisivo. I giudici hanno utilizzato come prova della truffa anche le movimentazioni bancarie successive ad ogni partita: “i pagamenti dei debiti di gioco provengono dalle sole vittime, mentre le vincite e le perdite dei componenti l’associazione si rivelano fittizie” dal momento che non danno luogo “ad alcuna transazione monetaria”. rg/AGIMEG