PNRR, FIPE: “Abbandonare paradigmi produttivi obsoleti e costruirne di nuovi sui tre assi strategici della digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale”

“La FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, è l’associazione leader del settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo, nel quale operano più di 300 mila imprese con un milione di addetti che generano un valore aggiunto di oltre 46 miliardi. FIPE si propone come aggregatore del tessuto imprenditoriale del turismo nelle sue più varie forme, rappresentando e assistendo bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, discoteche, stabilimenti balneari ma anche aziende di ristorazione collettiva, grandi catene di ristorazione multilocalizzata, società emettitrici di buoni pasto, sale gioco, buffet di stazione, aziende di catering e banqueting. Allo stato attuale aderiscono alla Federazione oltre 120.000 soci”. E’ quanto si legge nella memoria depositata da Fipe al Senato in audizione nelle Commissioni riunite Vª Bilancio e XIVª Politiche dell’Unione europea riguardo la Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Il PNRR racchiude un progetto ambizioso e coraggioso volto a costruire nell’arco di pochi anni un Paese più verde, tecnologicamente all’avanguardia, dotato di una pubblica amministrazione e una giustizia efficienti, con infrastrutture sicure, sistemi di produzione e commercio compatibili con l’ambiente, consentendo così alle imprese italiane di diventare effettivamente competitive. In altri termini, ci viene chiesto di diventare un Paese più coeso per un’Europa maggiormente concorrenziale. E per farlo occorre abbandonare i paradigmi produttivi obsoleti, che minano nel profondo le capacità di ripresa dell’Italia, e costruirne di nuovi sui tre assi strategici della (i) digitalizzazione e innovazione, (ii) transizione ecologica e (iii) inclusione sociale, tenendo conto che, per garantire uno sviluppo di qualità, si propone un approccio “integrato” volto a superare asimmetrie di genere, generazionali, sociali e territoriali. Ma per non vanificare l’impegno a uno sforzo – pubblico e privato – improcrastinabile, è indispensabile in primo luogo che le Istituzioni compiano in modo organico quel progetto di riforme che viene definito dallo stesso Piano come elemento “abilitante e catalizzatore”, in quanto presupposto indispensabile per agevolare una maggiore propensione all’investimento, con conseguente beneficio, inter alia, della competitività tra le imprese. Tra quelle indifferibili: il superamento della “burocrazia difensiva” a vantaggio di una maggiormente trasparente ed efficiente, capace di fornire un servizio di qualità a (cittadini e) imprese; una giustizia più certa nei tempi e in grado di costruire stabilità negli orientamenti giurisprudenziali; un intervento coerente e organico sul sistema tributario e un ripensamento dell’attuale mercato del lavoro per renderlo maggiormente flessibile, economicamente più sostenibile per le aziende e in grado di offrire maggiore qualità nell’occupazione dei lavoratori. Non è certo questa l’occasione per analizzare la grave crisi che, a un anno dall’inizio della pandemia, sta attraversando il settore e la conseguente necessità di implementare le diverse misure economiche poste a sostegno delle imprese. Confidiamo, infatti, che nell’atteso c.d. “Ristoriquinquies” ci siano oltre ai contributi a fondo perduto, almeno gli incentivi fiscali alla riduzione del canone di locazione degli immobili ad uso commerciale e un potenziamento dell’accesso alla liquidità per le imprese. L’intervento in questa sede del settore dei Pubblici Esercizi è volto a mettere in luce la necessità che il Piano si faccia portatore di un metodo: occorre scongiurare interventi frammentari e tenere a mente che una strategia efficace e coerente di rilancio del Paese impone un “approccio di sistema” che tenga conto del ruolo giocato dai diversi attori della catena del valore. Un esempio su tutti, un’azione di rafforzamento e di maggiore concorrenzialità di due settori strategici come quello dell’agroalimentare e del turismo, non può che strutturarsi in un approccio di filiera che tenga conto di una componente essenziale quale quella dei Pubblici Esercizi che da sempre, tra l’altro, caratterizza le diverse realtà territoriali, a partire dai borghi e dalle più note località turistiche, e svolge funzione di presidio per la sicurezza e la legalità delle nostre strade, a vantaggio dei cittadini e degli stranieri”, aggiunge. Criticità da affrontare: “Eccesso di offerta Il sistema competitivo è caratterizzato da un numero eccessivo di imprese: 4,4 ogni 1.000 abitanti, un valore superiore alla media europea. Un fenomeno che si riflette nell’elevato turn over imprenditoriale con l’uscita ogni anno del 10% dello stock di imprese e che alimenta la progressiva frammentazione del tessuto commerciale del settore. Per affrontare questa criticità servono anzitutto maggiori barriere all’ingresso e, per evitare distorsioni di mercato, una riforma in grado di superare la legge 287/1991 e le liberalizzazioni di Bersani del 2006, con una normativa unica. Sostegno alla patrimonializzazione delle imprese Le imprese sono poco patrimonializzate e fortemente esposte verso banche e fornitori: il passivo è rappresentato per il 37% da capitale sociale, per il 28% da debiti finanziari e per il 35% da debiti commerciali. Negli ultimi anni la struttura finanziaria delle aziende ha spostato progressivamente l’asse verso i debiti commerciali. Un fenomeno che oggi assume particolare rilevanza alla luce delle difficoltà determinate dagli effetti delle misure restrittive per il contenimento della pandemia sulla solidità finanziaria dell’intera filiera. I rubinetti del credito commerciale rischiano di essere chiusi per migliaia di aziende. Questa fragilità strutturale da sempre è fattore inibitorio per lo sviluppo di modelli imprenditoriali che fanno leva sulla replicabilità dei tanti format di successo della ristorazione italiana. Impulso alla produttività L’importanza della ristorazione in due filiere strategiche del Made in Italy come il turismo e l’agroalimentare, deve essere il punto di partenza di una serie di interventi tesi a migliorare le performance delle aziende soprattutto in termini di incremento della produttività. Ci sono ampi margini di miglioramento attraverso lo sviluppo di nuovi modelli di impresa in grado di generare maggiori economie di scala e, attraverso l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del processo produttivo, della gestione e del marketing come meglio descritto nel punto che segue. Innovazione tecnologica La transizione tecnologica del mondo dei servizi è fondamentale non solo per migliorare l’accesso da parte dei consumatori ma anche per aumentare la capacità di gestione delle imprese e con essa la produttività di sistema. Tutte le evidenze mostrano il grande ritardo di queste realtà, come di tutta l’Italia, nell’avviare significativi processi di digitalizzazione sia per il front office che per il back office. Il mondo dei Pubblici Esercizi quale componente essenziale della catena del valore del turismo globale deve allinearsi ai cambiamenti che il digitale ha già determinato nel settore così da contribuire alla crescita della competitività del sistema Italia. Le grandi piattaforme di prenotazioni on line così come quelle di food delivery fanno capo a operatori stranieri che, oltre a trasferire quote di valore aggiunto fuori dai confini nazionali, risultano poco attente alle istanze del nostro modello di offerta, con evidenti ricadute negative su tutta la filiera agroalimentare nazionale. Formazione di competenze manageriali e politiche attive La ristorazione italiana ha grandi competenze professionali ma poche competenze manageriali. Questo si traduce in scarsa capacità gestionale, finanziaria, di comunicazione e di marketing, tutti elementi oggi decisivi per assicurare il successo delle imprese e per migliorare le performance complessive del sistema d’offerta. Rafforzare il sistema delle competenze manageriali ha altresì l’effetto di rendere più solido il capitale umano nel suo complesso perché è dimostrato che aziend
e nelle quali il management o l’imprenditore esprime maggiori competenze, attrae lavoratori a più alto contenuto di formazione. In tal senso, è fondamentale promuovere interventi destinati a valorizzare l’intera filiera educativa attraverso la valorizzazione dell’istruzione professionalizzante con un aggiornamento dei piani curriculari attraverso un progressivo coinvolgimento delle imprese per il tramite delle organizzazioni di rappresentanza al fine di promuovere “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”. È necessario, inoltre, investire sull’istruzione terziaria, in particolare gli ITS, al fine di innalzare il bagaglio di competenze delle giovani generazioni che si avvicinano al mondo dei pubblici esercizi. In questa prospettiva, la gestione delle crescenti transizioni occupazionali e l’esigenza di reskilling dei lavoratori non può che passare attraverso un investimento sul sistema delle politiche attive del lavoro attraverso un coinvolgimento diretto degli enti privati oltre che pubblici e il rifinanziamento di strumenti efficaci come il “Fondo Nuove Competenze””, prosegue. cdn/AGIMEG