“L’Italia continua ad essere un mercato estremamente interessante per Codere. Inutile nascondere le difficoltà incontrate in questi anni e dovute soprattutto all’incertezza normativa, ai costanti aumenti di tassazione e alla instabilità politica. Tutto ciò ha portato la politica a trascurare le reali problematiche del settore per inseguire temi più spendibili di fronte all’opinione pubblica e che avrebbero portato maggiori consensi”. Così, in un’intervista all’Adnkronos, Alejandro Pascual, regional manager Europe e coo di Codere Italia. “La scorsa settimana – ricorda – abbiamo annunciato un accordo di ristrutturazione finanziaria che consentirà di coprire il fabbisogno di liquidità necessario per la sostenibilità dell’azienda fino alle prossime riaperture, quando ripartirà la generazione di cassa e potremo riguadagnare una relativa normalità. La ristrutturazione dovrebbe vedere la sua conclusione nel quarto trimestre del 2021. Siamo pronti – sottolinea – ad affrontare le sfide che arriveranno con la consueta energia e siamo certi che l’Italia continuerà a darci le giuste soddisfazioni. Abbiamo lavorato a lungo per definire un percorso di responsabilità che sia completo e applicabile. Siamo partiti ovviamente dal nostro core business, il gioco, per allargare poi l’applicazione ad altri temi quali uguaglianza, inclusione, integrazione con particolare focus sugli aspetti legati al rispetto dell’ambiente. Sul tema del gioco responsabile – spiega – abbiamo spesso anticipato i desiderata dei decisori implementando, sia a livello di informazione che a livello di formazione, gli strumenti per ottenere ambienti di gioco all’insegna della responsabilità e operatori di sala in grado di essere le prime sentinelle per eventuali comportamenti non responsabili. Anche rispetto alla pandemia – sottolinea – ci siamo adoperati per definire un protocollo che avesse al suo interno misure per il contrasto e il contenimento del virus molto stringenti al fine di tutelare sia i clienti che i dipendenti. Un’azienda che vuole avere un futuro deve concentrare le sue attività non solo sul profitto ma anche su valori nei quali, sia i clienti e che i dipendenti, possano riconoscersi. La pandemia con le sue chiusure ha reso evidente, come se ce ne fosse stato ancora bisogno, che il gioco pubblico è il solo argine all’illegalità figlia della criminalità organizzata. Su questo tema – precisa – si sono espressi più volte il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Marcello Minenna, di cui saluto con favore la conferma, il procuratore antimafia, Federico Cafiero De Raho, e altri autorevoli esponenti delle istituzioni. Mi aggiungo solo al coro di voci. Intanto – avverte Pascual – in attesa di poter finalmente riaprire, mi auguro che, per evitare il collasso definitivo del settore, si intervenga velocemente sul riordino e, in attesa di questo, sui canoni delle proroghe onerose di bingo e scommesse e sui versamenti del prelievo erariale unico, e si tenga altresì conto della drammatica situazione finanziaria in cui versano le aziende per rinviare almeno di 36 mesi le gare del bingo, delle scommesse e degli apparecchi da intrattenimento. Il settore ha bisogno di certezze e di stabilità. Aspettiamo la finalizzazione del ‘riordino’ dal 2014. L’onorevole Baretta, negli ultimi due suoi mandati come sottosegretario al Mef con delega ai giochi, ha portato avanti un importante lavoro – ricorda – che non può essere interrotto ora, in un momento in cui l’urgenza è diventata emergenza. Spero che in questo clima di collaborazione all’interno del nuovo governo non si trascuri un argomento così importante per tante aziende e per tanti lavoratori. Confido – sottolinea – che il nuovo sottosegretario con delega ai giochi, Claudio Durigon, si faccia portatore delle istanze e delle esigenze del settore. Già prima della pandemia abbiamo spiegato che senza un riordino, che intervenga sulle normative locali, sarebbe stato impossibile esperire le gare. L’incertezza legata alle normative territoriali e la conseguente mancanza di garanzie sulla spendibilità delle concessioni erano già motivazioni importanti per riflettere sul tema. Lo stesso Consiglio di Stato – chiarisce – è già intervenuto su questo argomento sancendo l’impraticabilità dei bandi predisposti dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. In questo momento, poi, immaginare investimenti da parte di un settore allo stremo sembra veramente impossibile. I problemi sono chiari ed evidenti e la stessa Agenzia ne è consapevole. Lo scenario più verosimile potrebbe vedere una proroga, inizialmente gratuita per consentire agli operatori di tornare a respirare e a rimettere le aziende in condizione di operare, e solo successivamente onerosa, dove però l’onerosità dovrà essere misurata e non decisa sulla base delle necessità di cassa dello Stato. Solo così il gioco legale potrà continuare a costituire l’argine dell’illegalità e a garantire gettito erariale. La pandemia ha certamente impattato su tutti i settori con effetti in termini occupazionali e finanziari, ma ha avuto conseguenze altrettanto devastanti sulle persone da un punto di vista della socializzazione e psicologiche. E tutti questi aspetti sono da tenere in eguale considerazione. Per quanto riguarda il gioco legale, in un anno, 300 giorni di chiusura hanno prosciugato le riserve economiche, peraltro già scarse, delle aziende e la mancanza di supporti da parte del governo sembrerebbe avere già costretto molti a rinunciare definitivamente alle attività. Le chiusure degli esercizi di gioco legale hanno generato una profonda crisi occupazionale: i ristori sono stati insufficienti e quando sono arrivati lo hanno fatto in ritardo. L’incertezza – spiega – rispetto ai tempi di riapertura delle sale, anche a valle dell’ultimo decreto che ha indicato date certe per le riaperture della maggior parte delle categorie meno che per il gioco legale, sta alimentando un meccanismo di sfiducia generale in coloro che vivono grazie al gioco pubblico. Partiamo da una situazione già molto critica in cui il settore è stato demonizzato dalla politica e dalla stampa di fronte all’opinione pubblica. Questo – avverte – ha innescato un processo di discredito progressivo che ha portato a considerare il settore non solo come ‘non essenziale’ facendo dimenticare che per 150.000 famiglie, che vivono di gioco pubblico, portare a casa lo stipendio è sicuramente essenziale, ma addirittura qualcuno ha salutato con favore la devastazione di un comparto che garantisce l’1% del pil italiano”. lp/AGIMEG