“Il poker italiano è in crisi? A mio modo di vedere la risposta è no: si sta semplicemente evolvendo.Abbiamo conosciuto un boom pazzesco, quattro o cinque anni fa, ma il poker non è semplicemente una di quelle mode del momento che catturano l’attenzione del pubblico per un po’ di tempo e poi svaniscono come una bolla di sapone.
Chi ama davvero il Texas Hold’em, e chi se n’è innamorato durante quel periodo di enorme esposizione mediatica, è ancora qui. Sta ancora giocando. E i numeri dell’Italian Poker Tour, o di tornei come il recente Sunday Million, ne sono la prova incontrovertibile. La matematica non è un opinione, del resto”.
Sono le parole rassicuranti di Luca Pagano, simbolo del poker in Italia, che scrive così sul sito PokerStarsBlog.
“Il movimento pokeristico si sta evolvendo, dicevo, e non solo in Italia. Basta guardare la situazione del poker online. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, si è tornati a giocare a nel Nevada, nel Delaware e nel New Jersey, dove il pool di giocatori è però ancora legato ai confini dei paesi. Tuttavia gli analisti prevedono che molti altri stati, nei prossimi anni, arriveranno a seguirne l’esempio. Inoltre, alcuni degli stati più piccoli potrebbero presto unire le forze, mettendo insieme i rispettivi bacini d’utenza. Un’idea che potrebbe prendere piede anche in Europa, attraverso una liquidità internazionale condivisa. Parliamo di un argomento particolarmente delicato e molto caldo (se ne discute ormai da un paio d’anni), che se affrontato nella maniera corretta potrebbe portarci verso una nuova frontiera del poker online, dove tutti ne trarrebbero beneficio”.
Pagano approfondisce il tema della liquidità internazionale
“Ad oggi – prosegue – in molti Paesi d’Europa – Italia inclusa – le poker room devono possedere una licenza nazionale che permette loro di operare entro e non oltre i confini del Paese. Non sarebbe bello, importante e conveniente allargare il bacino d’utenza e garantire a player la possibilità di giocare contro italiani, spagnoli, francesi o inglesi, tutti insieme? Bello, perché ciascuna cultura, ciascuna scuola di pensiero e di gioco avrebbe qualcosa di unico da condividere. Importante, perché confrontarsi contro player di altri Paesi vorrebbe dire aumentare la propria esperienza, imparare e migliorare le proprie skill. Conveniente, perché un bacino d’utenza più ampio significherebbe la possibilità di organizzare tornei più grandi, con montepremi ancora più alti – creando un indotto sicuramente positivo per tutta l’industria. Purtroppo però, a questo elenco manca un ultimo aggettivo: complicato. Sì, perché mettere insieme Paesi che hanno leggi, norme e regolamenti differenti, non solo per quanto concerne il poker online, non è certo un’impresa da prendere alla leggera. Eppure io credo sia possibile, confido che gli organismi regolatori nazionali, lavorando insieme, possano arrivare a una soluzione che permetta al poker online europeo di ricominciare a crescere. Perché come diceva sempre il buon Einstein, “la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”. cz/AGIMEG