La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile i ricorsi intentati da Francesco Franco e da Bruno Iannì, due degli indagati dell’operazione Galassia, contro la custodia cautelare in carcere, già confermata dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria. In sostanza, la Suprema Corte ha spiegato che i ricorrenti hanno “formulato censure che riguardano sostanzialmente la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze già valutate dal Tribunale del riesame”. E questo tipo di censure, non sono “come tali, esaminabili dalla Cassazione”. La Suprema Corte ha sottolineato che “le attendibili dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno trovato un forte riscontro nel testo delle intercettazioni di comunicazioni eseguite dagli inquirenti”. Franco “aveva affiancato fiduciariamente Danilo Iannì a gestire, per conto del Tegano (di cui lo Iannì era il ‘braccio destro’), gli investimenti di denaro” effettuati per il business delle scommesse, e per commettere una serie di altri reati. Inoltre, “si era occupato assieme allo Iannì sia del prelievo della percentuale degli incassi delle scommesse clandestine spettanti ai Tegano o della consegna di rilevanti importi (…), che di impedire, con atteggiamenti apertamente minacciosi e intimidatori, che altri imprenditori potessero aprire punti di raccolta scommesse nella zona di Santa Caterina di Reggio controllata dal clan Tegano”. E ancora, dalle indagini è emerso che Franco avesse aderito al clan Tegano dopo “avere ricevuto direttive dal padre, all’epoca detenuto in carcere in quanto condannato proprio quale esponente di vertice del gruppo”; si era inoltre “interessato della distribuzione dei proventi delle attività illecite tra gli associati detenuti in carcere, dimostrando di essere in contatto con altri affiliati in libertà”. L’operazione Galassia è stata condotta nel novembre 2018 e ha consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di smantellare una serie di organizzazioni – 68 i soggetti fermati – che gestiva una serie di siti illegali per la raccolta di scommesse. Ciascuna organizzazione era legata al clan egemone nel territorio e utilizzava la raccolta delle scommesse anche per riciclare i proventi delle attività illecite. lp/AGIMEG